domenica 30 novembre 2008

Falsi dentisti: oltre 15'000 casi!


Scope da netturbini o metri da sarto di mattina, trapani da dentisti il pomeriggio. E’ forse questa la fotografia più preoccupante dello scenario che ci potrebbe capitare se vi viene un mal di denti. I Nuclei Anti Sofisticazione dei Carabinieri (NAS) rilevano quasi ogni giorno abusi da parte di falsi dentisti che (senza nemmeno un diploma odontotecnico) si cimentano in otturazioni e devitalizzazioni, praticano anestesie e prescrivono farmaci e terapie. Farmaci che, inoltre, sono spesso scaduti o rubati alle strutture ospedaliere pubbliche.

I numeri del 2008 sono a dir poco impressionanti! Mille ispezioni, 344 persone denunciate, una struttura dentistica sequestrata ogni tre giorni, 140 attrezzature specialistiche confiscate per un valore complessivo di 23 milioni di euro. Tra le infrazioni più frequenti, i falsi dentisti (come detto, senza nemmeno un diploma odontotecnico) svolgono veri e propri interventi chirurgici. Inoltre è venuta alla luce la copertura e connivenza di medici odontoiatri che fanno lavorare nei propri studi operatori non abilitati.

Sono almeno 15.000 (su un totale di 54.000 odontoiatri e 34.000 odontotecnici), in Italia, i falsi dentisti, ovvero professionisti che si spacciano per odontoiatri e odontotecnici senza invece avere alcun titolo di studio nel settore. A dirlo è il presidente della Commissione nazionale dell’Albo degli Odontoiatri Giuseppe Renzo. Molti casi di abusivismo, avverte, «ci risultano al Sud, anche se il fenomeno è presente su tutto il territorio nazionale». Quindi un appello: «Invitiamo i cittadini a segnalare fenomeni e operazioni “sospette”, anche in merito a possibili medici che si offrono come prestanome e consentono nei loro studi l'esercizio abusivo. Tali medici vanno infatti espulsi dalla professione». Infine, avverte Renzo, «va ricordato che il cittadino truffato da un falso dentista ha sempre diritto al rimborso della somma spesa ed alla richiesta dei danni».

Forse non ci crederete, tuttavia oggi un falso dentista rischia solamente una sanzione pecuniaria e, successivamente, gli viene anche restituita l'attrezzatura sequestrata! Per questo l'Associazione nazionale dentisti (ANDI) e la Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo) chiedono un inasprimento delle pene, «arrivando fino all'arresto e reclusione, con la confisca definitiva delle attrezzature». Vi sembra troppo?

C'è il rischio concreto, avverte l'Andi, di una maggiore diffusione di malattie infettive che possono essere trasmesse con l'utilizzo di strumenti non sterili o con procedure non corrette praticate dagli abusivi, soprattutto Epatite B e addirittura l'Hiv.

GuruKonK



Fonte: sito web di “Il Tempo”, di “Il Messaggero” e “Crimeblog”



Nell’immagine un tipico “cavadenti”: mi fanno sempre una gran paura!

giovedì 27 novembre 2008

Nomentana: è omicidio volontario!


Nel maggio scorso aveva investito e ucciso due ragazzi passando a tutta velocità (93 km/h, secondo i rilievi sul campo) con il semaforo rosso nel buio della notte. Stefano Lucidi è stato condannato a 10 anni per omicidio volontario per l'incidente accaduto sulla Nomentana, a Roma, nel quale persero la vita Alessio Giuliani (25 anni) e Flaminia Giordani (22 anni). E' la prima volta in Italia che viene configurato questo reato in un caso di incidente stradale, finora la giustizia non si era mai spinta oltre l’omicidio colposo. Il PM Carlo La speranza, titolare dell’inchiesta, aveva chiesto addirittura 14 anni.

