venerdì 30 maggio 2008

Al bando le Cluster Bomb!


Dopo anni di cam­pagne internazionali, ieri a Dublino è stato firmato lo storico trattato, su cui c’è l’intesa di 109 nazioni, per mettere al bando le bombe a grappolo, che una volta sanciate si frammentano in centinaia di piccoli ordigni capaci di uccidere e mutilare civili anche ad anni di distanza. Nella capitale irlandese si è giunti a un accordo dopo dieci giorni di maratona negoziale, sbloccata dal via libera della Gran Bretagna, inizialmente contraria alla dismissione del proprio arsenale di “cluster bomb”.

Il testo è stato finalizzato nella notte di mercoledì a Croke Park, dove si è svolta la trattativa diplomatica. I paesi firmatari avranno otto anni di tempo (c’è chi ne voleva 12, ma i paesi dove le bombe sono maggiormente disseminate hanno detto no) per smettere di costruire, stoccare, commercializzare gli ordigni, e per distruggere gli arsenali. Nel documento si prevedono anche misure di assistenza per le vittime civili, che a migliaia ogni anno vengono ferite o uccise dalle bombe a grappolo disseminate dai vari conflitti. Tuttavia, in determinate circostanze, i paesi che aderiscono al trattato potranno svolgere operazioni internazionali accanto a paesi che non hanno partecipato al negoziato, una deroga sgradita agli attivisti “anti-bombe” e anche al sottoscritto.

Tra coloro che manterranno i propri arsenali, i grandi assenti di Dublino: Usa, Israele, Russia, Cina, India e Pakistan, i maggiori produttori (e/o utilizzatori) di questi ordigni. Ma i promotori del trattato sperano che la “pressione morale” della gran massa di paesi aderenti al trattato spinga anche queste nazioni a limitare e progressivamente abbandonare l’uso delle “cluster bomb”.

Tutti sono concordi nel dire che la svolta è stata data dalla Gran Bretagna, che inizialmente voleva esenzioni per gli ordigni con meccanismi di autodistruzione e più tempo per distruggere alcuni tipi di bombe a grappolo. Ma il premier Gordon Brown, alla fine, l’ha spuntata sui vertici militari. Londra si sbarazzerà quindi dell’M85, di fabbricazione israeliana, usato su larga scala nell’attacco all’Iraq del 2003 e nell’offensiva israeliana sul Libano del 2006; e dell’M73, che viene lanciato dagli elicotteri Apache.

Grande la soddisfazione dei padroni di casa irlandesi, che sono stati davvero molto attivi nella ricerca di un accordo: il ministro degli Esteri Micheal Martin ha detto che “il testo approvato è forte ed ambizioso e segnerà di certo un punto di svolta nella lotta a questo tipo di armamenti inumani”. Spero sinceramente che abbia ragione Sir. Martin, anche se di “armamenti inumani” è ancora pieno il mondo...

I più felici sono gli attivisti ed i superstiti delle bombe a grappolo raggruppati nella “Cluster Munition Coalition”, co-organizzatrice della conferenza, per i quali “l’accordo supera le nostre aspettative”. Branislav Kapetanovic, serbo, vittima delle cluster bomb, ha detto: “Ho perso braccia e gambe a causa delle bombe a grappolo, ma questo trattato visionario farà una gran differenza per quelli come me. Queste bombe lasciano un’eredità mortale, l’eredità di Dublino salverà molte vite.”.

Thomas Nash, coordinatore della CMC, dice che le bombe a grappolo “verranno consegnate alla pattumiera della storia, e il loro uso verrà presto stigmatizzato”. Anche in questo caso spero che la positiva “profezia” si possa avverare in tempi brevi. Purtroppo, come abbiamo detto, la latitanza di Paesi come USA, Israele, Russia, Cina, India e Pakistan, dimostra chiaramente come la strada verso una reale abolizione su vasta globale di questi ignobili armamenti è ancora lunga e, probabilmente, irta di ostacoli.

Per oggi mi fermo qui, e rimango in attesa delle vostre riflessioni in merito all’argomento odierno. Vi ringrazio ancora di cuore per l’attenzione che dedicate a questo mio piccolo Blog! Avere dei lettori arguti, affabili e sempre attenti come voi lo considero un privilegio impagabile!

Un abbraccio, GuruKonK.



Nell’immagine: uno schema del funzionamento delle “Cluster bomb”.

mercoledì 28 maggio 2008

Giustizia per Tommaso?


La Corte d’Assise di Parma, dopo circa 5 ore e mezzo di camera di consiglio, ha condannato all'ergastolo Mario Alessi per il sequestro e l’omicidio del piccolo Tommaso Onofri avvenuto nel marzo del 2006 a Casalbaroncolo (Parma). L’organo giudicante ha anche condannato a 30 anni di carcere la compagna di Alessi, Antonella Conserva. La pena comminata è del tutto in linea con la richiesta avanzata dal Pubblico Ministero.

Alla lettura della sentenza la numerosa gente presente in aula ha applaudito; ed ha applaudito in segno di scherno anche all’indirizzo della Conserva quando la donna si è avviata a lasciare l’aula. E’ dovuto intervenire il presidente della Corte, Eleonora Fiengo, che ha minacciato di far sgomberare l’aula. Mario Alessi non era presente al momento della sentenza: se n’era andato a metà mattinata, dopo l'inizio della camera di consiglio.

Come pena aggiuntiva, la Corte d’Assise ha comminato anche l’isolamento diurno per l’uomo e 3 anni di libertà vigilata per la donna (naturalmente da scontare una volta espiata la pena principale). Mario Alessi è stato dichiarato decaduto dalla patria potestà, che è stata invece solo sospesa per la Conserva fino alla conclusione della pena. La Corte ha pure decretato un risarcimento pecuniario di 300’000 euro per i genitori del piccolo Tommy, e di 100’000 euro per gli zii.

Commozione in aula alla lettura della sentenza. Il PM Lucia Musti, che si è vista accogliere integralmente le sue richieste, visibilmente emozionata ha dichiarato: “Potevamo vincere solo così. Se avessero dato alla Conserva 29 anni invece di 30 l’avrei considerata una sconfitta”. Commozione anche per Tommaso e Paola Onofri, che dopo la lettura della sentenza hanno abbracciato i loro avvocati con le lacrime agli occhi.

La sentenza è stata diversamente commentata dagli avvocati delle parti. Laura Ferraboschi, difensore di Mario Alessi, ha detto: “Ora speriamo in un altro giudice. Sono convinta delle ragioni del mio cliente. Lui non è distrutto ma è determinato a lottare ancora per dimostrare la sua estraneità dall'omicidio”.

Critico nei confronti della sentenza anche il criminologo Carmelo Lavorino, del collegio difensivo di Antonella Conserva: “Sentenza deludente” ha affermato “Hanno voluto fare di Raimondi (l’altro uomo coinvolto nel sequestro, n.d.K.) un santo ma le cose stanno molto diversamente. Aspettiamo le motivazioni per capire cosa imputano alla Conserva. Purtroppo l’Italia e' questa. La giuria non ha avuto coraggio”.

Come spesso accade in casi simili, il ruolo degli avvocati difensori è davvero ingrato. Sono costretti dal Codice e dalla deontologia ad utilizzare tutte le loro capacità umane e professionali per aiutare dei biechi criminali. Il rovescio della medaglia, ed è bene sottolinearlo, è una impagabile visibilità mediatica che garantisce spesso ai legali in questione degli interessanti sbocchi lavorativi.

Tornando al sequestro e all’omicidio del piccolo Tommaso Onori mi viene da riflettere. Una domanda: i difensori di Alessi e Conserva sono pronti a dare battaglia in appello perché positivamente convinti della posizione dei loro assistiti, oppure per non fare decadere la visibilità di cui vi ho accennato in precedenza? A voi l’onere di trovare una risposta perché io non ne sono capace.

Per concludere, spero solo che una volta superati tutti i gradi di giudizio i responsabili di questo atto barbaro vengano raggiunti con durezza della giustizia terrena, in modo che Tommaso possa finalmente riposare in pace.

Con affetto, GuruKonK.



Per ricordare: “Tommaso nel cuore



Nell’immagine: Mario Alessi e Antonella Conserva.

lunedì 26 maggio 2008

Il Mystico Giudizio no. 16


Il titolo originale di questa pellicola è “Idle Hands”, dove “idle” sta per “inattivo”, “pigro”. Ed è molto più efficace della sempliciotta traduzione di Cinecittà, che ha trasformato il titolo in “Giovani diavoli”. In effetti questo film parte dalla considerazione che l’ozio è il padre dei vizi. Il male trova terreno fertile nella quotidianità delle persone oziose. Indolenti e perennemente fumati sono i protagonisti di questa brillante commedia horror.

E’ un film del ’99 firmato da Rodman Flender. Non è facilissimo da trovare in commercio, ma lo sforzo della sua ricerca verrà ripagato da una gradevole ora e mezza di deliranti situazioni grottesche. E’ una storia dell’orrore che viene raccontata nello stile della commedia. Ne esce un’insolita miscela cinematografica, originale e a modo suo diversa per contenuti ed atmosfere da altrettanto pregevoli parodie quali “L’alba dei morti dementi” oppure la famosa serie di “Scary Movie”.

