venerdì 27 giugno 2008

Ordinarie follie (ediz. 14.08)


Un affettuoso saluto a tutti gli amici del Blog. Dopo una “lunga” attesa, torna una delle vostre rubriche preferite: “Ordinarie follie”. Oggi parleremo di una coppia di ucraini che ha deciso di allontanarsi dalla vita sociale per seguire la loro passione: l’ufologia. La loro storia è sinceramente bizzarra anche per altri motivi, come avrete modo di leggere. Poi conosceremo Bill Bramanti, un estroverso abitante di Chicago che ama la birra al punto da non volersene separare neppure dopo propria morte. Per concludere parleremo di un ragazzo di 13 anni che ha attraversato l’Europa con l’automobile della nonna.


Due cuori e una capanna

Anatoly e Larisa Shakhovs si sono conosciuti 21 anni fa. Lui cinquantenne, accordatore di piani, ma anche esperto di trekking, testimone oculare dell’apparizione di un UFO, membro dell’associazione Astronomica, accanito lettore di libri filosofici, un uomo dall’ottima educazione, conosciuto in molti musei russi e amico di molte persone famose. Lei invece era semplicemente una studentessa alla scuola di musica di 19 anni. In comune avevano la passione per l’ufologia.

Oggi dopo 21 anni, i due sono ancora insieme. I signori Shakhovs vivono a Makeevka in Ucraina.

Inizialmente i genitori di lei erano spaventati all’idea che la loro figlioletta potesse andare a vivere con un uomo 31 anni più grande di lei. La preoccupazione crebbe quando i due abbandonarono i rispettivi lavori per dedicarsi alla loro passione, gli UFO. Nonostante questo, i parenti non l’hanno abbandonata e, ancora oggi, una volta al mese vanno a farle visita e a portarle cibo e provviste.

La coppia ovviamente non rifiuta il cibo, ma lo accetta con sospetto, facendolo testare prima ai gatti per assicurarsi che non sia avvelenato (vi assicuro che non è una storia che mi sto inventando!). Sono convinti che i proprietari del market vicino casa loro vogliano allargarsi a loro spese. Anatoly è convinto che siano stati loro a mandargli a fuoco la casa qualche anno fa. I pompieri per fortuna riuscirono a spegnere le fiamme e così scoprirono questi due strani personaggi che hanno deciso di “rifiutare la società”.

Ma la cosa che più ha lasciato tutti quanti di stucco è il loro aspetto. Perché? Semplicemente perché la coppia vive senza lavarsi e senza tagliarsi né barba né capelli da ben 16 anni. In aggiunta, lasciatemi dire che anche i loro vestiti non sono mai stati lavati: indossano lo stesso abito per anni, fino a quando questo non si logora irrimediabilmente.

Dieci anni fa, in seguito alla costruzione del market, i tubi dell’acqua della loro casa rimasero a secco, ma nessuno dei due chiamò un idraulico o un tecnico comunale per riparare il danno. Da allora i coniugi raccolgono l’acqua piovana e la usano per cucinare e bere. Hanno detto che l’acqua che riescono a raccogliere è sufficiente per sopravvivere, in quanto sono molto parsimoniosi nell’usarla. Già, non ho dubbi al riguardo…


Nella birra fino all’ultimo

C’è chi senza birra non può vivere e chi invece, è proprio il caso di dirlo, con la birra ci vorrebbe morire. Stiamo parlando di Bill Bramanti, della zona sud di Chicago, che secondo quanto riporta scritta la sua bara amerà per sempre la birra “Pabst Blue Ribbon”.

Bill infatti, si è appena fatto costruire un feretro su misura a forma di lattina di birra per testimoniare il suo amore per la mitica “bionda”.

Il disegno sulla cassa è opera di Scott Sign, che ha realizzato l’esterno per renderlo il più simile possibile ad una birra Ribbon, con i suoi caratteristici colori rosso, blu e bianco.

Mr. Bramanti ha però dichiarato che non intende utilizzare il suo prezioso oggetto in tempi prossimi. E vorrei ben vedere, dai…

Da poco Bill ha organizzato un sabato sera con gli amici riempiendo la sua “bellissima” bara di ghiaccio e birra a volontà, nell’attesa che venga svuotata e riempita diversamente. Ma senza fretta, voglio sperare.


Alla scoperta del mondo!

Un ragazzo tedesco di 13 anni, che per noia aveva preso in prestito l’auto della nonna, ha percorso 800 chilometri prima di essere ritrovato nei pressi di Parigi. Prima di mettersi al volante, Jan-Ole ha lasciato un messaggio alla famiglia: “Non preoccupatevi, ma è troppo noioso qui, vorrei scoprire un po’ il mondo”. Non preoccupatevi, facile a dirsi...

Abitante con i genitori a Ostrhauderfehn (nordovest della Germania), il ragazzo aveva previsto di arrivare a Denia, città spagnola dove aveva vissuto per due anni. Trentotto ore dopo la partenza e dopo aver percorso 800 chilometri, attraverso Amsterdam, Rotterdam, Bruxelles, il suo viaggio è finito alle porte di Parigi, a Estrees-Saint Denis. Jan-Ole a un distributore ha sbagliato pompa e ha messo diesel al posto della benzina. L’auto si è bloccata e il gestore ha chiamato la polizia.

Nel bagaglio il ragazzo aveva tra l’altro l’hard disk del proprio computer, perché nessuno potesse individuare l’itinerario che aveva studiato sul web. Follia giovanile o indomito spirito d’avventuriero?


Un abbraccio, GuruKonK.



Grazie a “Eddie Maiden” per la segnalazione!



Nell’immagine: Anatoly e Larisa Shakhovs, la coppia ucraina che non si lava da 16 anni.

mercoledì 25 giugno 2008

Un'orrenda somma


Continuano a crescere, in modo tragico, i bilanci delle due catastrofi che hanno colpito il mese scorso l’estremo oriente. Le ultime stime portano a 138’000 le vittime del ciclone Nargis, che ha devastato la Birmania il 2 maggio scorso, e a 80’000 i morti per il terremoto che ha fatto tremare la Cina esattamente dieci giorni dopo. Cifre che sommate arrivano quasi allo stesso, devastante bilancio dello tsunami che nel 2004 si abbatté sull’Oceano Indiano, uccidendo 220’000 persone.

Le ultime stime relative a Nargis in Birmania, aggravano di almeno 10’000 unità il precedente bilancio. Il ciclone, secondo quanto riferito dalla giunta militare, avrebbe ucciso oltre 84’000 persone mentre ancora 54’000 risultano tuttora disperse. I dati sono stati riferiti dal vice-ministro degli Esteri della giunta che ha preso il potere nel Paese, Kyaw Thu, nel corso di una riunione cui hanno partecipato rappresentanti del governo locale, delle Nazioni Unite e dell’Asean, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico di cui fa parte la stessa Birmania. I feriti sono circa 20’000. L’ONU stima che poco meno di due milioni e mezzo di sfollati e senzatetto necessitino con urgenza di aiuti, ma le restrizioni imposte dai militari birmani hanno finora rallentato pesantemente le operazioni di assistenza.

Anche in Cina, il terremoto del Sichuan ha provocato un disastro le cui dimensioni si rivelano sempre più gravi, giorno dopo giorno. Saranno 80’000 i morti, secondo le ultime previsioni fatte dal vice-premier cinese Hui Liangyu: al momento il bilancio è di 69’181 morti, con 374’171 feriti e 18’498 dispersi. Il terremoto che ha colpito il Paese il 12 maggio scorso è stato del grado 7,9 della scala Richter ed ha raso al suolo interi paesi intorno all’epicentro, individuato nella prefettura di Wenchuan.

