venerdì 30 novembre 2007

Porno al figlio di 4 anni


Qualche giorno fa una notizia mi aveva davvero colpito, anche senza sorprendermi. Si trattava di una sentenza in Corte d’Appello, che condannava un uomo con l’accusa di aver mostrato al figlio di 4 anni materiale pornografico. Lo scopo di questo individuo era quello di ispirare nel bimbo un ideale della donna limitato a mero oggetto sessuale. Nel post di ieri abbiamo toccato, con un banale pretesto, i temi dell’erotismo e della pornografia. Oggi ho pensato di dare una sorta di continuità ai dibattiti attraverso il racconto questa squallida storia.

Non si può educare un figlio attraverso un modello basato sul concetto di donna-oggetto, passiva ai desideri sessuali del maschio”. E' questa la motivazione di una sentenza emessa dalla Corte d'Appello di L'Aquila, che ha condannato un padre che aveva istigato il figlio di quattro anni al culto del "machismo". La sentenza, depositata il 20 novembre scorso, ribalta una precedente assoluzione del tribunale di Pescara e spiega che "la donna non può essere soggetto meramente complementare e subordinato nella vita dell'uomo, strumento di mero piacere e di sfogo sessuale".

La storia, inserita in una separazione coniugale tra un aquilano e una pescarese, risale a 13 anni fa e come ha spiegato all'agenzia Ansa il consigliere in Corte a L'Aquila e estensore della sentenza Aldo Manfredi "é travagliata, dura, per certi aspetti ricorda le vicende di Rignano Flaminio vicino Roma: il bimbo, che oggi ha 17 anni, fu sentito 10 volte dagli inquirenti e dagli psicologi". Il padre è stato condannato perché mostrava al figlio di quattro anni film porno, arrivando persino a dire al piccolo che "alle donne bisogna toccargli il sedere e le tette". Il bimbo, poi, parlava con linguaggio volgare e palpeggiava davvero le donne che incontrava; inoltre il padre insisteva nello spiegarli la pratica della masturbazione.

"Parlare di machismo è enfatizzare - dice il consigliere Manfredi, già Gip a Teramo - ma abbiamo voluto stabilire che non sono accettabili certi comportamenti sessualizzati, che impongono mentalità devianti: è vera corruzione di minore e si tratta di maltrattamento in famiglia. Insomma, è una vessazione morale da condannare". Il padre non andrà in carcere perché il reato è prescritto, ma la Corte lo ha comunque condannato al risarcimento civile dei danni. "Il tribunale di Pescara aveva assolto il genitore perché non aveva riscontrato sul figlio violenze sessuali ai suoi danni - ha spiegato il magistrato della Corte d'Appello - la nostra sentenza stabilisce che non si può educare un figlio attraverso un bombardamento sessuale, né nel linguaggio, né nei comportamenti: questo ha rilevanza penale".

Personalmente, mi piacerebbe molto conoscere i vostri pensieri su questi temi. Secondo me non c’è da commentare unicamente il comportamento del padre, ma anche la reticenza della madre ad intervenire rapidamente. Infatti, la donna ha aspettato che si aprisse la pratica di separazione per raccontare l’accaduto, usandolo poi come arma giudiziaria per ottenere di più dal marito. Forse, per amore del figlio, poteva intervenire immediatamente per far cessare questi riprovevoli maltrattamenti psicologici. Un altro tema è la lentezza della giustizia, che ha permesso la prescrizione del reato e fatto in modo che atti penalmente rivelanti siano stati puniti unicamente con un semplice risarcimento in sede civile.

Domani il Blog toccherà argomenti decisamente più leggeri. Infatti avrà inizio una nuova rubrica dal titolo “Il Mystico Giudizio”, nella quale un mio amico fraterno (che è anche uno stimato professionista della comunicazione) recensirà i film che guardiamo insieme, nelle nostre goliardiche serate. Vi posso anticipare che si parlerà di divertenti B-Movie, ma anche di molte pellicole di qualità. Spero proprio che apprezzerete questa nuova iniziativa a cura di MysteXX.

A domani.

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Immagine tratta da Fantasy Gif

giovedì 29 novembre 2007

La migliore delle agonie


Ciao a tutti! Oggi la mia connessione internet ha fatto i capricci per tutta la giornata e non ho potuto inserire il post che volevo. Sono cose che succedono, di sicuro domani sarò più fortunato. Tuttavia non tutto il male viene per nuocere, infatti, mentre imprecavo contro la malasorte, alla radio hanno presentato un "nuovo" sito internet davvero particolare. Per questo, ora che la connessione è stata ripristinata, mi permetto di segnalarvi Beautiful Agony.

Questo sito basa la propria attività sui video che gli utenti registrati possono caricare dai loro computer. Un altro YouTube pensate? Sbagliato, la particolarità di Beautiful Agony (bella agonia, in italiano) risiede nel tipo di video che si possono caricare: solo visi di uomini o donne durante un orgasmo!

Le uniche restrizioni riguardano la qualità delle riprese (vengono accettati unicamente video di alta qualità) e il fatto che i protagonisti possono essere mostrati solo in primo piano.

Insomma, la regola che vieta le nudità permette a questo progetto di distanziarsi completamente dalle migliaia di siti porno (tutti uguali) che da tempo ammorbano internet.

Se la cosa vi incuriosisce cliccate su Beautiful Agony, iscrivetevi e navigate tra centinaia di volti che, almeno in quella occasione, sembrano divertirsi molto più di me…

A domani, con un post un po’ più articolato.

mercoledì 28 novembre 2007

McGyver, l'uomo attrezzo


Angus McGyver è un mito degli anni ’80. Non importa se la serie TV, interpretata da Richard Dean Anderson, vi sia piaciuta oppure l’avete detestata, lui resta comunque un mito. Lo dimostra il fatto che, a 20 anni di distanza dalle riprese, la serie TV venga regolarmente riproposta in decine di Paesi nel mondo. La leggenda di McGyver ha fatto fiorire un’infinità di divertenti “Facts” e si sussurra addirittura che “sia nato da un’incestuosa relazione tra uno “Swiss Army Knife” e una cassetta degli attrezzi…

Non deve sorprendere il fatto che Internet offra un enorme materiale comico sul buon Mac; anzi, forse ci sono più pagine dedicate a lui che ad un altro personaggio televisivo che abbiamo recentemente maltrattato su questo blog: Chuck Norris!

Qui di seguito mi permetto di presentarvi la pagina che “nonciclopedia”, l'esilarante versione comica della celebre enciclopedia online Wikipedia, ha dedicato a questo mirabolante mito della TV!

“Questo personaggio incredibile riusciva con un elastico, un criceto, un cerchio di un'auto e 1 kg di mortadella a creare un cingolato da 450 cv. Non riusciremo mai a dimenticare il suo preziosissimo coltellino svizzero, l'unico venduto con la lama affilata, talmente affilata che poteva radere al suolo una montagna con un solo fendente. Una volta riuscì addirittura a scappare da una prigione bulgara con un barattolo di vaselina, un pelo pubico ed un vecchio chiodo.

Si pensava che fosse morto in un episodio mentre cercava di disinnescare una bomba usando degli stuzzicadenti (tra l'altro tentativo mal riuscito). Le ipotesi sulla sua morte sono molteplici, alcuni pensano che sia rimasto vittima di un elastico difettoso, che non abbia resistito nell'atto di sollevare da un burrone un Tir pieno di bottoni e graffette, con le quali McGyver aveva intenzione di costruire un reattore termonucleare per lo stato del Burundi.

McGyver è anche conosciuto per le grandi scoperte in ambito scientifico, da citare la scoperta dell’acqua calda (sconosciuta a quei tempi), del burro di cacao (che come qualcuno dice, è fatto di sperma di suino e cioccolato bianco) e del continente americano. Inoltre si dice sia stato anche l'ideatore del frigorifero a legna, della macchina per tagliare il brodo e della lavastoviglie gravitazionale. Si dice sia stato il primo (e ultimo) uomo al mondo a osservare a occhio nudo una reazione nucleare entrando personalmente dentro un reattore nucleare (uscendone illeso, naturalmente!).”
Testo tratto da: Nonciclopedia (immagine tratta da: http://home.hia.no)
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martedì 27 novembre 2007

Cosa bolle in Rete? Ed. 3/07


In posti come questi è sempre meglio non doverci mai soggiornare. Però un breve giro “turistico”, perlomeno virtuale, potrebbe essere un’avventura davvero speciale (mi scuso per la pessima rima!). Sto parlando del carcere. Luogo oscuro e tenebroso nell’immaginario collettivo, è il posto in cui scontano una pena coloro che hanno subito il giudizio degli uomini. Nella realtà il carcere è questo, ma anche altro.