Il GUP Marina Finiti non ha invece accolto la richiesta del PM di disporre due anni di isolamento per l'imputato. Lo stesso giudice si è invece riservato di decidere in merito alla richiesta di concessione di arresti domiciliari sollecitata dalla difesa di Lucidi. La decisione è attesa nei prossimi giorni.

Come molti di voi ricorderanno, Stefano Lucidi, il 22 maggio scorso, uccise con l'auto del padre i due fidanzati che viaggiavano a bordo di uno scooter. A luglio, nello stesso tratto di strada, perse la vita Rocco Trivigno, ucciso da un furgone condotto da Ignatiuc Vasile, un ragazzo moldavo di 23 anni che aveva appena rubato il veicolo.

Sino ad oggi la condanna più dura era stata comminata a Marco Ahmetovic, il giovane rom di 22 anni che la notte del 23 aprile 2007 uccise quattro giovani di Appignano del Tronto, mentre era alla guida del suo furgone, ubriaco. Ahmetovic fu condannato a 6 anni e mezzo in primo grado.


Le reazioni alla sentenza non si sono certo fatte attendere. «Un pizzico di giustizia è stato fatto da una donna (il GUP Marina Finiti, n.d.K.) che, oltre a essere rispettosa delle leggi, è degna di essere chiamata tale, cioè donna. Forse solo una donna poteva promulgare un verdetto così coraggioso. Nel rispetto della legge ha dimostrato di fare il suo dovere». La mamma di Alessio Giuliani, Angela, ha accolto con le lacrime la sentenza del GUP.

«Giustizia è stata fatta, almeno mia sorella e Alessio possono riposare in pace e i miei genitori andare avanti serenamente», ha aggiunto Emiliano, fratello di Flaminia.

«E' una sentenza giusta che dedichiamo a tutti quei ragazzi che hanno perso la vita e non hanno avuto giustizia. Che questa sentenza costituisca un monito severissimo per tutti quei giovani che hanno perso il senso della loro vita e il rispetto profondo della vita altrui» commenta l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, legale di parte civile e legale delle famiglie dei due ragazzi.

Di un’altro avviso il giudizio dell'avvocato difensore di Stefano Lucidi: «È una decisione assolutamente in contraddizione con la giurisprudenza e la legittimità legale! Sono convinto che difficilmente potrà resistere al vaglio del giudice di appello. Aspettiamo il deposito della motivazione e poi fare impugnazione. Quella di Lucidi fu una terribile negligenza e per questo deve essere punito, invece la sentenza si spinge fino a dire che la sua azione fu un gesto volontario e atto a togliere la vita a qualcuno!» dice Basilio Fiore.

Prima della lettura della sentenza, come vuole la procedura, il GUP ha permesso all’imputato di fare una dichiarazione, piena di dolore e pentimento: «Provo dolore e rimorso. Scrissi una lettera (destinata ai familiari delle vittime, n.d.K.) che diedi al mio avvocato. Confermo la versione già resa. Ero convinto di superare l’incrocio perché conosco perfettamente quanto è largo dato che vivo in quella zona. Avevo l’assoluta certezza di passare indenne. Quando sono passato il semaforo era giallo, il rosso è scattato dopo aver impegnato l’incrocio. Non potevo immaginare che passasse un motorino! Questa mia leggerezza mi tormenterà per tutta la vita.»

GuruKonK



Fonti della notizia: i siti web di “L’Espresso”, di “La Repubblica”, di “Il Giornale”.



Nell’immagine: un’impressionante fotografia che testimonia la potenza del tragico impatto.

martedì 25 novembre 2008

Ordinarie follie (ediz. 16.08)


Un affettuoso saluto a tutti gli amici del Blog. Prima di presentarvi la nuova edizione delle “Ordinarie follie”, vorrei ringraziare di cuore quelli tra di voi che, negli ultimi giorni, mi hanno fornito un grande quantità di ottimo materiale. Vi garantisco che le vostre suggestioni troveranno presto lo spazio che meritano su queste pagine. A questo punto passiamo senza indugi all’introduzione del Post odierno.