GuruKonK



Fonte: agenzia stampa Reuters.



Nell’immagine: le conseguenze del terremoto che ha colpito la regione del Sichuan.

martedì 24 giugno 2008

La fine del Polo Nord


Ciao a tutti gli amici del Blog! Prima di cominciare il Post odierno mi voglio scusare con voi se non ho aggiornato queste pagine per ben due giorni. Purtroppo, come vi avevo già detto qualche tempo fa, la mia connessione internet è a dir poco “inusuale” e tende a fare i capricci. Spero davvero che non mi dia più problemi per un bel po’ di tempo, perché odio rimanere senza il web per vari giorni! Oggi affronteremo un tema che su questo Blog abbiamo già toccato in più di un occasione: il riscaldamento globale e le sue conseguenze sull’equilibrio della società umana.

Ormai per il completo scioglimento estivo del Polo Nord è scattato il conto alla rovescia. Il problema è che non sappiamo come funziona l’orologio che scandisce il battito del tempo che porta all’estinzione dell’orso polare e del suo mondo. Stando alle stime ufficiali che provengono dall’ambiguo “Intergovernmental Panel on Climate Change” servirebbero ancora dai 15 ai 20 anni per il totale scioglimento del Polo Nord. Ma ormai è una rincorsa tra calcoli sempre più pessimisti.

L’ultima, allarmata valutazione è dello staff tecnico (multidisciplinare) del “National Geographic”, che sta seguendo, con un gruppo di scienziati canadesi a bordo di un rompighiaccio, una missione scientifica in Artide. Secondo le valutazioni di questi ricercatori, i ghiacci che si trovano nelle immediate vicinanze del Polo Nord sarebbero molto giovani e dunque meno resistenti allo scioglimento: già al culmine di questa estate potremmo avere un Polo Nord libero dai ghiacci!

La previsione disegna lo scenario di un’accelerazione molto drastica e contrasta con la maggior parte delle analisi finora accreditate. Tuttavia il trend è ormai netto e indiscutibile. Dal 1979 il Polo Nord perde quasi l’1,9% dei ghiacci estivi all’anno e il ritmo di fusione sta continuamente accellerando. Anche nella parte occidentale dell’Antartide lo strato di ghiaccio si sta assottigliando di 6-7 metri ogni anno. E la Groenlandia perde 240 chilometri cubi di ghiaccio l’anno. Nel 1996 la perdita misurata era pari a 90 chilometri cubici per anno. Nel 2000, quindi dopo solo 4 anni, era già salito a 150. Ora, come detto, è arrivato addirittura a 240.

Questo dato, assolutamente allarmante, ha un valore di sintesi come sempre accade nei santuari dell’estremo freddo: ci sono aree in cui i ghiacciai continuano a crescere e altre in cui collassano. Ma quello che conta è l’effetto complessivo e questo effetto è ormai chiaro a tutti i ricercatori impegnati sul campo.

In sostanza l’eccezione che aveva meravigliato il mondo nel 2000, diventerà la regola. Nell’agosto di otto anni fa il rompighiaccio russo Yamal arrivò al Polo Nord e non trovò il ghiaccio. Il mitico passaggio di Nord Ovest era libero. Da allora, ogni estate il ritiro dei ghiacci è stato sempre più veloce. Per la scomparsa totale durante l’estate è solo questione di tempo. Forse molto poco tempo.

Un fenomeno che, come ormai è stato detto con chiarezza nell’ultimo rapporto Ipcc, va messo in relazione soprattutto con l’uso dei combustibili fossili che hanno alterato la composizione chimica dell’atmosfera. Il metano in poco più di due secoli è passato da una concentrazione di 715 parti per miliardo a 1’774. L’anidride carbonica nell’era preindustriale si misurava in 270-280 parti per milione: oggi sono già 485.

Arrivare al raddoppio dell’anidride carbonica, cioè a quota 550, comporterebbe un aumento della temperatura valutabile in 3 gradi centigradi. Si tratta di un traguardo disastroso per l’equilibrio degli ecosistemi su cui si basa la stabilità delle nostre società. E purtroppo è un traguardo ormai molto vicino.

GuruKonK



Fonte: sito web de “La Repubblica

sabato 21 giugno 2008

La clinica delle vergini


A due passi dagli Champs-Elysées, la clinica è uguale a tante altre dei bei quartieri parigini: palazzo ottocentesco, una certa signorilità senza ostentazione. E una clientela soprattutto femminile, angustiata dal proprio corpo: i seni, la cellulite, le rughe. Ma qui approdano anche tante ragazze musulmane che non cercano un decolleté da sogno o un sedere perfetto. Vengono a cercare, invece, una nuova verginità. Sì, avete capito bene. Chiedono di farsi ricucire l’imene per dare ai loro futuri mariti l’illusione di una “purezza”, rispettare tradizioni ancestrali ed evitare di essere additate come “poco di buono”. Salgono la bella scala, vanno al primo piano dove c'è il blocco operatorio, passano qualche ora al quarto, nelle camere in cui si riposano. Poi ripartono verso la loro vita, verso le anonime periferie, lontano dallo sfavillio dei quartieri ricchi della capitale.

Il caso del matrimonio annullato a Lille perché la sposa non era vergine, ha riportato alla luce un fenomeno che l’ordine professionale dei ginecologi osserva da tempo: “Ci chiedono certificati di verginità e riparazioni di imene. Non è un fenomeno massiccio e riguarda una minoranza di donne, ma non si era mai visto prima. L’integralismo, a quanto pare, progredisce”, dice il professor Jacques Lansac. E non sono donne con il velo a chiederlo, ma ragazze che hanno avuto una vita come quella delle loro coetanee di origine europea e che all’approssimarsi del matrimonio ricadono nelle tradizioni, nei ricatti delle famiglie, nell’assurdità di un uomo che vuole essere “il primo e l’unico”.

Alcune di loro ricorrono ai vecchi trucchi, come un pezzetto di fegato di vitello nascosto nella vagina, altre preferiscono alla pratica chiamata imenoplastica. E sono pronte a pagare i 3’000 euro richiesti: “La verginità è una grande ricchezza e non ha prezzo, anche se io me ne sono resa conto un po’ tardi”, dice una ragazza che si è fatta operare. Altre cercano prezzi più convenienti o chirurghi che accettano di far passare l’operazione sotto un’altra voce per farla rimborsare dal servizio sanitario. Oppure vanno nel Maghreb, dove questo tipo di interventi sono meno cari ma più rischiosi.

Il peso delle famiglie, raccontano sui siti internet tantissime ragazze musulmane, è spesso insopportabile, ma è difficile liberarsene: “Mia madre mi ha sempre ripetuto: se non vai bene a scuola, si potrà sempre far qualcosa, ma se perdi quella (la verginità, n.d.K.), non si può far niente. Non si può dare allo sposo una figlia sporca”. Discorsi che traumatizzano le ragazze, che a volte preferiscono praticare (udite udite) “l’amore da dietro”, come dicono sui Blog, piuttosto che perdere la verginità prima delle nozze: “Da noi non si scherza con queste cose”. Già, non si scherza davvero.