E’ di pochi giorni fa l’agghiacciante notizia giunta dal Brasile: una ragazza di 15 anni è stata rinchiusa in cella per oltre un mese assieme a 20 uomini che l'hanno stuprata ripetutamente, costringendola a subire gli abusi in cambio di cibo. In Sicilia, delle guardie carcerarie portavano ai detenuti tutto ciò che chiedevano: droga, cellulari, materiale pornografico… In Svizzera, molti magistrati hanno affermato che, per troppi condannati, il periodo di detenzione non avrebbe alcuna valenza di recupero e riscatto sociale; al contrario l’esperienza carceraria si trasforma spesso in un periodo di “perfezionamento criminale", tramite la conoscenza (e la convivenza forzata) con criminali di lungo corso.

Tuttavia il carcere, come dicevo in entrata, è questo ma anche altro. Infatti esistono, un po’ in tutti i Paesi d’Europa, meravigliose esperienze di recupero attraverso l’espressione artistica. Sono luoghi, questi, dove il detenuto non viene visto solo come un criminale che, per un periodo predefinito, va tenuto lontano dalla società civile, bensì come un essere umano che deve essere aiutato ritrovare il gusto della vita e della legalità.

In questo senso ho trovato molto interessante l’esperienza di “Ristretti Orizzonti”, un’operazione culturale partita dai detenuti della “Casa di Reclusione di Padova” e dalle detenute del “Centro di Pena Femminile della Giudecca”. Vi invito sinceramente a visitare il loro sito internet, troverete delle lodevoli iniziative culturali ma, soprattutto, molte toccanti testimonianze di vita vissuta.

I link della settimana: carceri del mondo

Bolivia: il carcere più strano
Qui sta la stranezza del carcere boliviano di San Pedro: i detenuti devono pagare l'affitto della propria cella; sono tenuti a lavorare e possono ospitare anche il resto della propria famiglia. Ma non è tutto: la prigione è aperta anche ai turisti che possono farvi un giro e addirittura pernottare per una notte.
http://subtopia.blogspot.com/2006/09/carceral-urbanism-san-pedro-prison.html


Austria: il carcere più bello
Qualcuno ha consigliato di scegliere la casa circondariale Loeben a Steinmark in Austria come locazione per un soggiorno forzato. Perché architettonicamente è la più bella e la più accogliente, con le sue quattro palestre attrezzate, la sua ampia corte verde per le ore d'aria e i suoi bagni modernissimi.
http://www.hohensinn-architektur.at/jz_leoben.html


Gli appunti dei detenuti
Una galleria fra appunti, scarabocchi, disegni, lettere, poesie e pensieri messi per iscritto dai detenuti di tutte le carceri americane. Sono stati raccolti da un volontario in servizio presso alcune biblioteche carcerarie e poi affidate alla Rete
http://www.flickr.com/photos/jumble/sets/72057594055928630/

Liberamente ispirato da “Dentro e fuori dalle carceri di tutto il mondo”
di S.Finozzi

lunedì 26 novembre 2007

Bambini, un impegno universale


Da un punto di vista formale si tratta di uno dei risultati più importanti raggiunti dall'umanità. La Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale il 20 novembre 1989, è il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato nella storia, visto che sono ormai 193 gli Stati aderenti. Esso costituisce il più potente strumento legale a disposizione di tutti coloro che si battono per un mondo in cui ogni bambino e ogni bambina abbiano le medesime opportunità di trasformarsi in protagonisti del proprio futuro.

Il secolo scorso era cominciato, un po’ dappertutto, con i bambini privi di qualsiasi basilare forma di protezione giuridica e si è (fortunatamente) concluso con la ratifica di questo vitale trattato, che non solo riconosce dei fondamentali diritti umani, ma obbliga gli Stati firmatari a proteggere concretamente i fanciulli e le loro necessità.

In alcuni Paesi europei (tra cui la Svizzera) quest'anno si festeggiano i primi 10 anni della Convenzione, da molti infatti ratificata nel 1997, e non mancano le occasioni per stilare un bilancio sulla concreta applicazione di questo fondamentale strumento normativo internazionale all'interno dei confini europei.

La convenzione ONU, non va dimenticato, ambisce a garantire tre categorie generali di diritti: la protezione, la sopravvivenza e lo sviluppo. Tutto ciò si deve naturalmente ispirare ad un’idea del bambino non più come essere privo del libero arbitrio, oppure come semplice oggetto di tutela da parte degli adulti, bensì come individuo a pieno titolo soggetto di diritti.

Con questo accordo multilaterale si sono introdotti concetti e idee nuove anche per Paesi, come l’Italia e la Svizzera, dove l'infanzia veniva già in generale ampiamente rispettata e difesa; basti pensare alla tutela dell'identità del bambino, della sua privacy, dignità e libera espressione o al principio di superiore interesse in ogni azione legislativa, provvedimento giuridico e iniziativa pubblica; oppure al dovere, da parte degli adulti, di tenere in adeguata considerazione le opinioni del minore in tutti i procedimenti che lo riguardano. Solo in questo modo si comprende come, per molti aspetti, anche nelle nostre realtà nazionali la strada da percorrere perché questi diritti trovino piena attuazione sia ancora molto lunga.

I diritti dei bambini non sono minacciati soltanto nel cosiddetto Terzo Mondo, dove soffrono la fame e non hanno accesso ad istruzione e cure mediche. Infatti, come giustamente ci ricorda l'impegno assiduo del Comitato economico e sociale dell'UE, nell’Europa occidentale 2 bambini su 10 crescono ancora in condizioni di povertà e, di conseguenza, vengono sfavoriti nel loro processo di sviluppo. Inoltre molti importanti nuovi diritti dell'infanzia, inseriti nel quadro giuridico, rimangono in attesa di una coerente applicazione pratica. Perché il vero progresso per la civiltà avverrà quando, in ogni paese del mondo, i diritti che il trattato riconosce ai bambini si tramuteranno in realtà quotidiana.

Grazie a M.Airaghi per la preziosa ispirazione!
Immagine tratta da KataWeb

sabato 24 novembre 2007

Delitti esemplari (1.a parte)


Delitti esemplari” è il titolo di un libricino (uso il diminutivo poiché si tratta di sole 70 pagine) scritto nel 1956 da uno scrittore spagnolo poco conosciuto alle nostre latitudini: Max Aub. Si tratta di un ricco assortimento di “confessioni” di assassini, raccolte dall’autore nelle varie carceri che ha avuto occasione di visitare in più di venti anni, in Francia, Spagna e Messico.

Questo è un materiale di prima mano: trasferito direttamente dalla bocca degli assassini alla carta del mio taccuino, sfiorando appena l’orecchio. Confessioni senza storia: chiare, confuse o dirette, non hanno altro scopo che spiegare l’umano furore. Certamente mi furono fatte con una precisa intenzione, quella di riaccostarsi a Dio e sfuggire così il peccato. Gli uomini sono esattamente come furono creati, e volerli ritenere responsabili di ciò che, d’un tratto, li spinge ad uscire da se stessi è una pretesa che non condivido…”. Così Max Aub racconta l’opera in una breve, ma molto efficace, prefazione.

I racconti di questi omicidi sono completamente disarmanti nella loro semplicità. Quando ci rendiamo conto che, le motivazioni che spingono un essere umano a spegnere la vita di un suo simile, sono ferocemente insignificanti, le nostre certezze vacillano inevitabilmente.