Ecco, in estrema sintesi, di cosa si tratta: gli Stati Uniti sono nuovamente sotto l’assedio di un “serial killer”. Le forze dell’ordine brancolano nel buio e la comunità è terrorizzata. In occasione di Halloween vige il coprifuoco: nessun bambino può effettuare il tradizionale porta a porta al motto di “dolcetto o scherzetto”. All’inizio del film l’assassino si introduce nella casa del protagonista, interpretato dal brillante Devon Sawa. Quest’ultimo, talmente stordito dalla marijuana non si accorge nemmeno lontanamente dell’immane carneficina che viene consumata tra le mura domestiche. Se la dorme alla grande, con il walk-man sulle orecchie. E all’indomani osa ancora brontolare perché mamma non ha comprato il latte e nemmeno il cibo per cani. Ma mamma è ormai un cadavere, già da alcune ore, esattamente come papà, con mille tagli di lama sparsi sul corpo e l’occhio destro mutilato che rotola liberamente per casa. Il gatto lecca le macchie di sangue sul pavimento. Il film parte così, in allegria.

Oltre al mistero legato all’identità dell’assassino, la storia si sviluppa attorno all’impossibilità del protagonista di dichiarare il suo amore per la bella Molly (Jessica Alba), all’adolescenziale quotidianità fatta di poltrone e telecomandi dei due amici di spinelli Mick (Seth Green) e Pnub (Elden Helson), agli incessanti tentativi di portarsi a casa una donna del metallaro Randy (Jack Noseworthy), una sorta di belloccio alla Jon Bon Jovi. Così, Idle Hands è un costante susseguirsi di scene da teenager – movie alternate ad inquietanti episodi di terrore, che inquietanti non riescono mai ad essere visti i toni volutamente scherzosi del film. In questo lungometraggio non ci si prende sul serio: è tutta una parodia, tra scene di teste mozzate e arti mutilati e situazioni buffe come gli impacciati approcci amorosi del protagonista; è tutto un paradosso tra musiche da film dell’orrore, con stridenti violini che sottolineano i momenti di “paura”, e una colonna sonora punk-rock energica ma giocosa trainata da “I wanna be sedated” dei Ramones.

Il Mystico Giudizio: “Idle Hands - Giovani diavoli” è il contrario esatto di film quali “House of the Dead II” (ricordate la mia prima recensione?), nei quali il regista e gli attori falliscono miseramente nel tentativo di impressionare il pubblico e riescono solo (senza volerlo) a far ridere. Qui invece sì che si vuole divertire. Ed è un pieno successo! Ma le sensibili “bloggiste” di GuruKonK sono avvertite: non manca il sangue, non mancano i morti viventi, non manca lo schifo! Buon divertimento!

MysteXX



Nell’immagine: una buffa fotografia tratta da “Giovani diavoli”.

domenica 25 maggio 2008

Un ritorno al passato?


Il vento della paura torna a soffiare in Sudafrica con un impeto simile agli anni '80 e prima ancora, gli anni della “caccia al nero”, dei machete e delle torce umane nelle strade in pieno centro nelle grandi città. E’ quello che capita in molti Paesi dell’Africa Australe, ma il Sudafrica dal 1994 non vedeva scene così cruente. Il “Mail & Guardian”, il maggiore quotidiano del Paese, ha mostrato in prima pagina uomini in fiamme, poliziotti che tentano invano di salvarli, aziende devastate. Si è scatenata una guerra fra poveri, non bianchi contro neri (anche se alcuni ministri del governo sudafricano hanno già parlato di un pericoloso terzo potere che arma le mani), ma cittadini sudafricani di colore contro immigrati fuggiti a migliaia dalla crisi in Zimbabwe, sconvolto dagli scontri che sono seguiti ai risultati elettorali fortemente contestati, dal Malawi, attraversato in questi mesi da numerosi colpi di Stato e perfino dalla Somalia e dagli altri Paesi sconvolti dalle guerre e dall’insostenibile carovita.

Le violenze sono scoppiate nello scorso fine settimana nella periferia di Johannesburg, in particolare nel sobborgo di Alexandria, ormai presidiato da poliziotti, giorno e notte. Le vittime prescelte sono state soprattutto immigrati, compresi donne e bambini, in piccola parte giunti in fuga dalle pesanti vicende politiche delle loro terre, in misura maggiore stabilitisi nelle periferie delle città più grandi, dove hanno intrapreso piccole attività di artigianato o hanno trovato posto di lavoro nelle imprese sudafricane con una paga ampiamente inferiore alla norma.

Ecco perché il Governo ha subito smentito la tesi xenofoba, parlando di un conflitto sociale degenerato, dopo le forti avvisaglie di inizio anno, a causa della disoccupazione che colpisce le giovani generazioni, soprattutto quelle che dal dopo Apartheid e dal grande sviluppo sudafricano non hanno tratto le certezze che attendevano. Sono infatti soprattutto giovani, i 300 violenti arrestati per i numerosi incendi a Johannesburg, ma anche per i disordini in tutto il Guateng, la regione più colpita al confine con il Botswana, dove perfino gli imprenditori bianchi sono stati accusati di tradimento per aver assunto immigrati e tolto lavoro alla gente sudafricana. In questo, purtroppo, è fin troppo facile osservare che tutto il mondo è paese…

Gli appelli alla calma e le denunce di sdegno del presidente Mbeki e di Nelson Mandela potrebbero non bloccare il degenerare della situazione che ha causato sinora 51 morti. Potrebbe aver ragione Gwene Matashe, segretario generale del noto “African National Congress”, che ha chiesto l’impiego dell’esercito? Non ve lo so dire. Comunque tale richiesta è stata accolta ieri da Thabo Mbeki. Ma contro chi dovranno intervenire le forze armate? Esiste veramente un “terzo potere” coinvolto negli scontri o si tratta solo di episodi di xenofobia a carattere sociale? C’è di vero che il Sudafrica, uno dei Paesi più ricchi dell’Africa, con una crescita prevista in questi anni intorno al 5% e con enormi investimenti in vista dei Mondiali di calcio del 2010, presenta il 40% della popolazione ancora al di sotto della soglia di povertà. Le ricche popolazioni bianche che governavano al tempo dell’Apartheid, sono sparite politicamente ma restano molto forti dal punto di vista economico, soprattutto nel sud del Paese.

I neri, purtroppo, non hanno ancora del tutto abbandonato i vecchi retaggi delle divisioni etniche. Le accuse più gravi per gli scontri di questi giorni sono rivolte ai militanti politici ed ai giovani di etnia Zulu, diventati più forti anche in seno all’ANC, dopo l’elezione a presidente del partito del loro leader Jacob Zuma, che si appresta (probabilmente) a diventare il primo presidente Zulu nelle elezioni del 2009. Il leader ha gettato acqua sul fuoco, ma la denuncia di aggressione subita da chi cantava gli inni di quella gente fa riflettere. Fa pensare anche la dura contestazione alla politica moderata di Mbeki verso i Paesi vicini, proprio da parte di Zuma!

Grande tensione ha creato la riforma agraria annunciata dal governo, che dovrebbe consegnare ai neri il 30% delle fattorie confiscate dopo gli anni bui della repubblica! Ma non dimentichiamo neppure il clamore mediatico scatenato dall’episodio di Bloemfontain, dove in una scuola universitaria, un gruppo di studenti bianchi (afrikaneer) ha costretto alcuni impiegati di colore ad ubriacarsi per poi umiliarli, urinando su di loro. A questo proposito, nelle scuole c’è ancora chi afferma che i bianchi preferiscono stare con i bianchi ed i neri di ceto alto isolano i figli di immigrati. E’ un brutto colpo per il Sudafrica, un Paese che compete con India e Brasile per un posto fra le grandezze emergenti mondiali, scoprire di essere tornato improvvisamente indietro di venti anni.

Un affettuoso saluto, GuruKonK.



Grazie: a “Ideazione Web” e a Angelo D’addesio per il prezioso materiale!



Nell’immagine: una mensa creata dopo gli scontri per gli sfollati.

giovedì 22 maggio 2008

Apertura sulle coppie di fatto?


La notizia ha fatto rapidamente il giro di tutte le principali agenzie stampa: una sentenza della Corte di Cassazione spiana la strada per equiparare le coppie di fatto alla famiglia legittima. Infatti, chi picchia reiteratamente la convivente si macchia del reato di maltrattamenti in famiglia al pari di un uomo regolarmente sposato. E’ quanto affermato dalla suprema corte confermando il carcere preventivo nei confronti di un 45enne di Torre del Greco che, per anni, aveva picchiato la sua compagna, dalla quale aveva avuto anche una figlia.

Contro la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli, che aveva confermato la custodia cautelare in carcere disposta dal GIP di Santa Maria Capua Vetere nei confronti dell’uomo, la difesa aveva presentato ricorso alla suprema corte, rilevando che non poteva configurarsi il reato di maltrattamenti in famiglia, dato che la persona offesa era una “semplice convivente”.

Di tutt’altro avviso la quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso: “ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia” si legge nella sentenza n.20647 “non assume alcun rilievo la circostanza che l'azione delittuosa sia commessa ai dani di persona convivente more uxorio”.

Infatti, spiegano i giudici di piazza Cavour, “il richiamo contenuto nell’art.572 c.p. alla “famiglia” deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo, comprendendo in questa nozione anche la famiglia di fatto”.

Basta soltanto che “si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia pure naturale e di fatto” continuano i giudici “instaurato tra due persone con legami di reciproca assistenza e protezione”. Nel caso in esame, dunque, risulta “l’esistenza di una vera e propria stabile convivenza di fatto, durata oltre 10 anni, dalla quale sono nate due figlie, dando luogo” conclude la Suprema Corte “ad una situazione qualificabile come famiglia di fatto, i cui componenti sono compresi nella tutela prevista dall'articolo 572 c.p.”.