Nella “Clinique du Rond-Point des Champs-Elysées”, il dottor Marc Abecassis opera due o tre volte la settimana. Nel 1992 è stato uno dei primi a lanciarsi nella chirurgia del pene, da una decina d’anni si occupa anche delle donne: “All’inizio le richieste di imenoplastica erano sporadiche, da due o tre anni sono diventate regolari, soprattutto perché c’è più informazione”. Le sue pazienti hanno fra i 18 e i 35 anni e origini sociali diverse: studentesse, disoccupate, professoresse, ricercatrici. “Quando vengono da me hanno ragionato e riflettuto molto. Con noi parlano, possono confidarsi. Non mi piace far questo intervento, ma non voglio giudicare: queste donne sono disperate, e io voglio solo alleviare la loro sofferenza”. Non per dubitare della buona fede del dottor Abecassis, ma questi interventi portano comunque nelle sue tasche un bel gruzzoletto.

Dietro le porte, al quarto piano della clinica, si sfiorano per qualche ora due mondi lontani mille miglia: quello delle donne che vivono nell’esuberante edonismo occidentale e non esitano a far ricorso alla chirurgia estetica per sedurre. E quello delle ragazze che invece devono ridiventare illibate per fingere di essersi date a un solo uomo.

Due mondi non poi tanto diversi, secondo un ginecologo che opera nella periferia parigina: “Accettiamo di rifare i seni alle donne perché assomiglino alle bambole dei rotocalchi: perché non ricucire gli imeni? In entrambi i casi si tratta della sottomissione a un’ideologia, occidentale da un lato, musulmana dall’altro. Entrambe condannabili, per quanto mi riguarda”. Un atteggiamento, a quanto pare, condiviso da pochi dei suoi colleghi.

GuruKonK



Testimonianze raccolte sul sito web di “Le Parisien”



Nell’immagine: una bella veduta notturna degli Champs-Elysées

giovedì 19 giugno 2008

Uno spirito indomabile


Una donna tetraplegica ha iniziato il suo viaggio di circumnavigazione in solitario della Gran Bretagna a bordo di una nave che pilota lei stessa utilizzando il suo fiato e alcune cannucce. Hilary Lister, 36 anni, è in grado di controllare vele e timo­ne del suo yacht soffiando dentro o succhiando le cannucce. Il viaggio, che ha avuto inizio da Dover, durerà circa tre mesi. La Lister, che a causa di una malattia degenerativa che l’ha colpita ancora da bambina (a 15 anni era sulla sedia a rotelle) ora riesce a muovere soltanto la testa, la bocca e gli occhi, sarà seguita da un equipaggio a bordo di un’altra barca che la potrà assistere se ne dovesse avere bisogno.

Grazie alla sua barca a vela modificata la Lister è già entrata nel Guinness dei primati come la prima tetraplegica che ha attraversato la Manica e circumnavigato l’Isola di Wight.

Hilary Lister vive a Canterbury, dove cambia canali alla tv o risponde al telefono muovendo con la testa le leve di una centralina che controlla alcune funzioni dell’abitazione. Per la sua straordinaria impresa nautica, la donna usa un sistema che converte il suo fiato in segnali elettronici che controllano il timone, le vele e il sistema di navigazione GPS.

La malattia (distrofia simpatica riflessa) non le ha impedito di laurearsi in biochimica a Oxford. Quando doveva redigere delle tesine, le dettava stando sdraiata, mentre le venivano iniettati potenti antidolorifici. Ma la sua esistenza è drasticamente cambiata quando ha scoperto la vela, che le consentiva di navigare tra le onde, invece di stare a guardare il mondo dalla finestra della sua stanza.

Per me è la libertà totale” ha detto prima della partenza “vado sull’acqua, e improvvisamente la mia inabilità fisica non conta più”.

Su questa donna coraggiosa e sulla sua impresa si potrebbero dire molte cose, anche se personalmente mi sento un po’ frenato dalla paura di scivolare nei soliti luoghi comuni. Quindi, prima di concludere questo Post, mi limito ad esternare l’immensa ammirazione e il grande rispetto che provo nei confronti di questo spirito indomabile, nei confronti di una donna che grazie alla determinazione e alla voglia di vivere è riuscita a trascendere i limiti che un fato gravoso ha imposto al suo corpo.

GuruKonK



Fonte: “Agenzia Giornalistica Italiana” e “La Regione Ticino”.



Nell’immagine: Hilary Lister mentre comanda la sua barca a vela.

martedì 17 giugno 2008

La pomata dei miracoli


Una pomata a base dell’ormone femminile chiamato “estriolo” bloccherebbe la trasmissione del virus HIV negli uomini proteggendo l’epidermide del prepuzio e impedendo al virus di penetrare nelle cellule di Langerhans. Lo afferma uno studio pubblicato dalla rivista “PLoS ONE”. I ricercatori dell’University of Melbourne, coordinati da Roger V. Short, hanno scoperto che più alti sono i livelli di cheratina presenti nell’epidermide del prepuzio, meno probabile è il contagio da HIV, perché la cheratina funziona da barriera tra l’esterno e le cellule di Langerhans.

Spiega Short: “Le cellule di Langerhans sono come polpi che vivono nel nostro epitelio, e appena c’è un’infezione accorrono sul luogo dell’intrusione per ‘inglobare’ i microorganismi ostili. I virus HIV sono in grado di legarsi a recettori presenti sui ‘tentacoli’ delle cellule di langerhans, trasformandole da killer al servizio del nostro corpo a untrici che trasportano i virus nelle regioni dei linfonodi”.

L’uso di una pomata all’estriolo stimola drammaticamente la produzione di cheratina, con un effetto che dura fino a 5 giorni dall’applicazione. Secondo i ricercatori australiani la pomata potrebbe diventare una valida alternativa alla circoncisione, che si è rivelata una pratica capace di dimezzare i rischi di infezione da HIV.

Che tutto ciò sia il preludio ad una vera a e propria cura preventiva contro l’AIDS? Sinceramente lo spero, perché questo terribile morbo continua ad uccidere e a contagiare milioni di persone ogni anno.

Un caro saluto a tutti gli amici del Blog.

GuruKonK



Nell’immagine una cellula del virus HIV-1

domenica 15 giugno 2008

La giornata del vento


L’eolico avanza, lentamente ma avanza. Nel mondo, in Europa (pure in Italia) aumenta l’energia pulita prodotta con la forza del vento e, parallelamente, le bollette si fanno un po’ più leggere e si intacca meno il “serbatoio mondiale del petrolio”: nel 2007 un risparmio di 17 milioni di barili solo in Italia, secondo i dati dell’ANEV (l’Associazione Nazionale Energia del Vento) che raggruppa i produttori e gli operatori dell’eolico. Ma questi risultati non bastano, il settore potrebbe (e dovrebbe!) dare di più. E’ per questo che è stato istituito il “Wind Day”, la giornata europea del vento, che si celebra oggi, 15 giugno, in oltre venti Stati europei, tra cui l’Italia.

L’energia eolica è la fonte rinnovabile che cresce più rapidamente in termini di capacità installata. L’anno scorso è aumentata del 18% in Europa, del 28% in Italia e, a livello globale, il 2007 ha segnato uno storico sorpasso: dal punto di vista dei nuovi impianti l’eolico ha battuto il nucleare! Purtroppo lo scellerato annuncio del ministro Scajola, che ha di fatto rilanciato il nucleare in Italia, rischia di invertire questa virtuosa tendenza!

“Sfruttare l’energia eolica significa aiutare l’ambiente, ma anche aumentare la sicurezza energetica, ridurre la dipendenza dall'estero e la fluttuazione dei prezzi dell'energia”, spiega il segretario generale dell’ANEV, Simone Togni. Senza contare le ricadute positive sull’occupazione: secondo uno studio dell’associazione, entro il 2020 l’eolico porterà a oltre 50’000 nuovi posti di lavoro. “Non si tratta di fantascienza ma di dati concreti” dice Togni “visto che in Germania, il paese primo nel mondo per l’energia del vento, in 8 anni gli addetti al settore sono cresciuti di 380’000 unità”.