Da questa considerazione nasce la rubrica “Delitti esemplari”. A partire da oggi, ad intervalli regolari, pubblicherò alcune delle rivelazioni raccolte da Max Aub. Vi invito comunque ad acquistare questa piccola perla letteraria; l’edizione economica della Sellerio potrebbe essere un piccolo, ma gradito, regalo di Natale per i vostri amici. La mia speranza è semplice: forse, la comprensione di un omicidio, ci potrà aiutare a capire meglio l’oscura banalità del mondo in cui viviamo.

E’ necessario specificare, che solo 2 confessioni (delle circa 90 raccolte) provengono da malati di mente diagnosticati. Come specifica Aub nella sua prefazione, “gli alienati mentali si rivelarono subito piuttosto deludenti. Da loro mi aspettavo i racconti più interessanti ma non fu così. Forse perché è proprio dietro la cosiddetta ‘normalità’ che si nasconde la più atroce delle follie.”. In tutti questi racconti di morte ho trovato un comune denominatore: tutti gli assassini si aspettano che l’interlocutore capisca e comprenda il loro punto di vista. In altre parole, sono tutti convinti che il crimine commesso sia stato un atto comprensibile e quasi inevitabile.

Ecco la prima serie di “Delitti esemplari”.

Delitto no. 1
Non l’ho fatto apposta” è tutto quello che sapeva piagnucolare quella cretina, davanti alla brocca ridotta in frantumi. Ed era proprio quella che ricevetti dalla mia santa mamma, che il buon Dio l’abbia in gloria! La feci a pezzi quella stupida. Vi giuro che non pensai, neppure per un momento, alla legge del taglione. Fu semplicemente più forte di me.

Delitto no. 2
Lo uccisi perché mi parlò male di Juan Alvarez, che è un mio caro amico, e perché mi risulta che quanto diceva era una grossa menzogna.

Delitto no. 3
Lo uccisi perché era di Viñaroz. Odio quel posto!

Delitto no. 4
Meglio morta” mi disse. E l’unica cosa che desideravo era di darle soddisfazione

Delitto no.5
E’ così semplice: Dio è la creazione, in ogni istante è ciò che nasce, ciò che vive e anche ciò che muore. Dio è la vita, ciò che continua, l’energia e anche la morte, che è forza, durata e continuità. Che cristiani sono questi, che dubitano della parola di Dio? Che cristiani sono questi, che temono la morte quando gli promettono la Resurrezione? Meglio farla finita con loro, una volta per tutte! Che non rimanga traccia di credenti così meschini! Appestano l’aria. Coloro che temono di morire non meritano di vivere. Quelli che temono la morte non hanno fede. Imparino una buona volta che esiste un altro mondo! Dio è grande!

Libri, idee regalo: Edizioni Sellerio (novità), opere di C.Bukowsky,
opere di G.Arriaga

venerdì 23 novembre 2007

USA nelle mani di Chuck Norris


Mike Huckabee, istrionico ex governatore dell'Arkansas ora candidato alle presidenziali 2008, lancia un divertente video, basato sui noti “facts”, che sta spopolando su YouTube. Che si tratti di una geniale trovata di marketing elettorale è chiaro a tutti, forse però sarebbe il caso di chiedersi quanto peso possa davvero avere, nei conservatori Stati del sud, l’esplicito appoggio di Cordell Walker, il più noto tra i Texas Rangers.

Mike Huckabee, candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali americane del 2008, fissa la telecamera con serio cipiglio mentre indica uno dei punti focali del suo programma elettorale. “La sicurezza nazionale è un bene prezioso! Se dovessi venire eletto Presidente affiderei l’incolumità dei cittadini americani ad un solo uomo: Chuck Norris!” Osservandolo bene, mi sono subito chiesto quante riprese video il suo staff ha dovuto eliminare, a causa delle risate del protagonista. Soprattutto quando, accanto a lui, appare il volto dell'eroe della serie TV "Walker Texas Ranger", incorniciato da una classica grafica in stile western.

Si tratta di un riuscito “video burla” elettorale, quello messo in piedi da Huckabee, che si basa sugli oramai celeberrimi “Chuck Norris Facts”, una serie di caustiche battute che esaltano le sovrumane gesta del noto personaggio televisivo. Una mania dilagata negli anni scorsi tra siti e blog, come Roundhouse Kicks (in italiano), che ha prodotto migliaia di freddure.

Qualche esempio:”Chuck Norris non ha bisogno di leggere, fissa i libri finché non ottiene le informazioni che gli servono“, “Chuck Norris obbliga il cestino del suo PC a fare la raccolta differenziata”, “Chuck Norris ha contato fino ad infinito. Due volte”. Ma a colpire la fantasia di Huckabee, e a fargli capire che Chuck era proprio la persona giusta per tentare l'assalto alla Casa Bianca, deve essere stato il terrore che incute ai principali nemici degli Stati Uniti d'America:“Osama Bin Laden, prima di dormire, controlla che nell’armadio non ci sia Chuck Norris”, “In Iraq non ci sono armi di distruzione di massa, Chuck Norris vive in Oklahoma

E così è nato il filmato pubblicato su YouTube, che ha già totalizzato centinaia di migliaia di contatti nel giro di pochi giorni. Il candidato conservatore non poteva mancare di citare qualcuno dei facts:“Quando Chuck Norris fa le flessioni, non alza il suo corpo, spinge giù la Terra” avverte. Risultato? Il pugno di approvazione di Chuck Norris alla candidatura dell’ex governatore. Hillary Clinton e Barack Obama dovranno preoccuparsi, insomma. Anche perché, come sanno in molti, “Chuck Norris ha già vinto la corsa alla Casa Bianca, toccando il muro dell'ufficio di Bush ed esclamando ‘primo’!”.
Ciao a tutti!

Grazie a: Repubblica.it, YouTube.com e a BastardiDentro.it
Immagine (con C.Norris e M.Huckabee) tratta da: RadarOnLine

giovedì 22 novembre 2007

Cocaina, consumi record nell'UE


Gli europei consumano sempre più cocaina, e lo fanno a ritmi decisamente crescenti visto come il prezzo continua a calare. La maggior parte del consumo è concentrato in Spagna, Inghilterra e Italia; e proprio nello “stivale” sono stati riscontrati gli aumenti più ragguardevoli. Questo è quanto ha reso noto nella giornata di ieri l'Osservatorio Europeo sulle Droghe (OED), agenzia che si occupa del traffico e del consumo di sostanze stupefacenti.

Almeno 4,5 milioni di europei hanno fatto uso di cocaina l'anno scorso, un numero assai maggiore rispetto ai 3,5 milioni del 2005. Questo è un dato che non può e non deve stupire, vista la grande circolazione di droga degli ultimi anni e le 107 tonnellate sequestrate solo nel 2005, il tutto secondo il rapporto 2007 dell’OED.

"Si stima che almeno 12 milioni di europei, circa il 4% di tutta la popolazione adulta, abbiano fatto uso di cocaina almeno una volta nella vita", recita il documento. "Ora la cocaina è, dopo la cannabis, la droga più diffusa in molti stati membri dell'UE", recita il rapporto che ha analizzato le 27 nazioni dell'Unione Europea più Norvegia e Turchia. I maggiori consumatori sono gli adulti spagnoli, inglesi e italiani tra i 15 e i 34 anni, e il maggior punto d'ingresso nell'UE rimane la penisola iberica, con il Portogallo che sta acquisendo sempre maggiore importanza.

Il direttore dell’OED Wolfgang Goetz aveva dichiarato, durante un'intervista all’agenzia Reuters in settembre, che i trafficanti si avvalevano sempre di più dei paesi poveri dell'Africa Occidentale come la Guinea per immagazzinare la cocaina prima di immetterla sul mercato europeo.

Personalmente, ricordo i tempi in cui la cocaina era valutata come stupefacente da ricchi, con prezzi al grammo esorbitanti, mentre cannabis ed eroina erano considerate “droghe di volume”, grazie a costi che le rendevano maggiormente accessibili alle masse. Oggi, stando alle statistiche pubblicate dalle varie polizie europee, le cose sembrano cambiate. I prezzi al dettaglio della cocaina sono stati quasi dimezzati dalla crescente domanda, tuttavia in alcuni Paesi europei può ancora arrivare a 100 euro al grammo. L’eroina invece, grazie al buon lavoro di prevenzione realizzato un po’ ovunque, sta lentamente (e fortunatamente) abbandonando le scene.