In Italia la convivenza non è al momento disciplinata da nessuna legge specifica. Ciò significa che la situazione delle coppie di fatto risulta essere assai vaga e confusa. Per tale ragione, i due partner rischiano spesso di vedersi negati alcuni diritti fondamentali.

Ma all’atto pratico, qual è la situazione? Vediamo alcune situazioni specifiche e quello che accade se si è conviventi in Italia.

a) Se uno dei due partner ha bisogno di un intervento medico urgente e rischioso, l'altro non può autorizzarlo, visto che non figura come parente.

b) Il convivente non può chiedere permessi di lavoro se il partner si ammala.

c) Il convivente che collabora all'impresa dell'altro non ha nessun diritto. Meglio, quindi, premunirsi con un regolare contratto di società o di lavoro dipendente.

d) Se la convivenza termina, il convivente in stato di bisogno non ha diritto a nessun sostegno economico da parte dell'altro.

e) Se dalla convivenza sono nati dei figli (e questi sono ancora minorenni) nel caso in cui la convivenza cessi, l’affidamento è stabilito in base al criterio dell'interesse del minore. Se vi è disaccordo, l’affidamento è deciso dal tribunale per i minorenni. Anche dopo la cessazione della convivenza, il genitore ha l’obbligo di mantenere il figlio che convive con l’altro partner.

f) In caso di maltrattamenti di un convivente nei confronti dell’altro si configura il reato di maltrattamenti in famiglia, come dimostra la sentenza della Corte di Cassazione.

g) Se uno dei conviventi sconta una pena detentiva, il partner ha lo stesso diritto a colloqui e permessi di un coniuge.

h) Se cessa la convivenza il proprietario o l’intestatario del contratto d’affitto ha diritto a restare nell’abitazione, salvo un diverso accordo tra le parti. Tuttavia non è lecito "cacciare" l’altro convivente e ogni contrasto dovrà essere risolto dal giudice.

i) Se uno dei due conviventi muore e l’appartamento era di sua proprietà, quest’ultimo spetta agli eredi legittimi del defunto. Il convivente potrà continuare ad abitarlo solo se l’altro ne aveva disposto con testamento in suo favore.

j) Se invece la casa era in locazione, il convivente ha diritto di subentrarvi nel contratto.

k) Se uno dei partner è extracomunitario non può chiedere il rilascio (o il rinnovo) del permesso per convivenza con il partner italiano.

Ritengo necessario chiarire che in Svizzera, dove vivo con tutti i miei cari, la registrazione delle coppie di fatto è già da tempo una realtà e non ha certo sconvolto l’istituzione della famiglia basata sul matrimonio. Su tutta questa faccenda mi sono fatto un’idea abbastanza precisa, quando una società civile è mossa da sentimenti di uguaglianza e rispetto verso il prossimo, non possono trovare spazio impulsi di paura verso le novità. Le coppie che decidono di vivere insieme senza sposarsi, ma che desiderano ugualmente registrare la propria unione presso le istanze legali, non devono spaventare nessuno. L’istituzione del matrimonio troverà facilmente la propria ragione di esistere, come ha sempre fatto nei secoli, indipendentemente dalle diverse scelte individuali.

Anche oggi aspetto con piacere le vostre opinioni in merito a questo argomento, che in Italia è sempre stato accompagnato da infinite controversie. Vi ringrazio di cuore per l’attenzione che continuate a dedicare a questo Blog e vi do appuntamento a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Fonti: agenzia stampa “ADN Kronos” e “Intrage: le nuove età”.

martedì 20 maggio 2008

Una nuova guerra?



Il presidente americano George W. Bush vorrebbe attaccare l’Iran nei prossimi mesi, prima della fine del suo mandato presidenziale. E’ quanto rivela, citando funzionari della difesa, la radio militare israeliana, ripresa dall'edizione online del quotidiano israeliano “The Jerusalem Post”. Secondo le fonti, un alto funzionario vicino a Bush avrebbe affermato che il presidente statunitense e il vice presidente Dick Cheney sono favorevoli a un'operazione militare contro Teheran.

L’esitazione del segretario alla Difesa Robert Gates e del segretario di Stato Condoleezza Rice, secondo il quotidiano di Gerusalemme, starebbero per il momento impedendo all’amministrazione di Washington di lanciare un attacco su vasta scala contro la Repubblica Islamica. Stando alle fonti israeliane, a favorire l’ipotesi di un intervento contro l’Iran vi sarebbe la recente escalation di violenza che ha insanguinato il Libano. La comprensione di questa contorta equazione di politica internazionale la lascio agli esperti.

Durante la sua visita della scorsa settimana in Israele, George W. Bush ha attaccato direttamente l’Iran e i suoi governanti. Bush sarebbe convinto della necessità di colpire Teheran ora perché Hezbollah ha di fatto stabilito il suo controllo quasi totale sul Libano; e poiché il “Partito di Dio” sarebbe l’estensione della “longa manus” di Teheran nel Paese dei cedri. Secondo i falchi di Washington ciò vuol dire che “l’influenza della Repubblica sciita nella regione sia attualmente in crescita”. Questo fatto rappresenta una ragione sufficiente per un’azione militare?

Non sono certo un esperto di strategie diplomatiche e non conosco neppure a fondo le reali motivazioni della crescente aggressività americana nei confronti dell’Iran. L’unica cosa di cui sono sicuro è che il nostro mondo ha un disperato bisogno di molte cose, ma non di un’altra sanguinosa guerra in Medio Oriente!

GuruKonK


Nell’immagine: il presidente Bush mentre discute di politica estera con i suoi più intimi collaboratori!

lunedì 19 maggio 2008

Un uomo (s)fortunato


Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Vi siete mai sentiti sopraffatti dalla malasorte? Intendo dire, non vi è mai capitata una giornata nella quale nulla (ma veramente nulla) sembra andare per il verso giusto? Se avete risposto di “” a queste domande, significa che l’odierno Post vi potrebbe interessare molto. Infatti, navigando tra i meandri più oscuri della grande Rete globale, ho scovato un personaggio che, secondo molti bloggers, si è meritato il titolo di “Gran Visir della Iella”.

Personalmente, però, non sono sicuro che questo titolo gli calzi davvero a pennello. Trovo infatti che costui, anche nelle situazioni più sfortunate, sia sempre stato illuminato da un lucente raggio di buona sorte. Giudicate voi.


La storia di un uomo (s)fortunato

Frane Selak, nato nel 1929, è un uomo croato, insegnante di musica, diventato ormai famoso in tutto il mondo per la sua sfortuna (o fortuna). Il signor Selak, durante la sua vita, ha vissuto innumerevoli disavventure fin dai lontani anni ‘60.

Nel gennaio del 1962, per esempio, Selak stava viaggiando su un treno diretto a Dubrovnik da Sarajevo. Sfortunatamente il treno deragliò improvvisamente e precipitò in un lago ghiacciato. Selak riuscì a scappare e a raggiungere la riva del lago cavandosela con qualche frattura e un principio di ipotermia. Purtroppo i morti furono 17.

Nell’anno 1963, mentre volava da Zagabria a Rijeka, il portellone dell’aeroplano sul quale si trovava si è aperto in modo inspiegabile. Morirono 19 persone, ma il buon Frane atterrò miracolosamente su una balla di fieno e rimase quasi totalmente illeso.

Nel 1966, si trovava a bordo di un autobus che si schiantò e precipitò in un fiume. Perirono 4 persone, mentre Selak riuscì ancora una volta ad uscirne illeso.

Nel 1970, riuscì a scappare prima che una perdita della pompa della benzina gli incendiasse l’auto.

Nel 1973, un’altra auto prese fuoco, Selak si bruciò parte dei capelli, ma l’incendio venne spento da un’improvvisa raffica di vento.

Nel 1989, mentre si trovava in un bar, l’edificio esplose per una fuga di gas. Ci furono 9 morti ma il buon Selak rimase, tanto per cambiare, totalmente illeso.

Nel 1995, venne investito da un autobus nella periferia di Sarajevo. L’impatto lo sbalzò per quasi 10 metri ma, ancora una volta, ne uscì senza un graffio.

Nel 1996, mentre si trovava in una località di montagna, in prossimità di un tornante venne costretto a sbandare da un camion delle Nazioni Unite in arrivo dalla direzione opposta. La sua automobile si ritrovò in equilibrio precario sul ciglio di un burrone. Selak riuscì, aggrappandosi ad un albero, ad uscire dalla vettura, che pochi istanti più tardi cadde nel precipizio (profondo 180 metri) ed esplose fragorosamente.

A conclusione della sua vita (s)fortunata, nel 2003, l’anziano uomo ha vinto un milione di dollari alla lotteria croata, affermando: “Sono sicuro che Dio mi abbia osservato da lassù in tutti questi anni”.

L’uomo ha rifiutato di volare in Australia per registrare uno spot per Duritos (una sorta di nachos, credo), affermando di non avere bisogno di mettere alla prova la sua buona stella. Lui stesso afferma che può essere considerato sia l’uomo più fortunato che quello più sfortunato del mondo, sta a noi decidere.

E voi, come lo considerate?