E’ ancora lontana dalla Germania, ma anche l’Italia negli ultimi anni ha fatto passi avanti nel campo dell’energia prodotta dal vento, con 2’943 impianti eolici distribuiti soprattutto nel Centro-Sud, che garantiscono oltre 2’700 megawatt di potenza. Il che copre circa l’1,4% del consumo interno lordo di energia elettrica.

Un miglioramento rispetto al passato, ma ancora poco in confronto alla “ventosissima” Danimarca. Infatti, se l’Italia nel 2007 ha prodotto 4,36 terawattora da fonte eolica (pari al consumo di 5 milioni di abitanti) lo stato nordico ne ha prodotti 6,6 ma destinati a una popolazione di appena cinque milioni e mezzo di persone. E in questo modo la potenza eolica di Copenhagen è riuscita a garantire il 20% del fabbisogno pubblico!

L’Italia è molto in ritardo rispetto agli altri paesi europei” continua Togni “basta guardare alla Germania che, prima in Europa con oltre 22 mila impianti, ogni anno installa più pale di quante non ne siano state installate da noi in 15 anni”. Altro esempio virtuoso che il Belpaese potrebbe seguire è quello dei “cugini” spagnoli. La Spagna nel marzo scorso ha stabilito un record energetico: con l’eolico ha coperto quasi la metà della domanda nazionale di elettricità, il 40,8%!

Ma che cosa rallenta lo sviluppo del settore in Italia? Secondo il segretario dell’ANEV, le colpe sono da ricercare nei troppi interessi politici ed economici, ma anche nell’eccesso di ostacoli burocratici. A mio parere, però, vi è anche una responsabilità giornalistica nell’immobilismo italiano in questo settore. Infatti, nell’opinione pubblica vige ancora la convinzione che l’eolico sia un settore in fase di studio e che non possieda ancora un’efficienza tale da poter sostituire i tradizionali sistemi di produzione elettrica. Forse, se i giornalisti facessero una corretta informazione in merito, sarebbe più facile trovare delle aperture politiche verso la tecnologia eolica. A questo proposito, “La Conferenza dei Servizi, che dovrebbe dare un parere sulla possibilità di realizzare un nuovo impianto entro 180 giorni, ci impiega da tre a cinque anni!”, precisa Togni. A casa mia questo si chiama bieco ostruzionismo, voi che ne dite?

Il “Wind Day” nasce proprio per dissipare dubbi e polemiche, oltre che per sensibilizzare politici, imprenditori e opinione pubblica. L’ANEV ha organizzato un weekend all’insegna di attività didattiche e ludiche in diverse regioni italiane: tra le varie iniziative figurano le regate a Ostia e sul lago di Garda, ma anche il nuovo “Open Day” negli impianti eolici a nord di Cagliari.

Sempre in Sardegna, si corre la Maratona eolica, una corsa che da Ulassai attraversa i “parchi del vento” fino a Nurri. Tutto ciò per ricordare che la Sardegna ha tutte le potenzialità per incrementare l’eolico. Attualmente produce 367 megawatt di potenza in 370 impianti, ma è meno di quello che riesce a incamerare la capofila delle Regioni italiane, la Puglia (658 impianti per 685 megawatt), o la Sicilia (631 “girandole a vento” e 583 megawatt) e la Campania (606 impianti, 519megawatt).

Il motto della maratona? “Fateci girare le pale”.

Un caro saluto, GuruKonK.


Fonte dei dati: Associazione Nazionale Energia del Vento


Grazie al sito web di La Repubblica!


Nell’immagine: uno splendido esempio di “impianto eolico offshore” in Danimarca.

venerdì 13 giugno 2008

Il Mystico Giudizio no. 17


Fielding Mellish è uno dei personaggi più buffi della cinematografia di Woody Allen. E’ il protagonista de “Il dittatore dello stato libero di Bananas”, un capolavoro di commedia che ha fatto scuola, come la maggior parte delle pellicole dell’occhialuto genio di Hollywood. Woody Allen non si considera affatto un attore. Dice che nei suoi film la sua presenza non è fondamentale. Glielo concediamo e ci mancherebbe altro! Ma insomma, come si potrebbero sostituire certe sue interpretazioni? In particolare quelle dei primi film girati dal regista negli anni ‘60 e ‘70: “Prendi i soldi e scappa”, “Zelig”, “Il dormiglione”, solo per citarne alcuni da affiancare a quello di cui vi parlo oggi.

Woody ci offre, nel suo quarto lungometraggio, una parodia dell’incandescente situazione vissuta in alcuni paesi dell’America Latina. Ebbene sì, fedele al credo dei grandi comici, ovvero che “si può ridere e scherzare su tutto”, sviluppa una commedia attorno ad avvenimenti politici storici che ricordano il rovesciamento del Governo cubano ad opera di Fidel Castro e dei suoi ribelli negli anni ’50 oppure l’ascesa al potere di Pinochet in Cile nel ’73 (da segnalare però che questo film di Woody Allen è del ’71). La dittatura cilena e la rivoluzione cubana sembrano mescolarsi, facendo da sfondo alla trama.

Fielding Mellish è un collaudatore newyorkese piuttosto insignificante. Testa avanguardistici sistemi ginnici da ufficio per manager indaffarati. Con le donne è una frana e i suoi colleghi lo prendono in giro. Un giorno, stufo della sua astinenza dalle femmine, decide di rifarsi con le riviste erotiche, ma risulta terribilmente impacciato al momento di acquistarle. Se ne va dal chiosco dopo aver collezionato una magra figura… Poco dopo nella metropolitana deve fare i conti con due teppisti (uno di loro è un giovanissimo Sylvester Stallone!) che importunano una vecchietta: se la cava con una serie di calci e pugni mentre l’anziana signora, comodamente seduta sul metrò, può ora rilassarsi e sfogliare le riviste pornografiche di Fielding. Poi lui rincasa e tenta di scaldarsi uno sdrucciolevole panetto di spinaci congelati, quando un’attivista suona al campanello del suo appartamento per chiedergli di firmare una petizione a sostegno dello stato di Bananas, il cui crudele regime dittatoriale gode dell’appoggio degli Stati Uniti. Lui coglie immediatamente la palla al balzo e ci prova spudoratamente. Gli riesce di conquistare la giovane, ma non a lungo e così lei finisce per scaricarlo. Allora Fielding decide di partire per un viaggio in Sud America. Si reca proprio a Bananas e lì inizia la sua grande avventura!

Innumerevoli le trovate bizzarre che arricchiscono l’avventura di Fielding Mellish, sia nella fase introduttiva del film negli Stati Uniti sia durante il suo soggiorno a Bananas. Forte è la tentazione di raccontarle tutte. Ma GuruKonK ed io abbiano apprezzato l’opportunità di godercele su schermo (così come Woody Allen le ha confezionate) senza che nessuno ce le abbia precedentemente descritte in un blog o in qualche scheda.

Il Mystico Giudizio: probabilmente molti di voi hanno già visto questo film e sanno di cosa parlo. Agli altri non posso che invidiare la possibilità di poterlo ancora scoprire, gustare e adorare come abbiamo fatto io ed il vostro Guru preferito!