Qui di seguito troverete i dati relativi ai cosiddetti “elementi sensibili” evidenziati dal Rapporto 2007 dell'Osservatorio Europeo sulle Droghe.

Cannabis: i dati affluiti all'Agenzia europea delle droghe di Lisbona testimoniano di una stabilizzazione del consumo di cannabis (70 milioni l'hanno provata, 23 nell'ultimo anno) specie nella fascia di giovanissimi (15-18 anni) e in quei Paesi che erano i maggiori consumatori (ad esempio Spagna, Gran Bretagna e Italia). Gli esperti dell'Osservatorio ritengono che le ipotesi siano due: "una, meno ottimistica, è che aumenta l'età in cui i giovani scoprono questa droga. L'altra, che auspichiamo, è che non piaccia più". Perché? Si avanzano l'ipotesi di una "moda" che sarebbe passata e di un'immagine in calo dello spinello e dei suoi effetti, più da "sballo" che eccitanti (come cercano ad esempio i ragazzi nelle discoteche). L'attenzione si sposta su quei 3 milioni di europei che consumano cannabis quasi quotidianamente.

Cocaina: qui è il boom, a fronte di un consumo di eroina che non aumenta. La crescita dell'uso di cocaina in Europa sembra inarrestabile, 4,5 milioni di cittadini UE riferiscono di averne fatto uso negli ultimi 12 mesi. Un altro sintomo allarmante è il record di sequestri della polvere bianca: 107 tonnellate nel 2005, addirittura il 45% in più rispetto all'anno precedente. La parte del leone l'ha fatta la Spagna, che è anche il primo paese consumatore, seguito dalla Gran Bretagna e dall'Italia. Ma il secondo paese europeo per quantità sequestrata è il Portogallo. Ormai la cocaina è "la sostanza stimolante preferita in Europa e, fra le illecite, la più consumata dopo la cannabis e prima di ecstasy e anfetamine". Italia e Danimarca sono i paesi che hanno fatto registrare gli incrementi più netti fra il 2005 e il 2006.

AIDS: sotto controllo ma… nel 2005 la maggior parte dei paesi UE ha fatto registrare una diminuzione nel tasso di trasmissione dell'HIV (il virus responsabile dell'AIDS) fra i consumatori di stupefacenti. Restano preoccupazioni per il Portogallo e, fra le nuove entrate, per Estonia, Lettonia e Lituania

Obiettivo calo dei decessi: nonostante la politica di prevenzione e il grande impegno antidroga di molti paesi, fra i quali l'Italia (36 miliardi investiti nell'UE, 750 milioni per sostegno a politiche antidroga nei paesi in via di sviluppo), i decessi non diminuiscono come ci si sarebbe aspettato. Nel 2005 i morti correlati all'uso di stupefacenti in UE e Norvegia sono stati fra i 7’000 e gli 8’000. Aumenti, in parte inspiegabili visto che l'uso di eroina non è aumentato, sono stati segnalati in Grecia, Austria, Portogallo e Finlandia. Sotto accusa i mix di droghe, letali in diversi casi.

Grazie ai siti web di Ansa e Reuters.
Immagine tratta dal sito www.lastampa.it

mercoledì 21 novembre 2007

Indietro Savoia!


Non sapevo cosa scrivere sul blog oggi. Dovevo occuparmi di uno dei tanti fatti di cronaca nera che appestano i TG? Oppure era meglio dedicarsi alla politica? Magari alle più che comprensibili lamentele di Gianfranco Fini nei confronti del solito “coup de théâtre” del Cavaliere? Poi mi è tornata alla mente una frase di Maurizio Costanzo:”Quando ci si sente a corto di notizie bisogna confidare nel fatto che la madre dei cretini è sempre incinta”. Allora mi è bastato controllare il Televideo per trovare una sorta di buffa ispirazione: la famiglia Savoia chiede un risarcimento all’Italia per i danni morali originati dall’esilio e per la confisca dei beni seguita alla proclamazione della Repubblica, il 2 giugno 1946.

Mi sono subito collegato alla Rete per sapere cosa ne pensassero amici e conoscenti; le loro reazioni le ho trovate molto divertenti, nella loro cruda semplicità. C’era chi mi faceva notare quanto sembrasse patito e bisognoso di aiuti immediati il povero Emanuele Filiberto, mentre qualcuno evidenziava la faccia di bronzo del buon Vittorio. Naturalmente non mancava certo chi sottolineava come la richiesta del capofamiglia fosse motivata dal bisogno di contante da investire in qualche “bella di notte”, ricordando l'arresto di Vittorio Emanuele per sfruttamento della prostituzione e associazione a delinquere, nel giugno 2006.

E le istituzioni? La risposta della Presidenza del Consiglio è stata l’unica possibile ed immaginabile. Non solo il governo sembra intenzionato ad opporsi con fermezza alla pretesa dei Savoia ma pensa di esigere, a sua volta, dall'ex famiglia reale i danni per le responsabilità oggettive avute nella storia d'Italia. Infatti, è difficile non ricordare i motivi dell’esilio imposto ai Savoia: la complicità nelle leggi razziali e l’accettazione del vergognoso titolo d’Imperatore d’Abissinia, solo per indicarne un paio.

Personalmente, vorrei però citare anche il Brigantaggio a danno della dinastia dei Borbone, evento sanguinoso e deprecabile sul quale l’esercito italiano NON ha ancora desecretato i propri archivi! Questo episodio storico gettò il Sud Italia sull’orlo della fame, causando un grave deficit strutturale dal quale il Meridione faticò moltissimo a risollevarsi. Inoltre, si deve proprio a ciò la nascita di quel substrato sociale sul quale le radici di Cosa Nostra non faticarono ad attecchire, come riferiscono le voci storiche dei cosiddetti “Mafiosi della Vicaria” (1860).

Allora come andrà a finire la stramba richiesta di risarcimento dalla quale siamo partiti? In un Paese normale, un’istanza del genere avrebbe ben poche speranze d’essere accolta e questo i Savoia (e i loro astuti legali) lo sanno benissimo. Forse il fatto che le loro intenzioni siano trapelate, generando una corale levata di scudi, farà in modo che l’ex famiglia reale venga a più miti consigli. Da parte mia non posso fare altro che chiudere con un più che sentito “indietro, Savoia”!
Immagine tratta da www.politbjuro.com

martedì 20 novembre 2007

La Terza Guerra Mondiale


Cosa avevano in comune l’Afghanistan e l’Iraq prima dell’invasione americana? Molte meno cose di quanto si creda. In effetti, se l’Iraq era governato da un regime “aperto” (il vice di Saddam era un cristiano e posti chiave nel governo erano occupati da donne), l’Afghanistan era stretto nella morsa della rigidità talebana, che impediva alle donne di lavorare, studiare e addirittura mostrare il proprio volto al di fuori del focolare domestico. E allora cosa avevano in comune? Forse il fatto che da questi due Paesi provenivano gli attentatori suicidi dell’11 settembre 2001? Sbagliato, gli attentatori, a parte un minoranza di palestinesi, libanesi e siriani, venivano tutti dal grande alleato arabo degli USA: l’Arabia Saudita. L'attentato al World Trade Center, però, è una parte fondamentale dell’equazione.

Infatti, dopo l’attacco alle Twin Towers, gli Stati Uniti furono confrontati con un grave deficit di crescita economica (generata dal crollo del dollaro), da un forte calo del fatturato (causato dal blocco dei trasporti aerei) e dalla limitazione dei consumi interni. Come sappiamo, dopo questo tragico evento, la Casa Bianca aveva individuato due facili bersagli su cui scaricare il risentimento che covava nell’opinione pubblica: l’Afghanistan e l’Iraq, appunto. Queste due nazioni avevano una cosa in comune: avevano smesso di vendere il petrolio in dollari americani, preferendo esportare greggio in Euro. La conquista militare di queste “spine nel fianco” (economiche, più che politiche) ha permesso agli strateghi americani di riattivare le esportazioni in dollari, dando così un contributo fondamentale alla risalita della valuta a stelle e strisce.