GuruKonK



Nell’immagine: una vecchia fotografia di Frane Selak.

sabato 17 maggio 2008

I peggiori posti al mondo

Vi è mai capitato di passare una vacanza orribile? Non siete mai arrivati in un posto che credevate meraviglioso, per poi rendervi conto di essere finiti in una specie di discarica? Sono certo che molte persone al mondo risponderebbero un chiaro “” a queste due domande. Dico questo perché in Rete sta circolando una singolare lista, stilata dal portale maschile “Ask Men”, in cui sono stati catalogati i 10 peggiori posti della Terra. Inutile dirvi che tal operazione a sollevato un polverone di polemiche e ha causato dure reazioni (solo di tipo verbale, per fortuna) da parte degli abitanti di queste amene località.

Naturalmente non potevo esimermi dal pubblicare del materiale così particolare e succoso, per cui vi presento questa contestata lista. Chiarisco subito che l’ordine di presentazione non è casuale, ma è quello scelto dai curatori del sito “Ask Men”.


I 10 POSTI PEGGIORI DEL MONDO

1. Port Moresby (Papua New Guinea)
Tipo di problema: malattie.
Con oltre 115 nuovi casi di Hiv e Aids diagnosticati ogni mese, la capitale di Papua New Guinea è in seria difficoltà. Con la popolazione che si espande a tassi incontrollati, i livelli di disoccupazione sono schizzati alle stelle, le entrate sono precipitate e le gang criminali mettono a segno rapine con fucili automatici M16 e dirottano le auto armati di machete.

2. Linfen (Cina)
Tipo di problema: oscurità.
Linfen, in Cina, è buia e scura. Si trova in una cintura industriale e risente dei 50 milioni di tonnellate di carbone che vengono estratti ogni anno dalle vicine colline di Shanxi. Non c'è modo di sfuggire a questo pesante smog, in grado persino di oscurare il sole!

3. Bujumbura (Republica del Burundi)
Tipo di problema: corruzione.
Con il più basso PIL pro-capite al mondo, il Burundi è il paese più povero del pianeta, devastato da una storia di genocidi, omicidi di massa e assassinio di leader politici. Inoltre, L’ONU ha scoperto (in un pool di 178 paesi) che gli abitanti del Burundi hanno la più bassa soddisfazione di vita al mondo. Per fortuna ci sono le Nazioni Unite

4. Pyongyang (Corea del nord)
Tipo di problema: oppressione.
Mentre l’attuale facciata moderna potrebbe farla apparire come una città occidentale, in realtà è interamente oppressa da un sistema dittatoriale. Radio e TV hanno un solo canale che trasmette unicamente programmi speciali controllati dal governo. Addirittura le biciclette sono vietate dal regime per limitare movimenti e interazioni sociali.

5. Oklahoma City (Stati Uniti)
Tipo di problema: disastri naturali.
Situato nella cosiddetta “Tornado Alley”, il peggior periodo per visitarla dovrebbe essere tra marzo e agosto. Oklahoma City è la città più colpita dai tornado degli Stati Uniti.

6. Chernobyl (Ucraina)
Tipo di problema: radiazioni.
Tristemente famosa per l'esplosione nucleare del 1986 che contaminò la maggior parte dei suoi organismi viventi, Chernobyl non è certo il tipo di posto dove si andrebbe volentieri in vacanza. Un gran parte della città è ancora ampiamente abbandonata e rimasta come 20 anni fa, con centinaia di km di spazio inabitato, edifici deserti e laghi e fiumi avvelenati.

7. Mogadiscio (Somalia)
Tipo di problema: illegalità.
Con il collasso del governo centrale nel 1991, Mogadiscio è quasi totalmente senza legge, con nessuna struttura reale di “peacekeeping” presente sul territorio, nonostante uno sforzo fallito nel 1992 dagli USA, che finì solo per peggiorare la situazione. Difficilmente si potrà trovare tanto presto Mogadiscio in qualche rivista patinata di viaggi.

8. Yakutsk (Russia)
Tipo di problema: clima estremo.
Ufficialmente il posto più freddo sulla terra, le temperature scendono fino -50° e oltre. Senza un equipaggiamento artico un essere umano può raggiungere un grado mortale di ipotermia nel giro di pochi minuti. Un altro aspetto che rende Yakutsk una città poco adatta al turismo è l’isolamento quasi totale dal resto del mondo. E vorrei poi vedere…

9. Dhaka (Bangladesh)
Tipo di problema: inquinamento.
Oltre alla perdurante instabilità politica, l’oppressione militare e la devastazione della guerra e dei disastri naturali, la capitale del Bangladesh affronta una nuova crisi dovuta ai dei livelli di inquinamento a dir poco insopportabili. Il rapido sviluppo industriale ha riempito così tanto la città di smog da causare serissimi danni ambientali. Inoltre vengono scaricate nei fiumi ben 9,7 milioni di tonnellate di materie tossiche all’anno!

10. Baghdad (Iraq)
Tipo di problema: conflitto militare.
La città è stata irrimediabilmente danneggiata dalla guerra del Golfo, che ha letteralmente messo la città in ginocchio. Saccheggi, furti, rapimenti e abusi sessuali sono all'ordine del giorno e la situazione non sembra destinata a migliorare nei prossimi anni.


Per oggi finiamo qui. Sono davvero molto curioso di leggere i vostri commenti in merito a questa particolare lista delle “brutture” del nostro pianeta. Come sempre l’appuntamento è a domani per un nuovo Post.

Con affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: una fotografia della periferia di Chernobyl.

venerdì 16 maggio 2008

Oscar alle Olimpiadi


Qualche mese fa, su questo Blog avevamo parlato di Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano nato senza le gambe che chiedeva di poter partecipare ai prossimi giochi olimpici, trovando però la ferma opposizione della Federazione Internazionale dell’Atletica (Iaaf). Come ricorderete, l’oggetto del contendere erano le protesi in carbonio con le quali Pistorius riusciva a ottenere, sui 400 metri piani, dei tempi di più che lusinghieri. Una perizia interna alla Federazione, aveva appurato che il sudafricano poteva potenzialmente ottenere un “illecito vantaggio” grazie proprio alle gambe artificiali. Per questa ragione l’atleta si era visto sbarrare l’accesso a Pechino 2008, anche se rimaneva una flebile speranza nel ricorso al Tribunale d’Arbitrato dello Sport (TAS) di Losanna.

Oggi l’inatteso colpo si scena: Oscar Pistorius potrà partecipare alle Olimpiadi di Pechino 2008. Il Tribunale d'arbitrato sportivo (TAS) ha infatti accolto il ricorso presentato dal 21enne atleta biamputato sudafricano perché al momento non è dimostrabile che tragga vantaggio dall'uso delle protesi. “E' il giorno più bello e importante della mia vita. Sono felicissimo per la decisione del TAS” commenta Pistorius. “Spero che metta a tacere le teorie secondo cui io avrei un vantaggio non legale”.

Con questo ricorso” dice Pistorius “volevo dare a tutti gli atleti disabili la possibilità di competere lealmente con i normodotati. Adesso vado avanti con la mia caccia alla qualificazione per le Olimpiadi”. Vi ricordo che per correre nella gara individuale dei 400 metri, Pistorius deve ottenere il tempo minimo di 45' 55''.

Per scendere in pista nella staffetta, invece, avrà bisogno di una semplice convocazione nella squadra nazionale. E il Comitato olimpico sudafricano (Sascoc) apre subito le porte a Pistorius: “Già in passato abbiamo selezionato per la staffetta atleti che non avevano ottenuto il minimo necessario”.

Come dicevamo in entrata, lo scorso 14 febbraio la Federazione Internazionale dell’Atletica (Iaaf) aveva posto il veto alla partecipazione del sudafricano ai Giochi. Secondo la Iaaf, le protesi utilizzate da Pistorius avrebbero costituito una violazione dell'articolo 144.2 del regolamento, in quanto avrebbero garantito un “vantaggio tecnico”.

La Iaaf rende noto dal proprio sito ufficiale che “il TAS questo pomeriggio ha dichiarato Oscar Pistorius eleggibile” per i Giochi. Il Tribunale “ha deciso che al momento non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare che Pistorius tragga vantaggio dall'uso delle protesi” denominate “Cheetah”, in gergo settoriale. “Di conseguenza” prosegue la federazione internazionale “gli ha concesso di gareggiare”.

La Iaaf accetta la decisione del Tas”, dice il presidente della federazione internazionale, Lamine Diack. “Oscar sarà il benvenuto quest’estate. E’ una persona capace di ispirare e di dare l'esempio, aspettiamo di poter ammirare i risultati che otterrà in futuro”.

Secondo la sentenza pubblicata dal TAS “la decisione assunta dalla Iaaf lo scorso 14 febbraio è revocata con effetto immediato”. Il collegio giudicante ritiene che la Iaaf non abbia prodotto “prove sufficienti relative a vantaggi metabolici e a effetti biomeccanici derivanti dall'uso delle protesi”.

Il TAS precisa che il verdetto emesso oggi fa riferimento solo all’eleggibilità di Pistorius e “all'uso delle protesi specifiche” al centro del procedimento. La sentenza non ha (ovviamente) alcuna valenza in relazione all’eleggibilità di altri atleti o di altri modelli di protesi. Il TAS, infine, non esclude la possibilità che, sulla base di nuove informazioni scientifiche e di nuovi test, “la Iaaf possa in futuro essere nella condizione di dimostrare che le protesi garantiscono a Oscar Pistorius un vantaggio nei confronti degli altri atleti”.