MysteXX




Nell’immagine: Woody Allen con una tipica espressione da impavido guerrigliero.

mercoledì 11 giugno 2008

Le italiane e il sesso


Dopo avere per molti giorni dedicato il Blog ai cosiddetti “temi seri”, credo che sia giunto il momento di occuparci di qualche “frivolezza”. Tema del giorno? Le donne e il sesso. In questo ultimo decennio, le italiane hanno visto mutare (anche radicalmente) le proprie abitudini sessuali: le donne milanesi, ad esempio, amano fare sesso in luoghi insoliti, come in treno, in spiaggia o al cinema. Tuttavia le più intraprendenti sono al Centro-Sud: Napoli, Palermo, e Roma sono le città in cui le donne amano maggiormente prendere l’iniziativa e sono più disinibite. A rivelarlo è il sondaggio del “Club per Single Eliana Monti”, realizzato su un campione di duemila persone di età compresa tra i 18 e i 34 anni.

Le donne amano sempre più trasgredire e prendere l’iniziativa, ma allo stesso tempo vogliono compagni che sanno ciò che vogliono, lontani da un modello amletico. La sfera femminile chiede uomini veri che dopo chiacchiere e tenerezze, passino alle vie di fatto in modo maschio e deciso”, commenta Eliana Monti, titolare del club per cuori solitari più famoso d’Italia.

Secondo lo studio promosso dal “Club per Single Eliana Monti”, un’italiana su tre (38%) preferisce prendere l’iniziativa, con delle differenze nelle diverse città. I dati emersi dal sondaggio rivelano infatti che le più “impetuose” sono le donne del centro-sud: il 62% delle napoletane preferisce prendere l’iniziativa, seguite dalle palermitane (51%) e dalle romane (45%). Immagino che i maschietti che leggono questo Post staranno già prenotando le vacanze all’ombra del Vesuvio… Rifiuti o non rifiuti, Napoli ha sempre molte meraviglie da offrire!

Tuttavia, è nel Nord Italia che le donne sembrano essere più fantasiose. A Milano il 42% del campione ha dichiarato di gradire fare l’amore in luoghi inconsueti e in situazioni impreviste. A livello nazionale, invece, è mediamente meno di una donna su tre (29%) ad avere queste preferenze per “farlo strano”.

Secondo lo studio, poi, due italiane su dieci vorrebbe fare l’amore più spesso (altro che “scusa caro, ho mal di testa”) ed in merito alle preferenze “estetiche”, più della metà delle donne (57%) preferisce l’uomo con una barba un po’ incolta rispetto a quello con un look più pulito. Nell’uomo il senso dell’umorismo vince sull’estetica: per il 75% del gentil sesso, infatti, un uomo spiritoso e divertente ha maggiori chance di conquista rispetto a un uomo bello ma un po’ noioso.

Allora, le signore si riconoscono in questa indagine? E i maschietti hanno preso appunti? Scherzi a parte, vi invito come sempre a inviare le vostre impressioni e opinioni sull’argomento del giorno! Vi ringrazio di cuore per l’attenzione che dedicate a questo Blog e vi saluto con tutto l’affetto del mondo!

GuruKonK



Grazie a “Quotidiano.Net



Nell’immagine: “Afrodite” di Jules Joseph (Francia, 1834 – 1912)

lunedì 9 giugno 2008

Diritti: un anno nero


Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Anche oggi parleremo del tema (mai eccessivamente trattato) dei diritti globali. Il pretesto è davvero semplice: è stato presentato oggi a Roma, nella sede nazionale della CGIL, il “Rapporto sui diritti globali 2008”. Curato dalla “Associazione della Società dell’Informazione”, il Rapporto è un vasto progetto di monitoraggio e di analisi promosso da Cgil, Arci, Action Aid, Antigone, CNCA, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente. Nel Post di oggi, vi presento un breve riassunto delle questioni trattate dal rapporto finale.


Condizioni dei migranti

Alle frontiere dell’Unione Europea o degli Stati Uniti “il continuo aumento di controlli e di pratiche per contrastare i flussi di immigrazione illegale portano le organizzazioni criminali dei traffici di migranti a cercare sempre nuove vie e modalità, aumentando i rischi per i profughi, che sempre più spesso pagano con la vita. Il bollettino di guerra alle migrazioni alle porte della UE” sottolinea il Rapporto “è drammatico e crescente: almeno 1’960 morti nel 2007, dei quali 1’684 hanno perso la vita nelle acque del Mediterraneo e dell’Atlantico, per un totale complessivo di vittime delle migrazioni verso l’UE stimato in 15’000 negli ultimi 20 anni”.

Per quanto riguarda i centri nei quali gli immigrati vengono trattenuti, nella UE “i tempi di detenzione superano spesso i tre mesi e possono raggiungere i 20 mesi e più all’interno di strutture che, nella maggior parte dei casi, sono inadeguate e riciclate ed hanno tra l’altro condizioni materiali ed igieniche insufficienti”.


Infortuni sul lavoro

Le strutture cardine del sistema sicurezza italiano” hanno mostrato, per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, “tutta la loro interna corrosione: si viaggia ad un ritmo di ben oltre 1’000 morti sul lavoro e più di 900.000 infortuni all’anno”. I relatori del Rapporto sui diritti globali 2008 tengono inoltre a precisare che “si tratta delle cifre ufficiali fornite dall’INAIL, senza contare i casi di infortuni anche mortali e gravi che si annidano nel lavoro sommerso ed irregolare, invisibili per definizione alle statistiche ufficiali”.

Sotto il profilo normativo, “pur introducendo norme positive ed ampiamente condivisibili, la legge 123/2007 non ha sciolto i nodi irrisolti del sistema di governo della sicurezza. Per molti versi, anzi, ne ha accentuato i limiti laddove ha insistito sulla definizione di profili sanzionatori più severi senza ricondurli a strategie di prevenzione e governo più elastiche, articolate ed incisive”. Personalmente credo di aver capito che (sulla carta) la lotta alle cosiddette “morti bianche” è una priorità per tutte le forze politiche. Purtroppo quando i buoni propositi devono essere applicati tramite misure concrete, tutto si arena in assurde procedure burocratiche e in una oramai cronica mancanza di fondi.

In un panorama così critico non mancano però elementi e spunti positivi”, che vanno dalle “campagne di comunicazione sociale sulla prevenzione e sulla sicurezza alle proposte che tendono al ridisegno sostanziale della vigente normativa”.


Guerre e armamenti

All’inizio del 2008 si contavano 26 conflitti in corso nel mondo, mentre la spesa militare mondiale ha superato i 1’200 miliardi di dollari l’anno (sì, avete letto bene!). Delle 26 guerre, 11 sono in Asia, 10 in Africa, 3 in Medio Oriente, 1 in America Latina e 1 in Europa, nota il rapporto, secondo il quale “il mondo è troppo instabile per essere gestito con le strategie adottate in questi ultimi anni”. “La risposta data dall’amministrazione Bush agli attentati dell’11 settembre 2001 è stata infatti quella auspicata da chi ha progettato l’attacco agli USA: creare una spirale guerra-terrorismo”, afferma il documento, riferendosi alla politica adottata dagli Stati Uniti, che ha finito per rendere il mondo un posto più instabile e pericoloso.

Per oggi credo di aver messo abbastanza “carne al fuoco”. Come sempre resto in attesa delle vostre riflessioni in merito ai temi trattati dal Post odierno. Vi ringrazio di cuore per l’affetto che dimostrate a questo Blog e vi do appuntamento a domani.

Un abbraccio, GuruKonK.



Elenco dei link:

Arci (Associazione di promozione sociale)

Action Aid (aiuti in prima linea)

Associazione Antigone

Confederazione Generale Italiana del Lavoro

Coordinamento Nazionale Comunità d’Accoglienza

Forum Ambientalista

Gruppo Abele

Legambiente



Nell’immagine: un drammatico sbarco di clandestini sulle coste italiane.

sabato 7 giugno 2008

No al nucleare!