Questi argomenti di natura “economico-militare” sono tornati di strettissima attualità negli ultimi giorni, dopo la riunione d’emergenza dell’Opec (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) che, a fronte della crescita del prezzo del greggio e la parallela debolezza del dollaro, sta discutendo la proposta dell’Iran di abbandonare la moneta americana in favore dell’Euro! Inutile dire che la cosa non piacerà per niente ai “falchi” di Washington che, in tempi molto recenti, avevano già cercato il “casus belli” nei confronti del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Inutile dire che un attacco diretto alla Repubblica Islamica dell’Iran farebbe reagire duramente i principali alleati di quest’ultima: Russia e Cina. Questi due colossi, sempre più affamati di petrolio per far fronte alla rapida crescita economica, mal sopporterebbero un potenziale controllo degli USA su un altro grande produttore di greggio.

Mai, dalla caduta del Blocco sovietico ad oggi, la Terza Guerra Mondiale era divenuta un’ ipotesi storica così concreta. Dall’attacco dell’11 settembre in avanti, molti esperti in relazioni internazionali avevano ritenuto quasi scontato il ricorso a politiche imperialiste da parte degli USA. Il sostegno (oramai arrivato alle soglie dell’immoralità) al pugno di ferro con cui generale Pervez Musharraf domina il popolo pakistano parla, purtroppo, in questo senso. Ora, con il Pakistan amico, l’Afghanistan e l’Iraq occupati militarmente e gli alleati storici Israele e Arabia Saudita, perfettamente allineati alla politica di Washington, la scacchiera appare quanto mai pronta per muovere l’attacco ai produttori di petrolio che “oseranno” abbandonare il dollaro. Se così sarà, un conflitto globale diverrà ben più che una mera congettura storica.

Nell'immagine WordPress: il Presidente iraniano Ahmadinejad incontra il Presidente russo Putin.

lunedì 19 novembre 2007

Quando l'amore diventa rabbia



L’Italia tra i Paesi occidentali vanta un ben triste primato: ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo. Nella quasi totalità dei casi, l’assassino diceva di amarla. Parte da questa impressionante statistica (134 donne assassinate dal proprio compagno nel 2005; 112 nel 2006) l'idea di “Amore criminale”, il programma condotto da Camila Raznovich che va in onda il sabato sera, alle 23:35, su RaiTre.

Si tratta di sei puntate da cinquanta minuti per dodici donne vittime di un amore malato, raccontate da una splendida ed efficace Camila Raznovich, celebre volto di MTV. Alcune di queste storie (sei per essere precisi) sono state ricostruite proprio con la narrazione di Camila, una che il tema della violenza sulle donne lo sente molto caro, per ovvie ragioni (si veda il suo libro “Lo rifarei”).

Le sei puntate metteranno sotto i riflettori due storie per volta: un caso italiano, in cui la vittima è una donna comune, e un caso internazionale in cui la vittima e magari anche il carnefice provengono dal brillante mondo della fama, sia questo l'ambiente musicale, cinematografico, sportivo o della moda. Nella prima puntata si è parlato della vicenda della giornalista Maria Rosa Sessa, assassinata a Cosenza nel 2005 per mano di un fidanzato geloso, che non riusciva ad accettare l'idea che la donna andasse a lavorare all'estero. Dopo mesi di ricerche l'uomo fu trovato morto suicida in una casa delle vacanze, disabitata nel periodo invernale, in cui era entrato subito dopo aver commesso il delitto. Per quanto riguarda il caso "famoso", la storia della scorsa puntata era incentrata sul delitto passionale che ha visto come vittima Nicole Brown, ex moglie della famosissima star del football americana O.J. Simpson. L'uomo, primo imputato dell'omicidio, è riuscito ad essere assolto nel 1995 nonostante il grande numero di prove schiaccianti che lo indicavano come colpevole.

La voce profonda e suadente della conduttrice accompagna il percorso investigativo attraverso interviste, ricostruzioni degli eventi e filmati di archivio, sottolineando la grande valenza drammatica e inquietante dei delitti passionali. "Avete mai pensato che la persona che vi sta accanto, con la quale condividete tutto, che vi ha dichiarato il suo amore tante volte, possa farvi del male, un giorno? Di sicuro non lo avete mai fatto", queste sono il genere di domande che Camila lascia trapassare dello schermo televisivo, con lo sguardo dritto nella camera. La conduttrice crea un'atmosfera suggestiva con grande abilità, riuscendo a sollevare i punti chiave di una riflessione molto complessa: quando un amore diventa malato? Quando l’amore diventa rabbia? Quando un amore, invece di creare felicità, produce distruzione? L'effetto di paralisi emotiva viene amplificato da una regia che utilizza il primo e il primissimo piano come mezzi d’enfasi, saltando da un punto a l'altro del volto di Camila, mentre questa ci parla, sottolineando la difficoltà a incastrare i pezzi di quel complicato mosaico che è la vita.

L'obiettivo delle sei puntate è quello d'indurre a una riflessione, di suscitare un dibattito. Non pubblicherò spesso recensioni di programmi televisivi. Il post di oggi è una sorta di eccezione, rispettosa del dolore delle vittime e delle loro famiglie. “Amore criminale” è un trasmissione televisiva dura e sincera che, grazie alla meravigliosa efficacia di Camila Raznovich (anch’essa vittima di abusi quando era bambina), ritrova una grande e delicata umanità.

domenica 18 novembre 2007

Cosa bolle in Rete? Ed. 2/07




Li si vede a notte fonda rovistare nella spazzatura, in cerca di cibo. Non sono barboni, hanno un alto senso civico, credono nei valori sociali della condivisione, sono preoccupati per lo stato dell’ambiente e fanno qualcosa per salvare il Pianeta. Sono i freegan che hanno deciso di recuperare dagli scarti del sistema quello che basta loro per vivere.

Sono vegani e contestano il sistema. Non solo quello delle multinazionali che sfruttano i lavoratori, la terra e che bombardano la gente di pubblicità, no, loro contestano proprio tutto il sistema dello scambio economico e hanno adottato uno stile di vita che ne denuncia apertamente gli sprechi e che tenta di soddisfare i bisogni fondamentali dell’uomo in modo sociale, non economico.

I link della settimana: freegan, vivere di scarti


Freegan per un mese
Qui si può ascoltare la storia di Raina Kelley, una giornalista della rivista “Newsweek”, che condotto un esperimento interessante: ha deciso di vivere da freegan e con i freegan per un mese intero.
www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=14982747

Last Minute Market
“Trasformare lo spreco in risorsa, questo è l’obiettivo del progetto Last Minute Market: un mercato dove per favorire gli indigenti, gli ultimi, non bisogna sprecare neppure un minuto e neanche un prodotto”. In pratica questo servizio si occupa del recupero di merci invendute, che sono quindi prive di valore commerciale ma che tuttavia possono essere ancora consumate o utilizzate.
http://www.lastminutemarket.org/

Vita dura per i freegan
A fronte delle dimensioni del movimento freegan, qualcuno ha deciso di correre ai ripari con metodi e provvedimenti davvero discutibili:”Come osa qualcuno a mangiari cibi buoni destinati alla spazzatura? E’ una pratica intollerabile per i supermercati di San Francisco, molti dei quali stanno adottando soluzioni tecniche come lucchetti di ultima generazione ai loro bidoni dell’immondizia e perfino vigilantes nelle aree rifiuti.”
www.ilmanifesto.it/terraterra/archivio/2006/Febbraio/43fb5c825c1d4.html


sabato 17 novembre 2007

Wrestling amaro


Sono da molti anni un grande appassionato di wrestling. Come tutti i fan di questo “sport entertainment” sono rimasto allibito nell’apprendere, un paio di mesi or sono, la terribile strage famigliare commessa da uno dei wrestler più apprezzati: Chris Benoit! Quando è stato chiaro a tutti che il folle gesto di questo grande atleta poteva essere stato generato dall’abuso di anfetamine, antidolorifici e varie sostanze dopanti, il mio pensiero è subito corso ad un'altra tragedia che aveva sconvolto l’ambiente del wrestling appena 2 anni fa: la morte di Eddie Guerrero! Eddie era da sempre il mio lottatore preferito e la sua scomparsa, causata da un arresto cardiaco, in una camera d’albergo di Las Vegas mi aveva aspramente colpito.