Da parte mia spero che questo uomo caparbio e coraggioso riesca ad ottenere il tempo minimo di qualificazione per Pechino 2008 il più presto possibile. Si tratta di un fulgido esempio, per tutte le persone diversamente abili del pianeta, che una vita ricca di gioia e soddisfazioni è sempre possibile!

Vi ringrazio di cuore per l’attenzione che avete, anche oggi, riservato al Blog. Come sempre vi do appuntamento a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Nelle immagini: Pistorius con le protesi contestate dalla Iaaf.

giovedì 15 maggio 2008

Il Mystico Giudizio no. 15


Il primo lungometraggio italiano ad aggiudicarsi uno spazio nella nostra “mystica rubrica”, è un avvincente noir d’azione del giovane cineasta Davide Marengo, con venature e personaggi grotteschi alla Guy Ritchie (“Lock & Stock” e “Snatch”, tanto per intenderci), ma con un elemento in più: accanto a tanta azione, proposta in una chiave moderna e ritmata, vi è spazio per tutta una serie di contenuti emotivi e aspetti sentimentali che arricchiscono il film e rendono più “veri” i personaggi. Quest’ottima commedia si intitola “Notturno Bus” ed è uscita l’anno scorso.

La storia è intrigante e viene narrata in modo scorrevole, ricca di colpi di scena, tensioni, avvenimenti concatenati e un mistero che funge da file rouge per tutto il film. La recitazione è impeccabile: ogni singolo attore fornisce un apporto eccellente al film, ma è nel suo insieme che il cast risulta addirittura magico; un accorpamento vincente, grazie alla lungimiranza con cui sono state scelte e unite in questo progetto determinate singole personalità. Personalità del calibro di Valerio Mastandrea, l’introverso autista di autobus che a causa del gioco d’azzardo si incasina non poco l’esistenza, tra debiti insoluti, pressioni e minacce ad opera di feroci strozzini; Giovanna Mezzogiorno, incorreggibile ladra a tempo pieno e bugiarda, la cui vita si incrocia con quella dell’autista, complicando ulteriormente la loro già difficile situazione; Ennio Fantastichini, il poliziotto “paterno”, comprensivo, che fa da contraltare al crudele e violento sbirro interpretato da Francesco Pannofino (sicuramente il personaggio più grottesco del film, terrificante e adorabile al tempo stesso!), che lavora in coppia con l’altro poliziotto cattivo Roberto Citran, taciturno e apparentemente mite ma potenzialmente malefico e sadico quanto un ufficiale nazista frustrato. Questi ed altri attori rendono i personaggi di “Notturno Bus” indimenticabili ed elevano la regia di Marengo su un piano cinematografico superiore.

Il Mystico Giudizio non ama soffermarsi più di tanto sulla trama, che merita di essere scoperta durante la visione del film e non prima. Il titolo, il genere, il soggetto, il regista, gli attori, l’ambientazione, la colonna sonora e le atmosfere sono indicazioni sufficienti per risvegliare o meno l’interesse del pubblico. Vale soprattutto per i thriller di questo calibro, che meritano di essere guardati con una curiosità vergine che può essere propria solo di chi non conosce a fondo la trama. Fedele a questo credo, dico soltanto che “Notturno Bus” è un intreccio di storie umane vissute al ritmo di quella Roma che sfugge ai turisti di Piazza San Pietro e che ruota attorno ad oscuri circuiti di microcriminalità, espedienti per tirare a campare, uomini a caccia e altri in fuga, cuori pieni di paura e di sentimenti angusti che dominano quelli dell’amore e dell’amicizia, in un conflitto interiore che alla fine del film troverà comunque uno sbocco, per ognuno dei personaggi, mostrando come a volte l’impressione che una persona può dare con il suo aspetto e stile di vita, non rispecchia necessariamente la sua vera essenza. Altre volte, invece, la prima impressione è proprio quella giusta…

MysteXX



Nell’immagine: Valerio Mastandrea e Giovanna Mezzogiorno in una scena del film.

martedì 13 maggio 2008

Attacco tedesco all'Italia


Non è la prima volta. La stampa tedesca ogni tanto si “diverte” a fare la predica all’amato (e forse odiato) Bel Paese fin dai tempi della celebre copertina di “Der Spiegel”, che mostrava un piatto di spaghetti “condito” con una Walther P38. Questa volta, però, l’attacco della “Sueddeutsche Zeitung” è di precisione. Un elenco scientifico di manchevolezze che ha come unica nota positiva quella di rispondere allo spirito dei tempi. In omaggio alla nuova cortesia fra governo e opposizione, si tratta infatti di un biasimo totalmente “bipartisan”. Insomma, sono legnate per tutti!

Cosa ci arriva dall’Italia di oggi?”, si chiede dunque retoricamente il giornalista che firma l’articolo, Gustav Seibt. E comincia a elencare: “Vediamo dal Senato immagini dove vecchi signori fanno a cazzotti e poi innaffiano il tappeto rosso con il prosecco. L’oppositore più importante è un comico grasso che fa battute “ad personam”. E il problema più urgente è l’incapacità della grandi amministrazioni di togliere l’immondizia dalle strade”.

Non che i privati cittadini siano del tutto innocenti. La progressista e illuminata “Sueddeutsche” stenta visibilmente a giustificare quelli che usano i luoghi più belli dell’Italia come “discariche private”, lasciando per strada televisioni, materassi e frigoriferi.

Il calcio è occasione per l’unico punto di contatto, di cui francamente si potrebbe pure fare a meno: “Gli hooligan italiani sono altrettanto razzisti e pronti alla violenza dei loro colleghi di Sassonia o Brandeburgo”, scrive il quotidiano di Monaco di Baviera.

In più, il calcio italiano è “una grande macchina per far soldi” e i suoi protagonisti si fanno ingaggiare come “modelli di biancheria intima, testimonial di un sessismo disinvolto”. Del resto di che lagnarsi se lo stesso capo di governo si fa notare per il suo “primitivo modo di abbordare” le donne?

Una nazione davvero misera, quella dipinta dal quotidiano tedesco. Nazione, oddio, forse ancora per poco. Perché c’è infine una fondamentale “mancanza di solidarietà nella società italiana”, che mette a rischio la coesione dell’Italia stessa. Il problema è riassunto nel titolo che riprende una citazione di Rudolf Borchardts, scrittore e traduttore di Dante in tedesco: gli italiani sono “rozzi nell’animo”.

E rozza è la cultura che esprimono “Il neo-sindaco di Roma, crede di poter attirare l’attenzione minacciando di demolire l’unica opera contemporanea riuscita nel centro città, il museo dell’Ara Pacis di Richard Meier”, osserva il giornalista. Chiedendosi come abbia fatto l’esponente di un partito post-fascista più a destra di Joerg Haider a conquistare la Capitale, mentre Silvio Berlusconi è stato “eletto per la terza volta, alla luce del giorno, nonostante gli insuccessi, le promesse non mantenute e gli imbrogli creati per suo unico vantaggio”.

Infine, “sono lontani più di un decennio i tempi in cui le librerie tedesche erano piene di opere di scrittori e storici italiani e quando nomi come Umberto Eco o Carlo Ginzburg influenzavano il dibattito”. Ora, secondo il quotidiano, la maggior parte dei libri che vengono pubblicati da Wagenbach, editore molto importante per gli autori italiani in passato, provengono dalla Spagna o dal Sudamerica. Per non parlare poi del cinema italiano: gli unici film che arrivano all’estero sono “i lamenti del simpatico Nanni Moretti”.

Ecco. Cosa si salva per il quotidiano tedesco? Le spiagge. Ma forse non hanno indagato a fondo…

Non so come concludere un Post del genere. Come già sapete non sono italiano, ma ho un amore immenso per la cultura italiana. Per questo motivo, dover ammettere che alcune critiche della “Sueddeutsche Zeitung” sono fondate mi costa molto. Molti aspetti sollevati dal giornalista tedesco sono eccessivamente severi e nascono (a mio parere) da una visione un po’ distorta e stereotipata dell’Italia: come l'affermazione che “gli italiani sono rozzi nell’animo”! Credo però che valga la pena di riflettere sulle critiche che, invece, hanno colto nel segno. Che l’Italia non stia passando il suo periodo di maggior splendore credo sia visibile a tutti, per questa ragione ritengo sia utile ascoltare le altrui censure (anche se dolorose) per gettare le basi di un necessario risorgimento.

Con immenso affetto, GuruKonK.



Articolo originale della “Sueddeutsche Zeitung



Nell'immagine: un bel ricordo del Mondiale di calcio del 2006.

lunedì 12 maggio 2008

Ordinarie follie (ediz. 12.08)


Dopo una “lunga” attesa torna una delle rubriche da voi più amate: “Ordinarie follie”. Dopo aver dedicato il Blog a temi come la politica, il folle “mostro” di Amsteten, il disastroso impatto del ciclone Nargis in Myanmar e i delitti di mafia, mi sembra proprio il caso di ritornare a sorridere un po’ per le pazzie altrui. Non trovate che sia un’ottima idea? Oggi parleremo di una singolare offerta di lavoro di un signore inglese: costui cercava delle persone disposte a bere in compagnia di suo padre. Cambieremo tema, raccontando la singolare vicenda di una ragazza di 20 anni che sostiene di essere stata “violentata” al telefono. Ci sposteremo poi in India per conoscere una coppia di bizzarri rapinatori di banca. Bando alle ciance e largo alle “Ordinarie follie”!