Petrolio alle stelle? Voglia di nucleare? Ritorno al carbone? Fonti rinnovabili? Andiamo a lezione di energia da un docente d’eccezione come Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica: a Ginevra, dove ha sede il Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Qui, a cavallo della frontiera franco-svizzera, nel più grande laboratorio del mondo, il professore s’è ritirato a studiare e lavorare, dopo l’indegna estromissione dalla presidenza dell’Enea, l’Ente Nazionale italiano per l’Energia, avviluppato dalle pastoie della burocrazia e della politica romana.

Da qualche mese, Rubbia è stato nominato presidente di una task-force per la promozione e la diffusione delle nuove fonti rinnovabili, “con particolare riferimento” come si legge nel decreto dell’ex ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanioal solare termodinamico ad alta concentrazione”. Un progetto affascinante, a cui il premio Nobel si è dedicato intensamente in questi ultimi anni, che si richiama agli specchi ustori di Archimede per catturare l’energia infinita del sole, come lo specchio concavo usato tuttora per accendere la fiaccola olimpica. E proprio in questi giorni, arriva da Roma la notizia che il governo uscente, su iniziativa dello stesso ex ministro dell’Ambiente e d’intesa con quello dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha approvato in extremis un piano nazionale per avviare anche in Italia questa rivoluzione energetica.

Prima di rispondere alle domande dell’intervistatore, da buon maestro Rubbia inizia la sua lezione con un prologo introduttivo. E mette subito le carte in tavola, con tanto di dati, grafici e tabelle.

Il primo documento che il professore squaderna preoccupato sul tavolo è un rapporto dell’Energy Watch Group, istituito da un gruppo di parlamentari tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti, come osservatori indipendenti. Contiene un confronto impietoso con le previsioni elaborate finora dagli esperti della IEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia. Un “outlook”, come si dice in gergo, sull’andamento del prezzo del petrolio e sulla produzione di energia a livello mondiale. Balzano agli occhi i clamorosi scostamenti tra ciò che era stato previsto e la cruda realtà.

Dalla fine degli anni ‘90 a oggi, la forbice tra l’outlook della IEA e l’effettiva dinamica del prezzo del petrolio è andata sempre più allargandosi, nonostante tutte le correzioni apportate dall’Agenzia nel corso del tempo. In pratica, dal 2000 in poi, l’oro nero s'è impennato fino a sfondare la quota di cento dollari al barile, mentre sulla carta le previsioni al 2030 continuavano imperterrite a salire progressivamente di circa dieci dollari di anno in anno. “Il messaggio dell’Agenzia” si legge a pagina 71 del rapporto tedesco “lancia un falso segnale agli uomini politici, all'industria e ai consumatori, senza dimenticare i mass media. Dicendo che il prezzo del petrolio sarebbe aumentato di soli 10 dollari all’anno, ha spinto i governi verso politiche del tutto errate”.

Analogo discorso per la produzione mondiale di petrolio. Mentre la IEA prevede che questa possa continuare a crescere da qui al 2025, lo scenario dell’Energy Watch Group annuncia invece un calo in tutte le aree del pianeta: in totale, 40 milioni di barili contro i 120 pronosticati dall’Agenzia. E anche qui, “i risultati per lo scenario peggiore” scrivono i tedeschi “sono molto vicini ai risultati dell'EWG: al momento, guardando allo sviluppo attuale, sembra che questi siano i più realistici”. C’è stata, insomma, una ingannevole sottovalutazione dell’andamento del prezzo e c’è una sopravvalutazione altrettanto insidiosa della capacità produttiva. In questo senso i risultati sono potenzialmente devastanti!

Passiamo all’uranio, il combustibile principe per la produzione dell’energia nucleare. In un altro studio specifico elaborato dall’Energy Watch Group, si documenta che fino all’epoca della “guerra fredda” la domanda e la produzione sono salite in parallelo, per effetto delle riserve accumulate a scopi militari. Dal ‘90 in poi, invece, la domanda ha continuato a crescere mentre ora la produzione tende a calare per mancanza di materia prima. Anche in questo caso, come dimostra un grafico riassuntivo, le previsioni della IEA sulla produzione di energia nucleare si sono fortemente discostate dalla realtà.

Che cosa significa tutto questo, professor Rubbia? Qual è, dunque, la sua visione sul futuro dell’energia?
Significa che non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l’uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni, come del resto anche l’oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra”.

Eppure, dagli Stati Uniti all’Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c'è una gran voglia di nucleare. Anzi, si tratta di una vera e propria corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano tutti?
Sa quando è stato costruito l’ultimo reattore nucleare negli USA? Nel 1979, trent’anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20% del totale! Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l’arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l’uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie”.

Ma non si parla ormai di “nucleare sicuro”? Quale è la sua opinione in proposito?
Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo”.

In che cosa consiste?
Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile”.

Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?
E’ già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia”.

Ora c’è anche il cosiddetto “carbone pulito”. La Gran Bretagna di Gordon Brown ha riaperto le sue miniere e negli USA anche Hillary Clinton s’è detta favorevole...
Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell’umanità! Ma non si risolve il problema nascondendo l’anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30’000 anni, contro i 22’000 del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso”.

E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l’uranio ed escluso il carbone, quale può essere a suo avviso l’alternativa?
Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell’elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in serie e in gran quantità”.

Ma noi, in Italia e in Europa, non abbiamo i deserti...
E che vuol dire? Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare poi l’energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano che l’uva arrivava da Cartagine... Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l’energia necessaria all’intero pianeta. E un’area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto “sun-belt”. Per rifornire di elettricità un terzo dell’Italia, un’area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma”.

Il sole, però, non c’è sempre e invece l’energia occorre di giorno e di notte, d’estate e d’inverno.
D’accordo. E infatti, i nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l’energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l’acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente”.

Se è così semplice, perché allora non si fa?
Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com’è accaduto del resto per il computer vent’anni fa”.


Per oggi terminiamo qui. L’argomento è complicato, ne sono cosciente, ma sono altresì certo che le parole del professor Rubbia siano riuscite a chiarirci un po’ le idee sul futuro dell’energia. Vi ringrazio di cuore per l’attenzione che, anche oggi, avete dedicato a questo Blog.

Con affetto, GuruKonK.



Intervista al professor Rubbia a cura di Giovanni Valentini.



Nell’immagine: Carlo Rubbia in un disegno di Riccardo Mannelli.

giovedì 5 giugno 2008

...e poi arrivò l’uomo


Uno dei motivi per cui la Nuova Zelanda è una terra quasi vergine e incontaminata è semplice: l’uomo l’ha scoperta tardi. E per uomo non si intende in questo caso un uomo occidentale (il primo della serie fu l’olandese Abel Tasman nel 1642), ma un uomo tout court. Nella fattispecie, il primo essere umano ad essere sbarcato sull’arcipelago fu un maori, ma la scoperta della “Nuova Terra” avvenne solo intorno al 1300 d.c.. Questo è il risultato di uno studio durato cinque anni e condotto da un team di ricerca internazionale capeggiato dalla dottoressa Janet Wilmshurst, che smentisce le conclusioni precedentemente raggiunte da un analogo studio (pubblicato sulla rivista “Nature” nel 1996) che datava l’arrivo dell'uomo in Nuova Zelanda al 200 a.c.. Lo studio è stato pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

Al centro dell’indagine investigativa sull’avvento degli esseri umani c’è il “Topo del Pacifico” (Rattus exulans), roditore non indigeno dell’arcipelago e probabilmente insediatosi nell’isola a duemila chilometri a sud dell’Australia, approfittando di un passaggio a bordo delle canoe maori. I ricercatori hanno analizzato alcuni resti fossili col “metodo del carbonio 14” e hanno scoperto che i resti più antichi del topo del Pacifico e dei semi mangiucchiati da questo roditore non risalgano a prima del 1280 d.c.. Le conclusioni dello studio confermano la tradizione orale dell’antico popolo maori che indica nel periodo intorno al 1300 la scoperta delle isole. Per la serie “la saggezza popolare non sbaglia mai”!