Questi due dolorosi avvenimenti mi hanno fatto riflettere sullo stile di vita dei wrestlers professionisti, fatto di impegni ravvicinati che impediscono i regolari allenamenti necessari per mantenere un fisico all’altezza della situazione; fatto anche di piccoli e grandi infortuni che costringono gli atleti ad utilizzare massicce dosi di antidolorifici. Inoltre non va dimenticato lo stress generato dall’essere lontani da casa e dagli affetti per più di 200 giorni all’anno, che da molti wrestlers viene combattuto con alcool e psicofarmaci!

Nel mondo del wrestling professionistico i lutti e le tragedie si sono susseguiti negli anni con allucinante regolarità. Qui di seguito vi riporto un articolo comparso sul sito TuttoWrestling che vi darà un’idea molto chiara su questo argomento.

“Un tifone si è abbattuto sulla WWE (World Wrestling Entertainment) e sui suoi lottatori. Non solo su quelli sospesi, sugli indagati, ma anche su quelli che per il momento l’hanno scampata, puliti o meno che siano. Il Wellness Program ha fallito, finora non è servito a niente. E’ servito solo a pulirsi la coscienza per le recenti morti, credendo che una facciata del genere potesse recintare il mondo della WWE in un castello di vetro, pulito, limpido e felice.

Invece così non è stato, e ora è giunto il momento di vederci chiaro. E non sono solo il Senato e la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America a volerci vedere chiaro. Anche i tifosi vogliono vederci chiaro. Basta considerare il wrestling semplice spettacolo. Non è teatro. Non è televisione. Non è musica. Il wrestling è uno sport-spettacolo; uno sport che accomuna teatro, televisione e musica, ma che non è nessuna di queste cose da sola; è uno sport dove conta la forza, è la supremazia di un gigante più forte contro un gigante più debole, e come tale, come luogo in cui chi ha la forza la fa da padrone, quanto accade in fatto di doping non può passare sotto silenzio.

Art Barr è scomparso a 28 anni. Nel suo corpo non furono trovate tracce di sostanze anabolizzanti o alcolici, ma si sapeva che da poco era riuscito un po’ a ripulirsi, a purificarsi. Non è bastato. Quanto poteva dare Barr ancora al mondo del wrestling? Tanto, tutto. Basti pensare che suo compagno di coppia era Eddie Guerrero…

Già, Eddie Guerrero… Lui quanto ancora poteva dare al wrestling? Tantissimo, eppure a 37 anni ci ha lasciati anch’egli. Poteva rivincere il titolo WWE? Certo che si. Poteva tornare al top? Certo che si. In un momento di carenza come questa avrebbe fatto comodo? Sicuramente. Più di tanti altri. Non ne ha avuto il tempo perché anabolizzanti, antidolorifici e alcol gli hanno spaccato il cuore troppo presto.

Un altro Eddie poi, Gilbert. E’ durato 33 anni, perché ormai i wrestlers hanno una scadenza visto che vanno giù come ricotta lasciata aperta nel frigorifero. Steroidomane per crescere un fisico troppo minuto per natura; cocainomane per sopportare il peso di una carriera che poteva sbocciare alla grande. Dodici anni prima di morire aveva fatto un grave incidente in auto: da allora prendeva antidolorifici. Anche quelli. La sua carriera non è sbocciata, ma il suo cuore si. Anzi di più: è scoppiato.

Russ Haas. Fratello di Charlie, bravo come lui sul ring, meglio al microfono. Arriva a 27 anni, quando era già sotto contratto di sviluppo con la WWE. Sul cui ring non salirà mai.

E che dire di Brian Pillman, volato via a 35 anni? Un talento puro, rovinato da troppe bizze e da un abuso di droghe da stordire un cavallo. Dopo la sua morte, l’autopsia rivelò che il suo cuore aveva una malformazione arteriosclerotica. Di certo lui non si è aiutato con tutte quelle pillole, ed il suo talento è andato in fumo. Lasciando tra l’altro la moglie Melanine incinta. Al piccolo Skylar, nato sette mesi dopo la sua morte e che adesso ha appena 9 anni, del padre resta qualche cintura e un dvd commemorativo della WWE.

Perché un breve ricordo di questi ragazzi? Per monito. Un monito che non servirà a niente purtroppo. Questi sono cinque casi, solo cinque. Più o meno famosi, tutti volutamente sotto i 40 anni. Ma che dire di quelli che 40 anni li avevano già compiuti? Mr. Perfect. “Ravishing” Rick Rude. Hawk dei Legion Of Doom. Hercules. Big Boss Man. Crush. British Bulldog. E ce ne sono altri che adesso in questo caos non mi vengono in mente. Ma ce ne sono a bizzeffe.

Nomi che ancora tanto avevano da dare. Alla WWE, al wrestling in generale, o più semplicemente e intimamente alle loro famiglie.

Nomi per l’appunto. Nomi che nessuno si preoccupa di commemorare. Lapidi in freddi cimiteri. Lapidi che probabilmente nessuno va a visitare. Tutte queste morti non hanno insegnato niente se più di dieci lottatori della maggiore federazione mondiale vengono colti con le mani in pasta.

E allora viva chi è fuori da tutto ciò. Oppure no, perché certezze ormai non ne abbiamo più se persino Funaki va in farmacia a comprare le bombe.

E’ uno schifo. E il fatto che in questo schifo ci siano coinvolti probabilmente Chavo Guerrero e Charlie Haas, due ragazzi che sanno cosa vuol dire abbracciare il cadavere di uno zio o di un fratello morti per abuso di sostanze illecite, mi da il voltastomaco e mi fa passare la voglia di accendere la tv e guardare i miei idoli. O quelli che credevo essere tali.”
Grazie a Niccolò Bagnoli di TuttoWrestling!

venerdì 16 novembre 2007

Le giovani strade


Oggi volevo toccare un argomento che purtroppo è sempre di stretta attualità: la quotidiana mattanza in atto sulle strade. In effetti, non passa giorno in cui la cronaca nera non ci sommerga di nuove tragedie legate a gravi incidenti della circolazione. Tuttavia, cercando del materiale per arricchire il post che avevo scritto, mi sono imbattuto in una vecchia notizia di un telegiornale locale che mi ha inaspettatamente spinto ad una riflessione molto diversa.

Nel mio comune siamo stati recentemente colpiti da un tragico lutto. La notte dello scorso 15 settembre un’automobile, in forte debito d’aderenza, ha urtato un muretto al lato della carreggiata ribaltandosi in modo violento. Il pesante urto ha leso permanentemente il guidatore, un ragazzo di 18 anni, ed ha tolto la vita al passeggero, appena 16enne. E’ bastata una lieve disattenzione sulla via di casa e una serata tra amici si è trasformata in una sciagura che ha spezzato due famiglie. Come è facile immaginare, l’accaduto ha generato un gran numero delle cosiddette “chiacchiere di paese”. C’era chi incolpava l’alta velocità, c’era chi invocava l’inopinabilità del destino e chi imputava l’episodio all’alcool. Io credo che, di fronte ad eventi come questo, sia inutile dissertare sulla dinamica dell’incidente, così come è futile, al di fuori dell’inchiesta ufficiale, cercare di capire se l’urto è avvenuto a 60 piuttosto che a 90 km/h.

Quando sono stato messo al corrente della notizia ho pensato che, forse, il giovane conducente stesse circolando oltre i limiti legali, ma non mi sono mai sentito di condannarlo. Non solo perché nello schianto ha perso un amico, né perché le conseguenze fisiche e morali dell’incidente graveranno per sempre su di lui. Non lo condanno perché ricordo bene com’ero io a 18 anni. A quella età, per me come per molti, ci si sentiva invulnerabili a tutto. Gli amici, il divertimento e le piccole e grandi avventure, tipiche della giovinezza, recitavano un ruolo fondamentale su quel piccolo palcoscenico che era la nostra vita. Ed è innegabile che le regole imposte dalla società non erano che fragili confini da superare, anche solo per rendere più interessante una pigra serata di fine estate. Nel mio caso (ma credo che in molti si possano riconoscere in questo) solo il caso, la fortuna o qualche benevolo angelo custode hanno fatto in modo che né io, né i miei amici siamo mai stati coinvolti in eventi tragici.