Pagati per bere birra

In una cittadina inglese è apparso un annuncio di lavoro piuttosto insolito che, a mio parere, avrebbe fatto impazzire il buon Homer Simpson! Infatti si cercavano persone che, in cambio del rimborso spese nonché di un compenso orario di 7 sterline l’ora, andassero a bere birra al pub. L’annuncio è stato inserito da Mike Hammond, che cercava “compagni di bevute” per suo padre 88enne, per ridargli il “gusto di uscire con gli amici come quando era molto più giovane”.

Il signor Hammond, neanche a dirlo, è stato sommerso da richieste di persone interessate a conquistarsi questo insolito lavoro: alla fine ha assunto un medico in pensione ed un ex-ufficiale dell’esercito, che si alterneranno, con Hammond, ad accompagnare l’anziano al pub.


Perde la verginità al telefono!

Una ragazza 20enne, di origine tunisina, si sarebbe talmente eccitata in seguito ad una telefonata erotica con un amico da perdere la verginità “al telefono”. Quando la famiglia ha scoperto l’accaduto, ha denunciato l’uomo per stupro.

L’uomo, un 30enne, ha negato di aver anche solo sfiorato la ragazza (cosa di cui peraltro non è neppure accusato), ma ha ammesso la telefonata a luci rosse. Secondo il suo racconto, i due erano impegnati in una “bollente conversazione” al telefono, e la ragazza ha iniziato prima ad ansimare finché ad un certo punto si sarebbe accorta che stava perdendo sangue.

Secondo la denuncia, il fatto che l’uomo abbia “spinto” la ragazza a masturbarsi, perdendo così la verginità sarebbe equiparabile ad una violenza sessuale. Voi cosa ne pensate?


Rapinano la banca… del seme!

Due criminali hanno rapinato una banca in India. Fatti di cronaca all’ordine del giorno, se non che la banca rapinata è una banca dello sperma, ad Aurangabad, nell’India centrale. I due si sono portati via oltre 100 fiale di liquido seminale, con l’idea di rivenderle ad altre cliniche per la cura dell’infertilità.

Ma i due hanno dimostrato una certa ingenuità, dimostrando di non conoscere il valore di mercato del loro particolare bottino: hanno tentato di vendere le 100 fiale per 25.000 rupie, poco più di 620 dollari, quando in molti paesi una singola fiala viene “quotata” sopra i 50 dollari. Ma soprattutto, ben pochi dottori accetterebbero di acquistare senza documentazione un prodotto così “delicato”, che ha peraltro una vita utile piuttosto limitata. Anche considerato che in tutta l’India ci sono solo dieci banche dello sperma.

Quindi il loro goffo tentativo di vendita ha inevitabilmente insospettito i vari medici che erano stati contattati come potenziali acquirenti, che non potevano fare altro che informare le forze dell’ordine, facendo arrestare questi singolari rapinatori di banca…


Per oggi ci fermiamo qui. Vi saluto e vi ringrazio per le preziose e-mail che ho ricevuto negli ultimi giorni. A questo proposito non escludo di applicare realmente al Blog alcuni dei vostri interessanti suggerimenti.

A domani per un nuovo Post, GuruKonK.



Nell’immagine: un ricco brindisi all’aroma di malto e luppolo!

sabato 10 maggio 2008

Peppino Impastato


Un saluto a tutti gli amici del Blog. Come avrete di certo notato, ieri non ho voluto pubblicare nessun Post. Avevo notato che stavate ancora commentando con grande coinvolgimento il documento relativo alle drammatiche conseguenze del passaggio del ciclone Nargis in Myanmar, per questa ragione non ho voluto “spezzare” un così bel dibattito inserendo un altro Post. Ieri si è celebrato in Italia un “giorno della memoria” per ricordare i 30 anni di due crimini che hanno sconvolto e, sotto molti aspetti, cambiato la storia del Paese: l’omicidio di Aldo Moro e l’assassinio di Peppino Impastato. I due delitti erano molto diversi tra loro, ma entrambi hanno testimoniato fino a noi un periodo oscuro e terribile, nel quale la violenza e lo sconforto sembravano aver avvolto un’intera nazione. Tuttavia ho avuto l’impressione che, se tutti conoscono molto bene la vicenda del rapimento e dell’omicidio del Presidente della DC, molti meno sono al corrente della tragica storia del coraggioso Impastato.

Il 9 maggio del ‘78, giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, a Cinisi (PA) Giuseppe Impastato, meglio conosciuto come Peppino, veniva ucciso. I terroristi i carnefici del primo, i mafiosi quelli del secondo. In occasione del 30esimo anniversario della morte di Impastato, 6’000 persone, provenienti da tutta Italia, si sono radunate in corso Vittorio Emanuele, a Terrasini (PA) dove si trova l’immobile che era sede di “Radio Aut”, la radio libera creata da Impastato e dai suoi amici. Lì veniva trasmessa “Onda pazza”, la trasmissione satirica e irriverente attraverso la quale Peppino e i suoi compagni denunciavano le malefatte dei mafiosi e dei politici locali. Da lì è partito il corteo diretto a Cinisi, dove si trova la casa memoria di Peppino.

Tantissime le associazioni contro tutte le mafie che attraverso cineforum, dibattiti pubblici, incontri nelle università e spettacoli teatrali, hanno ricordato la storia di Peppino Impastato con l’obiettivo di riportare in vita quello che le mafie pensavano di aver ucciso: la voglia di cambiare e di non smettere mai di raccontare e denunciare il malaffare.

Giovanni Impastato, fratello di Peppino, appena arrivato in Corso Umberto Vittorio Emanuele ha commentato così le numerose presenze: “Fra Terrasini e Cinisi non si era mai vista una manifestazione antimafia così nutrita. È un giorno di ricordo e di festa. Sto vedendo migliaia di persone”. Commentando poi l'assenza di Veltroni, che aveva garantito la sua presenza lo scorso luglio durante una visita a Cinisi, ha detto: “Non ho sentito Veltroni. Mi dispiace che oggi non sia qui ma sono certo che avrà avuto i suoi motivi. La cosa che più mi fa tristezza è che molti politici, di destra come di sinistra, che in campagna elettorale avevano promesso di essere al nostro fianco, dopo la passata elezione si fanno addirittura negare al telefono. Purtroppo abbiamo ancora tanto lavoro da fare in questo Paese”.

Il presidente della regione Sicilia, Raffaele Lombardo su Peppino ha detto: “Impastato rimane un esempio per tutti i giovani che, a testa alta, sperano e lottano per il cambiamento, per una Sicilia finalmente libera dalla mafia. Di Impastato dobbiamo ricordare la sua onestà, il suo spirito giovanile, il coraggio con il quale irrideva ai boss mafiosi del suo paese. Oggi, a distanza di tanti anni, ci piace ricordare il suo sorriso: il sorriso di chi, forte dei propri valori umani e sociali, non temeva di scontrarsi con l'arroganza e la prepotenza di efferati criminali e mafiosi”. “La Sicilia che si ribella al pizzo e alla mafia” ha concluso Lombardo “gli deve tanto e tutti noi, chiamati ad amministrare la cosa pubblica, abbiamo soprattutto un modo per ricordarlo, al di là degli annunci spesso retorici: fare ogni giorno il nostro dovere”.

Dalla mezzanotte di oggi “Primaradio” si è trasformata in “Radio Aut” trasmettendo i brani preferiti da Peppino: da Donovan a Fabrizio De Andrè, dai Pink Floyd a Guccini, cantanti degli anni ‘70 come Enzo Del Re e Pino Masi ma anche musica classica. Inoltre alcuni spezzoni della trasmissione “Onda Pazza” sono stati e continueranno ad essere trasmessi per tutto il week end.

Come vi dicevo all’inizio del Post, molte persone non conoscono la storia di Peppino Impastato. D’altronde questa sordida vicenda non ha mai trovato molto spazio sui “mass media” tradizionali, è un episodio scomodo e triste che si vuole ricordare ma non troppo. Quegli erano gli anni in cui il Procuratore Generale di Palermo affermava che “la mafia non esiste. E’ una astuta invenzione della stampa comunista per destabilizzare il Paese e giustificare l’operato dei terroristi delle Brigate Rosse”.

Io mi permetto di pubblicare una breve biografia di Peppino Impastato, gentilmente offerta dal “Centro Siciliano di Documentazione”. Spero che così facendo, quelli che non sono al corrente della sua storia, siano stimolati ad informarsi, magari tramite la Rete che in questo senso offre molte possibilità.


Peppino Impastato
L’attività, il delitto, l’inchiesta e il depistaggio

“Nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963). Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico-culturale antimafiosa.

Nel 1965 fonda il giornalino “L'Idea socialista” e aderisce al Psiup. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo “Musica e cultura”, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1976 fonda “Radio Aut”, radio privata autofinanziata, con cui denuncia quotidianamente i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto. Il programma più seguito era “Onda pazza”, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.

Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale. Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, di suicidio. Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.

Il 9 maggio del 1979 il “Centro Siciliano di Documentazione” organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla “Pizza Connection”. La madre rivela un episodio che sarà decisivo: il viaggio negli Stati Uniti del marito Luigi, dopo un incontro con Badalamenti in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: "Prima di uccidere Peppino devono uccidere me". Morirà nel settembre del 1977 in un incidente stradale.

Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta.

Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.

Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.

Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.”