Doveva essere un vero paradiso terrestre la Nuova Zelanda deserta dagli umani e dai topi. E in parte lo è ancora (grazie anche alla bassissima densità di popolazione, naturalmente) anche se, da quando un piede umano ha toccato il suolo neozelandese sono iniziati i problemi per il territorio. Anche perché con gli uomini arrivarono anche i primi animali da allevamento e domestici e le prime piante d’importazione. Flora e fauna indigene, con caratteristiche uniche sul pianeta (tra cui l’assenza totale di predatori) sono state da allora pesantemente minacciate, con l’estinzione di specie autoctone come i molti uccelli sterminati dai mammiferi importati.

L’emergenza che attualmente flagella l’ecosistema neozelandese è quella degli Opossum: importati dagli anglosassoni nella speranza di alimentare la nascente industria delle pellicce e poi scappati dai recinti, si sono riprodotti in quantità preoccupante (oggi se ne contano 70 milioni di esemplari!), hanno già contribuito all'estinzione di quasi 1400 specie di uccelli e minacciano pure l’animale totem delle isole: il Kiwi. Ora la campagna di sterminio dell’opossum invasore è in corso, ma ripristinare l’equilibrio faunistico non è semplice: una volta alterato è difficile tornare indietro. All’ecosistema dell’isola sarebbe andata meglio se le canoe dei maori prima, e le imbarcazioni degli olandesi poi, si fossero perse per altre rotte…

Insomma, la Nuova Zelanda era un vero e proprio Paradiso in terra, poi arrivò l’uomo…

Un abbraccio, GuruKonK.



Grazie a G.De Palma!



Nell’immagine: il Kiwi, animale simbolo della Nuova Zelanda.

mercoledì 4 giugno 2008

La verità su Tiananmen


Dissidenti e attivisti per i diritti umani hanno chiesto alle autorità cinesi di dire la verità sui fatti di piazza Tiananmen e di liberare le persone ancora detenute nel 19esimo anniversario della repressione del movimento democratico degli studenti. La scadenza del “6.4”, come viene chiamata dai cinesi, quest’anno si è svolta in sordina, stretta fra le severe misure di sicurezza varate in vista delle Olimpiadi di agosto e il lutto nazionale per il terremoto del Sichuan.

Ding Zilin, 63 anni, fondatrice dell'associazione delle “Madri di Tiananmen”, ha dichiarato di sentirsi “incoraggiata dalla reazione popolare alla devastazione del terremoto” (le vittime sono stimate tra 70mila e 100mila), nella quale “i cinesi hanno mostrato amore e rispetto per la vita umana” indicando che “esiste una concreta speranza per un futuro migliore”. Personamente lo spero davvero.

Le “Madri di Tiananmen” hanno rinunciato quest’anno a diffondere la loro consueta lettera aperta alle autorità cinesi, ma nel nuovo sito web creato per l’occasione, hanno chiesto loro di dire quante furono le vittime dello scriteriato intervento militare contro gli studenti che occupavano la piazza centrale di Pechino. Invocare il “segreto di Stato” come ha fatto fino ad oggi il governo, affermano le Madri, non ha alcun fondamento legislativo e Pechino dovrebbe compiere un atto di coraggio e di responsabilità verso le vittime e le loro famiglie!

I fatti del 1989 portarono alla caduta del segretario comunista Zhao Ziyang che aveva, però, disapprovato l’intervento dell’esercito. In seguito furono bollati come un moto anti-rivoluzionario dal Partito Comunista Cinese e le “Madri” stesse hanno identificato 189 vittime della repressione, tra cui 71 studenti. Secondo le dichiarazioni informali di alcune delle persone che allora avevano la responsabilità dell’ordine pubblico nella capitale, ricordano le “Madri”, sarebbero morte in tutto 200 persone, per la maggior parte militari, e tra le quali c'erano “solo” 36 studenti.

Ieri, il gruppo umanitario di Hong Kong “Centro per l’informazione sui diritti umani e la democrazia”, animato dal reduce di Tiananmen Frank Lu, ha citato un testimone secondo il quale Yang Shangkun, che allora era il vicepresidente della Repubblica Popolare Cinese e che fu favorevole all’intervento militare, avrebbe affermato che le vittime furono circa 600. Nel corso degli anni, gli analisti hanno usato con frequenza l' espressione “centinaia, forse migliaia di morti”.

Sul loro sito, le “Madri di Tiananmen” hanno pubblicato anche una mappa dei luoghi nei quali i militari spararono sulla folla. Molte delle violenze, infatti, avvennero prima che i soldati arrivassero sulla piazza occupata dai giovani. I militari venivano da fuori Pechino e centinaia di persone solidali con gli studenti cercarono di fermarli prima che raggiungessero Tiananmen.

Molti non sanno che circa 130 persone sono ancora in carcere per aver partecipato alla protesta di piazza Tiananmen del 1989. La “Human Rights Watch”, gruppo per la difesa dei diritti umani che ha sede a New York, ha chiesto che il regime cinese rilasci questi detenuti come prova dell’impegno promesso verso la tutela dei diritti dell’uomo in vista dei Giochi Olimpici di Pechino.

Il governo cinese dovrebbe mostrare al pubblico delle Olimpiadi la sua serietà verso i diritti umani rilasciano i detenuti di Tiananmen”, ha detto durante una conferenza stampa Sophie Richardson, vice-direttore del gruppo in Asia.

Le speranza che questo avvenga in tempi brevi mi sembra, purtroppo, una pia illusione. I governi cinesi che si sono succeduti dal 1989 ad oggi, hanno tutti preferito tenere un basso profilo al riguardo, utilizzando una strategia mediatica molto apprezzata dai regimi totalitari di tutto il globo: se nessuno ne parla, l’evento verrà presto dimenticato dalla maggioranza dei cittadini. Tutto ciò avrebbe pure potuto funzionare (e in parte l’ha fatto) ma se nel 2008 stiamo ancora ricordando quella strage lo dobbiamo proprio alle “Madri di Tiananmen”! Grazie al loro impegno, al loro coraggio e alla loro determinazione, le vittime di quella terribile giornata non saranno mai dimenticate!

Per oggi terminiamo qui. Vi ringrazio per l’attenzione che vorrete dedicare a questo argomento e vi invito, qualora lo vogliate, a visitare i vari link proposti nel testo, in modo da poter approfondire il ricordo della vittime di piazza Tiananmen.

Con affetto, GuruKonK.



Traduzioni dal sito web delle “Madri di Tiananmen” by RaiNews24



Nell’immagine: il manifestante che blocca la colonna di carri armati, il simbolo della protesta di piazza Tiananmen.

lunedì 2 giugno 2008

Il buono degli insetti


In Oriente e in America latina non è una novità, né tantomeno urta la sensibilità della popolazione: “Mangiare gli insetti fa molto bene alla salute!”. A dirlo sono alcuni specialisti degli Stati Uniti, che vedono in cavallette, formiche, vespe e maggiolini un'importante risorsa alimentare. Soprattutto adesso, in epoca di caro-cibo e crisi ambientale. Conferma di ciò arriverebbe da un gruppo di ricercatori dell'Ohio.