L’argomento è davvero delicato e non me la sento di spingermi oltre. Tuttavia vorrei che tutti noi potessimo riflettere sul reale significato di essere giovani. Forse ci potrebbe essere utile per convincersi che dietro ad alcune grandi e piccole trasgressioni c’è un “naturale” bisogno di sperimentare, anche per esplorare noi stessi e il mondo. Forse per fare in modo che la “maturità” non ci lasci in bocca l’amaro gusto delle cose non fatte.

giovedì 15 novembre 2007

Il petrolio s'infiamma


Chi lo ferma più questo petrolio? Nelle ultime 4/5 settimane il prezzo di barile di greggio è tornato a correre a spron battuto, demolendo primato su primato. Oramai la soglia dei 100 dollari il barile, che fino a pochi anni fa sembrava tanto lontana, è oggi ad un soffio! Alcuni analisti prevedono che verrà toccata e superata a brevissimo termine. Le fiammate oramai si susseguono sempre più spesso a riprova che il prezzo del greggio sta seguendo un nefasto trend rialzista destinato a rafforzarsi anche in futuro.
Nell’ultimo anno il prezzo del greggio trattato a New York è cresciuto di quasi il 50%. Ancora quattro anni fa ci volevano soli 30 dollari per un barile, 40 nel 2004, 70 nel 2005, lo scorso anno si erano toccati gli 80 dollari ma poi il prezzo del greggio ebbe un ripiegamento spontaneo che lo riportò sotto i 60 dollari. Ora l’ennesima fiammata ha portato il prezzo del petrolio a livelli mai visti prima d’ora. Sono stati superati anche i livelli dei grandi shock petroliferi degli anni ’70 e ’80, gli anni dell’Austerity quando molti furono costretti ad inforcare di nuovo la vecchia cara bicicletta! Nel 1980, al netto dell’inflazione, il prezzo del petrolio si attestò in media sui 76 dollari il barile.
Ora le prospettive per i prossimi mesi non lasciano presagire nulla di buono: l’inverno è alle porte, le tensioni in Medio Oriente non si placano (anche grazie alla politica scellerata degli USA) e in più il dollaro (valuta con cui viene normalmente trattato il petrolio sui mercati internazionali) sembra destinato a perdere ulteriormente forza, per cui gli investitori speculano sull’oro nero spingendo il prezzo verso l’alto.
Le conseguenze sui nostri portafogli non si sono fatte attendere: in primis alla pompa di benzina, dove il prezzo al litro si sta arroventando sempre più, ma presto le ricadute si ripercuoteranno su molte altre voci delle spese famigliari perché il greggio è oramai parte attiva in quasi tutti i prodotti che entrano nelle nostre case. In Svizzera le ripercussioni della crescita del prezzo del greggio, almeno dal benzinaio, sono state più contenute che altrove. L’effetto della debolezza del dollaro ha, infatti, permesso di contenere una parte del rincaro: oggi un litro di benzina verde a 95 ottani viene venduto mediamente a 1,78 franchi svizzeri (1,068 euro), ma se il dollaro fosse rimasto ai livelli del 2004 si dovrebbero sborsare più di 2 franchi (1,2 euro) per un litro di benzina. Lo stesso discorso vale per l’olio da riscaldamento, il cui prezzo continua a salire senza oramai più limiti.
In prospettiva futura il rincaro del prezzo del greggio non sembra destinato ad arrestarsi. Lo ha spiegato recentemente il gruppo di ricerca Energy Watch Group in un rapporto in cui ci spiega che il picco della produzione petrolifera è stato toccato nel 2006. La produzione giornaliera di greggio, secondo lo studio, è destinata a scendere dai 81 milioni del 2006 a 58 milioni nel 2020 e a 39 milioni nel 2030. Quindi a fronte di una domanda crescente, anche in seguito allo sviluppo economico “selvaggio” delle nuove economie asiatiche, un ulteriore incremento del prezzo appare davvero inevitabile.
Per ora, le nuove impennate del prezzo del petrolio non sembrano aver influito sulle abitudini degli automobilisti. Si continua ad utilizzare l’automobile come quando la benzina costava 1,20 franchi (0.72 euro) al litro; anzi, i dati indicano un chiaro aumento dei chilometri percorsi pro capite, il che significa che la popolazione non sembra farsi influenzare troppo dall’andamento del mercato della materia prima. L’Unione dei Petrolieri ha recentemente sottolineato che non si attende, a breve termine, una diminuzione del consumo. Se il trend al rialzo del prezzo del greggio accelererà qualcosa però dovrà assolutamente cambiare!
Fonte dei dati: Il Sole 24 Ore
Ispirato da: “Crescita del prezzo dell’oro nero” di S.Soldati

mercoledì 14 novembre 2007

Il mistero della bara di Chaplin



Chissà, forse lo stesso Charlie Chaplin avrebbe sorriso, osservando dal cielo la strana storia del rapimento della sua bara. Una vicenda macabra dalla felice conclusione, che ha per protagonisti due ladruncoli, pasticcioni come nelle comiche alla Charlot. Dopo la sua scomparsa, avvenuta la notte di Natale, il funerale di Charles Spancer Chaplin si tiene il 27 dicembre 1977 nella chiesa anglicana di Vevey. Poco più di due mesi dopo, la mattina del 2 marzo 1978, un guardiano trova la tomba di Chaplin scoperchiata e la bara sparita!

Nascono le ipotesi più bizzarre: è forse la vendetta di un gruppo neonazista, dopo che l’attore aveva magistralmente ridicolizzato Adolf Hitler ne “Il grande dittatore”? Oppure un ammiratore folle, disposto a pagare dei criminali pur di esibire il macabro trofeo nel salotto di casa?

Qualche giorno più tardi, un misterioso signor Rochat telefona alla famiglia Chaplin e chiede 600mila franchi svizzeri (pari a circa 365mila €) per la restituzione del cadavere. La vedova rifiuta di trattare con i questi strani rapitori:”Mio marito è in cielo e nel mio cuore”, afferma. Tocca alla figlia Geraldine gestire il rapporto con i profanatori della tomba del padre, attraverso decine di telefonate di trattative. La polizia svizzera riesce ad identificare la provenienza delle chiamate: arrivano dalle cabine pubbliche di Losanna. Messe sotto sorveglianze le utenze pubbliche della città, la polizia riesce rapidamente ad acciuffare e maldestri rapitori della bara di Chaplin.

Si tratta del ventiquattrenne polacco Roman Wardas e del bulgaro Gantcho Ganev, 38 anni, meccanico proprio nella città di vodese. Due balordi, ladri di cadaveri per caso, così imbranati che sembrano usciti da una comica dell’epoca del muto. Qualche tempo prima, avevano letto su un giornale locale del rapimento per riscatto della salma di un facoltoso industriale italiano. Decidono così di provare il colpaccio con Chaplin, per ricavare il denaro necessario per aprire un’autofficina per conto loro. L’avvocato della faniglia Chaplin si era subito reso conto di avere a che fare con dei dilettanti del crimine:”se avessimo trattato contrattando sul prezzo, avremmo riottenuto il cadavere per 50 franchi”, scherza a caso oramai concluso. La coppia di ladri da gag viene processata a Vevey: Wardas, la mente (si fa per dire...) del duo, si becca quattro anni e mezzo di carcere. Per “aver disturbato la pace di un defunto e per tentata estorsione”, Ganev viene condannato ad undici mesi, ma la pena viene sospesa.