Vi ringrazio davvero di cuore per l’attenzione che avete dedicato a questo Post, il cui tema mi sta particolarmente a cuore. Prima di concludere, invito tutti quelli tra di voi che vorrebbero approfondire la conoscenza di questo ragazzo coraggioso, del quale l’Italia intera deve essere orgogliosa, a visitare il bellissimo sito “Peppino Impastato”. Inoltre vi ricordo che su questa vicenda è stato girato da Marco Tullio Giordana il film “I cento passi”.


Con affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: un foto di Peppino, poco prima di essere ucciso dalla mafia.

giovedì 8 maggio 2008

Un'immane tragedia


Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Per cominciare devo ringraziare di cuore tutti quelli tra di voi che hanno deciso di versare un contributo (proporzionato alle singole possibilità economiche, è chiaro) in segno di solidarietà per il popolo del Myanmar, confrontato in questi giorni con una tragedia delle dimensioni a dir poco immani. Come forse già saprete, la stima delle vite perse si è ormai issata verso le 100'000 unità, anche se i dispersi sono ancora varie decine di migliaia. I sopravvissuti alla furia del ciclone Nargis, sono oggi confrontati con la mancanza di cibo e la cronica scarsità di acqua potabile.

Come se ciò non bastasse, i corpi senza vita e le carcasse animali, che lentamente emergono dalle acque putride e dal fango, rimangono per giorni in balìa di temperature di quasi 40 gradi, diffondendo pericolose malattie infettive.

Dopo una iniziale resistenza davvero incomprensibile, la giunta militare che guida il Paese con il pugno di ferro ha accettato gli aiuti internazionali. In questi giorni l’ONU, molti governi da ogni parte del mondo e decine di organizzazioni umanitarie trasportano nel Myanmar centinaia di tonnellate di beni di prima e primissima necessità, nonché personale sanitario qualificato per contrastare l’esplosione di devastanti epidemie.

Tra queste organizzazioni non potava mancare “Medici Senza Frontiere”, già premio Nobel per la pace nel 1999 e da sempre attiva in molte aree sensibili del pianeta. “Bloggers United” ha ottenuto (e distribuito ai membri) un’intervista a Souheil Reaiche, capo missione di “Medici Senza Frontiere” in Myanmar. Naturalmente non potevo evitare di pubblicarla per voi.


Quali aiuti siete già stati in grado di distribuire?

“Lunedì abbiamo distribuito generi di prima necessità, tra cui teli di plastica per fornire un riparo a diverse migliaia di persone. Ieri e oggi siamo riusciti a distribuire generi alimentari sufficienti per una settimana a 2’000 persone nella regione di Twantey, a due ore da Yangoon. Abbiamo distribuito carburante alle scuole e ai monasteri per fare funzionare le loro pompe per l'acqua. Abbiamo inoltre distribuito generi alimentari a 350 persone che hanno cercato riparo in un monastero. I bisogni sono così importanti che cerchiamo di combinare le azioni di valutazione dei bisogni e quelle di assistenza per guadagnare tempo. Quando le squadre di “Medici Senza Frontiere” si sono recate a Twantey per valutare la situazione, hanno portato con loro generi di prima necessità e una tonnellata di cibo. Questa è una tipica azione salva-vita.”

“Oggi invieremo un'équipe composta da un medico, due esperti in logistica e un traduttore nel sud, nella regione di Bagaley, a sette ore di auto. Questa zona costiera è stata colpita molto duramente. In base alla loro valutazione della situazione, camion carichi di generi di prima necessità e cibo sono pronti a partire.”


Cosa vedono gli operatori di Medici Senza Frontiere sul terreno?

“Le persone sono traumatizzate. Un uomo, un marinaio, ci ha raccontato che il suo villaggio è stato completamente distrutto. Ha detto che non aveva notizie sulla sorte dei 4’000 abitanti del villaggio vicino, che si trova ancora sotto un metro d'acqua. La gente racconta di avere trascorso la notte del ciclone arrampicata sugli alberi, guardando i propri villaggi che venivano distrutti.”

“La gente dice che la Birmania non ha mai visto una simile catastrofe; hanno perso tutto e nutrono poche speranze di ricevere assistenza. Nelle regioni di Twantey e Dalla, l'80% dei villaggi sono distrutti. Alcuni villaggi sono ancora sotto un metro d'acqua e non possono essere raggiunti. Tutte le costruzioni di bambù sono state spazzate via. Queste costruzioni rappresentano la maggioranza delle case in questi villaggi. Un terzo della città di Twantey è stato distrutto.”

“Si è dimostrato impossibile raggiungere le zone che sono ancora inondate. Possono essere raggiunte solamente in barca, e tutte le imbarcazioni locali sono state distrutte. Stiamo cercando di comprare barche a Yangoon e anche di portarle nel paese da fuori. Nella stessa Yangoon, le nostre équipe hanno valutato la situazione in diverse zone, inclusa la zona di Okalapa, dove abitano 4’000 persone in cinque chilometri quadrati. Non hanno accesso all'acqua potabile, poiché tutti i pozzi sono inondati o coperti di terra, o manca il carburante per pompare l'acqua. Sono quindi costretti a bere l'acqua infetta del fiume. Per questo stiamo avviando un programma di distribuzione di acqua potabile.”


Quali sono le priorità in questo momento?

“Cibo, alloggi e accesso all'acqua potabile sono le priorità di queste ore. La popolazione birmana era già estremamente vulnerabile prima di questa catastrofe. Al momento le persone vivono in condizioni estremamente precarie, senza cibo, acqua potabile e dormendo all'aperto. Inoltre la malaria e la dengue sono prevalenti in queste zone. Stiamo organizzando una distribuzione di zanzariere per i prossimi giorni.”


Quali sono le difficoltà che dovete affrontare nella distribuzione degli aiuti?

“Non abbiamo incontrato nessun problema particolare o restrizioni nel fare la nostra prima valutazione della situazione e nella distribuzioni degli aiuti. Stiamo continuando a portare assistenza alle popolazioni colpite e stiamo valutando la situazione in altre zone per poter allargando il campo di azione degli aiuti. Tuttavia è chiaro che oggi, con le limitazioni che abbiamo, sia in termini di risorse umane che di materiali, non siamo in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni della popolazione. In seguito all'appello del governo per ricevere assistenza internazionale, è essenziale che i visti di emergenza siano rilasciati quanto prima, e che le spedizioni di soccorso siano autorizzate ad arrivare. Altre squadre di “Medici Senza Frontiere” sono in attesa dei visti da 48 ore, per potersi unire a quelle già presenti nel paese.”


Per oggi finiamo qui. Naturalmente continueremo a “monitorare” la drammatica condizione dell’ex Birmania e non escludo che presto torneremo a parlare dell’evolversi della situazione. Vi ringrazio per l’attenzione che continuate a riservare a questo Blog e vi do appuntamento a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Nell’immagine: una coda di persone in attesa di un po’ d’acqua potabile.

mercoledì 7 maggio 2008

Dimenticati su un'isola


Quando, pochi minuti fa, ho avuto modo di leggere questa notizia speravo di aver male interpretato i termini dell’informazione. Purtroppo non si trattava di un errore. La trama sembra quella di un film d’avventura, ma l’epilogo della vicenda non è altro che una nuova, incredibile, tragedia. Sull’isola russa di Sachalin, un tecnico specializzato in macchinari industriali e originario della Corea del Nord è morto di fame perché la sua compagnia si è dimenticata di inviare i rifornimenti nel centro di lavorazione del legname in cui prestava servizio.

La dimostrazione che lo sfortunato operaio sia stato realmente dimenticato dai suoi diretti superiori, gli stessi che lo avevano stanziato sull’isola di Sachalin, è piombata come un macigno attraverso le principali agenzie di stampa. Pare infatti che a scoprire il cadavere siano stati addirittura i funzionari del Ministero dell’Interno russo, giunti sull’isola per un’ispezione a sorpresa.

Nel piccolo impianto nei pressi del villaggio di Nish, questa società nordcoreana aveva inviato due tecnici, lasciando loro soltanto una scorta minima di cibo e nessun mezzo di trasporto o di comunicazione.

Il loro compito, secondo quanto si apprende in Rete, era quello di controllare lo stato dei macchinari nel periodo in cui erano chiuse le attività e non c’erano operai, ma qualcosa non ha funzionato e l’azienda si è letteralmente scordata di inviare nuove provviste.

Come detto, uno dei due sfortunati tecnici è morto di fame, mentre l’altro è stato ritrovato denutrito, disidratato e in pessime condizioni di salute ma, fortunatamente, ancora vivo.

Secondo quanto ho letto sul sito web dell’agenzia AGI, le autorità russe avevano sollecitato più volte la compagnia (il cui nome non è noto) a verificare lo stato di salute dei vari tecnici dislocati al controllo impianti in luoghi isolati, ma invano. Inoltre, il lavoratore deceduto era in arretrato di ben 18 mesi con gli stipendi.

A questo punto non posso che auspicare durissime ripercussioni per i responsabili di una così orribile e mortale negligenza.