Gli insetti sono gli animali più preziosi, sottoutilizzati e prelibati del mondo”, assicura in sintonia con i colleghi dell'Ohio il naturalista americano David George Gordon sulle pagine del domenicale londinese “Independent on Sunday”. Secondo il giornale persino la FAO si interessa attivamente degli insetti come fonte nutritiva e nei mesi scorsi ha organizzato “una speciale conferenza per illustrare i benefici dell'entomofagia”.

Chi si mangia il ragno, la tenaglia o lo scorpione si tiene sano perché così facendo ingurgita molte proteine e molti altri nutrienti essenziale. Rispetto alle carni tradizionali assimila molto meno grasso insaturo e rischia meno sul versante del colesterolo”, si legge nello studio.

Benefici potenziali ce ne sono anche per il pianeta: un massiccio consumo di insetti ridurrebbe infatti la necessità dei pesticidi e non peserebbe sull'ambiente come invece fa la tradizionale industria della carne.

Personalmente vi confido che qualche anno fa ho avuto la possibilità di degustare alcune di queste singolari specialità culinarie. Ho un buon ricordo soprattutto delle “cavallette fritte”, che con un po’ di ketchup sono davvero squisite! In generale, però, trovo che gli insetti non abbiano un potente sapore proprio e che tendano perciò ad “assorbire” il gusto dei vari condimenti.

Per oggi finiamo qui. Invito i più “avventurosi” tra di voi a sperimentare questo tipo di alimentazione, in modo da poterci (eventualmente) scambiare qualche nuova ricetta…

Un abbraccio, GuruKonK.



Fonte: TGcom



Nell’immagine: un particolare di una cavalletta.

domenica 1 giugno 2008

Ordinarie follie (ediz. 13.08)


Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Dopo qualche tempo d’attesa, torneremo ad occuparci delle schegge di pazzia che circolano per il mondo, con una delle rubriche da voi preferite: “Ordinarie follie”! Oggi parleremo di Robert Rubio, un appassionato di “piercing”, che per battere un record se ne è fatti impiantare ben 900 in un singolo giorno! Poi vi presenterò due individui decisamente sfortunati, morsi rispettivamente da un serpente velenoso e da uno squalo, entrambi in contesti “domestici”… Continuate a leggere questo Post, scoprirete qualcosa di davvero bizzarro…


Un record doloroso

La scommessa di Tyson Turk (tatuatore texano) e Robert Rubio (appassionato di “body art”), entrambi intenzionati ad entrare nel “Guinness dei primati”, è di quelle che non passano certo inosservate! Robert, infatti, si è offerto per battere un record tanto incredibile quanto doloroso, farsi inserire 900 piercing in un solo giorno.

Sarà un po’ doloroso” ha confidato Robert quando si è steso sul lettino “ma il dolore è tutta una questione mentale, basta sopprimerlo”. Così ha trovato un modo originale per festeggiare i suoi 37 anni. “Volevo diventare qualcuno nella vita” ha raccontato “e così ho deciso di battere il record del maggior numero di piercing infilati in un solo giorno”.

Il primato precedente apparteneva all’americano Benjamin Drucker, al quale erano stati inseriti 745 aghi. Così Rubio ha chiesto a Tyson del “Dream Tattoo” di Arlington (Texas) di aiutarlo a battere il record, e il tatuatore non si è lasciato sfuggire l’occasione, aggiungendo anzi: “Sono un grande professionista e potrei farlo anche ad occhi chiusi!”.

Durante il tentativo di record erano presenti anche dai paramedici per controllare che il battito cardiaco di Robert rimanesse costante e che non ci fossero problemi per la sua salute, ma per fortuna il corpo del fresco “recordman” ha reagito egregiamente.

Prima di festeggiare l’impresa (e il compleanno) di Robert, c’è stato un conteggio ufficiale di tutti i piercing per archiviare definitivamente il singolare primato. Per concludere, ogni ago è stato accuratamente rimosso e le ferite disinfettate. Il commento finale di Rubio è stato: “Ve l’avevo detto che i sogni diventano realtà e il prossimo è Disneyland”. Già, come no… Non vorrei che tutta l’operazione abbia causato a Mr. Rubio qualche danno neurologico…


Un morso intimo

In Australia è costato caro ad un turista il bisogno impellente di recarsi alla toilette. L’uomo, che era stato chiamato a rispondere ai propri bisogni naturali, è stato morso da un serpente velenoso mentre si trovava seduto sul WC. Provate ad indovinare dove? Sì, esatto, proprio sul pene!

Il poveraccio si era recato in una toilette di un bar vicino a Laura (non è una donna ma una città del Queensland) ed è stato morso da un “serpente marrone australiano” che gli si era infilato tra le gambe. Fortunatamente il turista, nonostante il rettile gli avesse lasciato il segno dei denti sul suo “arnese”, non è stato avvelenato.

I soccorritori che sono giunti sul posto hanno detto che il serpente ha sicuramente “soffiato”, ma non è riuscito ad avvelenare il soggetto con il proprio morso. I paramedici hanno fatto tutto il possibile affinché non ci fosse diffusione di veleno nel sangue, isolando anche con dei lacci emostatici il pene, anche se poi i successivi test hanno confermato che non c’era presenza di veleno nel sangue del malcapitato.

Leggendo questa notizia mi sono chiesto, forse un po’ maliziosamente, se qualcuno tra i soccorritori abbia succhiato il sangue per estrarre il veleno, come si vede spesso nei film… La mia domanda non ha trovato nessuna risposta.

Il protagonista dell’incidente ha dichiarato, non senza imbarazzo, che non è stata sicuramente un’esperienza positiva (e vorrei ben vedere…) ma che comunque si sente fortunato per non aver subito nessuna grave conseguenza. Fortuna o sfortuna, come sempre, decidetelo voi…


A letto con lo squalo!

Chiunque sia rimasto vittima dell’attacco di uno squalo viene considerato sfortunato, ma cosa si può dire di chi è stato morso da uno squalo a casa sua? E’ quello che è successo a Sam Hawthorne, un ragazzo fortunatamente sopravvissuto dopo essere stato morso da uno squalo mentre si trovava nel proprio letto.

Per correttezza vi devo confessare che c’è il “trucco”: il ragazzo si trovava nella sua stanza dove era appeso lo scheletro della testa di uno squalo, esposto come souvenir turistico. Sul buongusto della cosa preferisco sorvolare…

La madre ha trovato il figlio di 14 anni con i denti dell’animale conficcati nella guancia e con il sangue che usciva copioso. “Sembrava fosse appena uscito da un film horror” ha detto la donna, dimostrando così di non aver mai visto i film horror che recensisce il grande MysteXX...

Sam è stato colpito proprio nel bel mezzo della notte, mentre tutti quanti in casa Hawthorne dormivano tranquillamente. La madre di Sam è stata svegliata dalle urla del figlio, ma è arrivata troppo tardi per uccidere l’animale, che era già morto da chissà quanto tempo. I denti sono rimasti conficcati nella pelle di Sam per almeno 30 minuti causando un dolore atroce al povero ragazzo.

Con l’arrivo sei paramedici tutto si è risolto per il meglio e il ragazzo se l’è cavata con una notte in ospedale, un paio di punti di sutura e un grande spavento. Da notare che una volta rientrato a casa Sam ha chiesto hai suoi genitori di appendere nuovamente lo squalo sopra il letto. Al momento non si sa ancora se mamma e papà abbiamo accontentato il ragazzo…


A domani per un nuovo Post!

Con affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: le mascelle di un “Carcharodon Megalodon”, lo squalo più grande che abbia mai solcato i mari del nostro pianeta!