La bara contenente la salma di Chaplin viene ritrovata in un campo di grano appena fuori Novelle, sul lago di Ginevra, a venti chilometri da Vevey, dove Wardas era di solito a pescare. Dopo la rimozione della bara, il contadino proprietario del campo pone sul luogo una croce di legno con un bastone da passaggio con scritto “L’ultimo tributo a Charlot”. Un gesto che la dice lunga sull’amore, largamente contraccambiato, che la popolazione di quelle contrade ha sempre provato per il grande Charlie Chaplin.
Liberamente tratto da:"Chaplin, poeta dei tempi moderni" di G.Valerio

martedì 13 novembre 2007

Una Supercar per la polizia inglese



La Caparo T1 è stata progettata da ex ingegneri della McLaren. Sarà presto in servizio sull'autostrada 25, intorno a Londra.


Da 0 a 100 km all'ora in due secondi e mezzo, 500 cavalli, 570 kg di peso e una velocità massima che può raggiungere i 320 km orari. Sono le caratteristiche principali della Rapid Response Vehicle (Rrv), la nuova vettura che è in progettazione per la polizia inglese. La sportiva della casa automobilistica Caparo è stata esposta per la prima volta il fine settimana scorso al salone MPH '07 Show a Birmingham.

Per il momento, scrive la rivista specializzata MotorSport, si tratta per lo più di un'operazione promozionale, ma la Caparo T1 potrebbe presto entrare in servizio sull'autostrada 25 attorno all'area metropolitana di Londra. Il paragone è logicamente quello con la Formula 1, viste le analogie costruttive e le prestazioni di cui è capace la vettura. Infatti, la Caparo nasce grazie al lavoro di un team di ex ingegneri McLaren. Non è tuttavia la prima volta che le forze dell'ordine si dotano di vere e proprie Supercar, elaborate appositamente per gli usi “istituzionali”. Da qualche anno infatti, la polizia italiana utilizza due Lamborghini Gallardo da 500 cv e 310 km/h di velocità massima, dotata di carrozzeria totalmente in alluminio. La polizia stradale tedesca, invece, utilizza le velocissime Mercedes CLS Brabus Rocket, una berlina da 730 cv che raggiunge i 362,4 km/h, e numerose Porsche 911 Carrera-S da 500 cavalli.

Nella quasi totalità dei casi, sono i costruttori stessi a modificare questi ambiti modelli per farne dono alle istituzioni. Naturalmente c’è da chiedersi quali siano le reali motivazioni dietro operazioni di questo tipo. Non credo di peccare di cinismo ritenendo che, aldilà delle solite ragioni di marketing, vi sia solo il vuoto.

Una modesta proposta


Forse qualcuno di voi ha già sentito parlare della “Modesta proposta”, scritta da Jonathan Swift nel 1789. Si tratta di un pamphlet di acuta satira sociale, con la quale l’autore proponeva una soluzione rivoluzionaria ai problemi di povertà e degrado in cui era impantanata l’Irlanda dell’epoca. La proposta dell'autore consisteva nell'ingrassare i bambini denutriti, per poi darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri irlandesi. I figli dei poveri potevano essere venduti in un mercato della carne dall'età di un anno per combattere la sovrappopolazione e la disoccupazione. Cosi facendo si sarebbe risparmiato alle famiglie il costo del nutrimento dei figli, fornendo loro una piccola entrata aggiuntiva; inoltre si sarebbe potuto migliorare l'alimentazione dei più ricchi, contribuendo così alla prosperità di tutta l’Irlanda!

Quella di Jonathan Swift era, come detto in entrata, solo una provocazione satirica, con la quale egli intendeva far aprire gli occhi di fronte all’ingiustizia sociale che, in molte delle sue oscure fattezze, si è purtroppo protratta fino ai giorni nostri.

Forse è meno nota un’altra “proposta” di un contemporaneo di Swift, tale Thomas R. Malthus (nell'immagine). Si trattava di un pastore protestante, economista e demografo inglese, nato nel 1766, che sostenne una teoria sullo sviluppo demografico davvero particolare. Qui sotto vi propongo un passo oltremodo interessante e significativo, tratto dal suo “Saggio sui principi della popolazione”.

“Ogni bambino nato in soprannumero rispetto all’occorrente, per mantenere la popolazione al livello necessario deve inevitabilmente perire, a meno che per lui non sia fatto posto dalla morte degli adulti. Pertanto dovremmo facilitare, invece di sforzarci stupidamente e vanamente di impedire, il modo in cui la natura produce questa mortalità; e se temiamo le visite troppo frequenti degli orrori della fame, dobbiamo incoraggiare assiduamente le altre forme di distruzione che noi costringiamo la natura ad usare. Invece di raccomandare ai poveri l’igiene, dobbiamo incoraggiare il contrario. Nelle città occorre fare le strade più strette, affollare più persone nelle case, agevolando il ritorno della peste. In campagna occorre costruire i villaggi dove l’acqua ristagna, facilitando gli insediamenti in tutte le zone palustri e malsane. Ma soprattutto occorre deplorare i rimedi specifici alla diffusione delle malattie e scoraggiare quelle persone benevole, ma tratte decisamente in ingannano, che ritengono di rendere un servizio all’umanità ostacolando il decorso della estirpazione completa dei disordini particolari”.
Thomas Robert Malthus, “Saggio sui principi della popolazione

lunedì 12 novembre 2007

Cosa bolle in Rete? Ed. 1/07




I link della settimana: nuovi metodi di ricerca.

Quintura
Si tratta di un motore di ricerca semantico che aiuta l’internauta nelle ricerche più complesse. In pratica i risultati vengono visualizzati graficamente attraverso delle "tag cloud"; selezionando le tag, si riesce a circoscrivere in modo sempre più preciso e mirato il proprio campo di ricerca.
www.quintura.com

ChaCha
Chiedete e vi sarà dato (in sovrabbondanza!): questa è la filosofia dei tradizionali motori di ricerca. Chiedete e vi sarà scremato: è questo l’ambizioso proposito di ChaCha (che significa “cerca” in cinese). Si tratta di un sistema di ricerca che fa convivere il fattore umano con gli algoritmi e si rivela in grado di soddisfare le richieste più impensabili.
www.chacha.com

oSkope
Motore di ricerca molto intuitivo che consente una navigazione visuale attraverso quattro “big sites” del calibro di Amazon, eBay, Flickr e YouTube.
La ricerca può essere condotta per immagini che visualizzano i siti per popolarità-prezzo, popolarità-data d’immissione, prezzo-durata. Ideale, se non si sta cercando nulla di particolare ma si vuole una panoramica a 360º su quello che è presente in Rete.
www.oskope.com

I reduci invisibili



Negli USA il 25% dei senzatetto sono ex soldati che non hanno i mezzi per reinsersi nella società. Denuncia “shock” del New York Times.

L'11 novembre negli Stati Uniti è il "Veterans day", il giorno in cui il paese rende omaggio ai soldati che hanno servito in guerra. Il columnist di Usa Today, Al Neuharth, sostiene che quest'anno la ricorrenza "non evocherà soltanto tristi ricordi, ma anche tanta commozione per le vittime della guerra in Iraq, dove il numero dei morti del 2007 ha già superato quello dell'anno scorso".
Molti giornali statunitensi si concentrano, invece, sul difficile reinserimento dei reduci nella società. "Il New York Times ha scritto che il 25 per cento delle persone che vivono per strada sono dei reduci di guerra", scrive il Seattle Post-Intelligencer.
"L'idea che in un paese così ricco ci siano dei senzatetto è straziante. Ma ancora più terribile è il fatto che molti soldati che hanno servito il paese si riducano a vivere in strada perché non ricevono aiuti finanziari e non hanno un'assicurazione sanitaria".
A questo proposito il New York Times scrive: "Molti americani credono che gli ex soldati abbiano facile accesso alle cure, ma non è vero. Uno studio della Harvard Medical School ha rilevato che milioni di reduci non riescono a farsi curare negli ospedali militari, né hanno un'assicurazione che gli permette di rivolgersi ad altre strutture. Molti di loro appartengono alla classe operaia, ma non hanno un reddito abbastanza basso per rientrare nel programma sanitario gestito dal dipartimento dei reduci. Una proposta di legge attualmente ferma al congresso potrebbe aiutare centinaia di migliaia di persone a rientrare in questo programma".