Con affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: carta geografica della Russia, con Sachalin in evidenza.

lunedì 5 maggio 2008

Diluvia sul bagnato


Sarebbero oltre 15’000 le vittime del disastroso ciclone Nargis che si è abbattuto in Myanmar (l’ex Birmania, per intenderci) nel fine settimana! Secondo l’agenzia stampa “Nuova Cina” la maggior parte delle persone avrebbero perso la vita nel distretto di Rangoon e di Ayeyawaddy. Solo in quest’ultima regione i morti sarebbero già quasi 10’000, anche se si teme che il bilancio possa drasticamente salire con il passare delle ore. La giunta militare birmana, di solito assai intransigente nell’aprire le frontiere agli stranieri, ha accettato immediatamente l’offerta di aiuti internazionali e questo dovrebbe farci capire quanto sia grave la situazione. Infatti, se ricordate, anche dopo il disastroso Tsunami che colpì la regione il 26 dicembre 2004, la dittatura di Rangoon non aveva accettato nessun intervento esterno nella gestione di quella terrificante catastrofe. Oggi le cose sembrano essere diverse, così l’ONU ha dichiarato che i primi soccorsi saranno pronti a partire già nelle prossime 12 ore.

La Croce Rossa, come sempre in prima linea in caso di emergenza, è giunta sul posto verso le 16:00 (CET) ed ha iniziato a distribuire cibo e beni di prima necessità alle migliaia di persone colpite dal ciclone Nargis. “La grandezza della catastrofe rende complicato il trasporto di aiuti a coloro che ne hanno più bisogno”, ha affermato Micheal Annear, coordinatore regionale dell’organizzazione umanitaria a Bangkok. La Croce Rossa ha stanziato (per ora) 150’000 euro per i primi aiuti urgenti.

L’ufficio dell’ONU nella regione ha spiegato che “la situazione è critica, con la popolazione che ha innanzitutto bisogno di riparo e acqua potabile”. Tra i primi Paesi ad inviare aiuti immediati c’è la Tailandia, che ha spedito un aereo C-130 con a bordo 9 tonnellate di cibo e medicinali.

Michael Annear, ha inoltre riferito che la Croce Rossa in queste ore ha già distribuito 5’000 litri d’acqua potabile, pasticche di cloro per la potabilizzazione, kit di sopravvivenza, zanzariere, teli di plastica e coperte. “Abbiamo cercato di raggiungere le zone più isolate” ha spiegato “ma molte strade sono ancora impraticabili e la situazione potrebbe presto peggiorare”.

Secondo l’ONU, la zona più colpita è il delta del fiume Irrawaddy, dove la tempesta ha sfogato tutta la sua devastante potenza. Lì si è registrato un’impressionante numero di vittime. La TV di stato parla di circa 5‘000 vittime trascinate via dalla furia delle acque, ma aggiunge che “in base alle informazioni in nostro possesso potrebbero esserci decine di migliaia di morti tra Bogalay e Labutta”. Secondo la Farnesina, che ha rassicurato sulle condizioni di tutti gli italiani nel paese, le vittime potrebbero essere più di 20'000, senza però specificare la fonte di questa stima.

Il ciclone Nargis, che proveniva dal Golfo del Bengala, si è abbattuto sulla costa sud-occidentale dell’ex Birmania venerdì sera, con venti oscillanti tra i 200 e i 240 chilometri orari. Sabato ha proseguito il suo percorso verso est, provocando altri danni consistenti in particolare nella zona di Rangoon, la più grande città del Paese.

La Tailandia ha comunicato che nelle prossime ore riprenderà il ponte aereo che dovrebbe portare nel Myanmar diverse tonnellate di beni di prima necessità e materiale logistico per poter dirigere sul posto le operazioni di appoggio e assistenza della popolazione civile. A questo proposito devo purtroppo comunicarvi che, secondo l’agenzia stampa “Nuova Cina”, ben 250'000 persone risultano al momento essere rimaste senza abitazione.

Sappiamo che diverse centinaia di migliaia di persone hanno bisogno di riparo e di acqua potabile ma al momento non sappiamo con precisione quante siano” ha spiegato Richard Horsey, dell'Ufficio ONU per i disastri naturali a Bangkok. Inoltre, oggi a Yangon i prezzi di cibo e carburante sono quasi triplicati nel giro di 24 ore.

Aiutare questa sfortunata popolazione deve essere una priorità per tutti i Paesi del mondo. Spero che in questa occasione possa ripetersi la straordinaria opera di solidarietà a cui abbiamo assistito nelle settimane successive al terrificante Tsunami del 26 dicembre 2004.

Per oggi finiamo qui. Naturalmente torneremo presto a parlare di questa catastrofe umanitari. Vi ringrazio per l’attenzione che avete dedicato a questo Post e vi do appuntamento a domani.

Un abbraccio, GuruKonK.



Grazie di cuore ai ragazzi di “ExpoBG” per i rapidi aggiornamenti.



Nell’immagine: un grosso albero sradicato dalla forza del vento a Rangoon.

domenica 4 maggio 2008

Il Mystico Giudizio no. 14


America, fuck yeah!”. Questo è il grido di battaglia degli “eroici” protagonisti di “Team America: World Police”. Belli, coraggiosi e sicuri di sé; spensierati ma anche molto consapevoli della responsabilità che grava sulle loro giovani spalle yankee: fanno parte di una speciale squadra d’azione dell’Intelligence statunitense e combattono spavaldi contro il terrorismo. Insomma, sono proprio come la loro America li vuole. E per America, naturalmente, intendiamo l’America del Nord; la “vera America”, come suggerisce il sarcasmo degli autori di questo film. Insomma, l’America con la A maiuscola. Quella che si prende cura di noi tutti, anche se non le abbiamo chiesto proprio nulla. Quella che esporta la democrazia, quella che non si piega mai! Quella che ci dice quando e come sbagliamo ma con la quale noi non possiamo fare altrettanto (pensiamo alla controversia del Protocollo di Kyoto, tanto per fare un esempio). Quell’America che abbiamo ben conosciuto negli ultimi anni e che francamente abbiamo imparato ad “odiare” anche un po’. Ecco, è questa l’America che viene ritratta nel film che vi presentiamo oggi.

Trey Parker ed il fedele Matt Stone, gli autori di “South Park” e di questo film, ne sono consapevoli: la popolarità degli USA nel resto del pianeta è piombata a picco, con quell’invadente tendenza a ficcare il naso un po’ dappertutto. Un po’ come quei personaggi di paese che sono sempre in giro a rompere le scatole agli altri per questioni che non tangono i loro interessi personali. Ti vedono accostare con la tua auto da qualche parte, iniziano a girare intorno al veicolo e quando tu scendi loro ti dicono: “Scusi, ma quel veicolo è suo? Guardi che non può lasciare l’auto lì…” Per loro in realtà non cambia niente, eppure si improvvisano poliziotti e si sentono in dovere: 1. di dirti che stai sbagliando, 2. di correggerti.

I due geniali registi e sceneggiatori, in quanto americani, sono ancora più indispettiti da questa “invadenza statunitense”. E allora cosa fanno? Denunciano l’andazzo in questo strepitoso lungometraggio. Mettono in satira la loro denuncia. Sfottono i cliché del lato oscuro statunitense e siccome Trey Parker e Matt Stone sono due creativi particolarmente brillanti, la loro satira è un capolavoro. Danno alla vita una squadra speciale anti-terrorismo che comprende ed evidenzia tutti i luoghi comuni del caso: i membri del team sono soldati fotogenici molto patriottici ma poco critici. L’eroe della squadra è un attore: appartiene dunque alla categoria professionale più stimata e invidiata della società americana. Attore uguale a eroe, questa è l’agrodolce equazione che ci propone il film, ispirandosi al pensiero comune USA; un pensiero forse non del tutto cosciente ma (come negarlo?) piuttosto diffuso.

Team America: World Police” è pungente critica sociale, dissacrante, irrispettosa, sopra le righe e sopra le parti: l’estremismo islamico ma anche il fanatismo nazionalista USA. Ne esce una pellicola iper critica e nel contempo molto spassosa. Contiene tra l’altro quella che probabilmente è la più lunga scena di vomito post-sbronza della storia del cinema e la più ridicola scena di sesso tra i protagonisti. Questo film si prende gioco di tutto: l’amore, l’AIDS, il terrorismo, l’omosessualità, l’amicizia e il tradimento, l’esercito, l’Intelligence, la cultura delle patatine fritte che si confronta con quella millenaria dei paesi del Medio Oriente, eccetera…

La realizzazione tecnica del film propone un eccezionale, quanto inedito, utilizzo dei burattini: nei titoli di coda figurano i nomi di decine e decine di burattinai che hanno partecipato a questo film, muovendo i vari personaggi. Vi assicuro che posseggono un’abilità disarmante! E non si fanno problemi se in certe scene non possono rendere realistici i movimenti: i personaggi sono dei burattini e tali rimangono! Tra l’altro non si fa nulla per rendere invisibili i fili che li muovono. Questo conferisce al film toni ancora più grotteschi e piacevoli, senza intaccare il coinvolgimento della trama. Anche le scenografie sono davvero ben fatte.

Il Mystico Giudizio: godetevi questa meraviglia di satira anti-imperialista Made in USA! E se vi rimane del tempo, cercate, degli stessi autori, la commedia “BASEketball”.

MysteXX


Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Che dire? Oggi ho l’impressione che il caro vecchio MysteXX abbia realmente superato sé stesso! Questa è solo un’opinione personale, sia chiaro, ma ritengo che da quando ha avuto inizio la rubrica “Il Mystico Giudizio”, quella di oggi sia la miglior recensione che ho avuto il piacere di pubblicare! Non aggiungo altro, mi limito a ringraziare pubblicamente MysteXX per il meraviglioso lavoro svolto!

Con infinito affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: gli eroi di “Team America: World Police”