Per prima cosa vi racconterò di un detenuto tedesco (Ysar Bayrak, ex spacciatore di droga) che si è infilato in un grosso scatolone ed è così riuscito ad evadere dal carcere. Poi voleremo fino in Corea del Sud per conoscere una donna talmente ossessionata dalla chirurgia estetica da essere arrivata al punto di iniettarsi del normale olio da cucina al posto del silicone! Per finire parleremo dei coniugi Sherman, una coppia in causa contro il colosso dei fast food McDonald’s, per dei motivi “piccanti” ma che nulla hanno a che vedere con il cibo!


Non aprite quella scatola!

Una fuga degna di Edmond Dantes. O forse della banda Bassotti. Ma se il protagonista del romanzo di Dumas si chiudeva in un sacco per cadaveri e si faceva buttare in mare, un detenuto di un carcere tedesco ha pensato che le poste teutoniche fossero un mezzo più efficiente e per fuggire dalla prigione di Willich si è letteralmente spedito.

Il detenuto infatti si è infilato in un grosso pacco con tanto di mittente e destinatario. Lo scatolone è stato caricato insieme al resto della corrispondenza su un autocarro e così Ysar Bayrak, un trentasettenne spacciatore di droga che doveva scontare ancora tre anni, ha lasciato il complesso di correzione situato nella regione del Nordreno-Westfalia.

Il quotidiano tedesco “Bild” riferisce che dopo aver percorso un buon tratto di autostrada il conducente si è accorto dallo specchietto retrovisore che il telone di fondo dell'automezzo svolazzava liberamente. Ha accostato per fissarlo e si è accorto che sul pianale di carico c'era un grosso pacco di cartone aperto e vuoto. Avvertita immediatamente per telefono, la direzione del carcere ha fatto l'appello e ha scoperto che Bayrak era diventato uccel di bosco. La fuga del detenuto è stata favorita dal fatto che nel carcere di Willich, una struttura costruita oltre un secolo fa, manca l'abituale detector a raggi infrarossi, in grado di segnalare anche i battiti cardiaci di persone nascoste nei carichi in uscita. Con un certo spirito di rassegnazione la direttrice dell'istituto di pena, Beate Peters, ha spiegato che si sta indagando se il fuggiasco sia stato aiutato da alcuni complici, anche se ha dovuto ammettere che “i detenuti non sono purtroppo molto loquaci”.


Un’ossessione pericolosa!

Una donna coreana, Hang Mioku, ha effetuato il suo primo intervento di chirurgia estetica 20 anni fa, quando aveva 28 anni. La donna si è sottoposta da allora a numerosi interventi, in primo luogo al viso, operazioni che l’hanno lentamente sfigurata, alterandone notevolmente i connotati, tanto che alla fine i chirurghi estetici hanno rifiutato di sottoporla ad ulteriori interventi, sostenendo che la sua ossessione fosse di natura puramente psicologica. Troppo tardi, però. Infatti la donna si è trovata totalmente sfigurata, tanto da aver faticato ad essere riconosciuta dagli ormai anziani genitori.

La donna è stata allora messa in cura da uno psicologo, ma sostenendo che questo tipo di cura era troppo costoso, la donna è ricaduta nel vizio ed ha trovato un medico compiacente che non solo le ha proposto di sottoporsi ad una serie di iniezioni di silicone, ma le pure fornito siringhe e silicone per potersi fare le iniezioni da sola, a casa.

Quando però la donna ha finito il silicone, ha pensato bene di usare come sostituto dell’olio da cucina! Come potete ben immaginare, l’idea ha avuto esiti devastanti: il viso della donna (già alterato) si è gonfiato in un modo che le agenzie stampa definiscono “grottesco”! La donna solo a questo punto si è resa conto di avere abusato della chirurgia estetica, e che in fondo la sua faccia originale non era poi così male... Come si dice? Meglio tardissimo che mai?

La storia della donna ha generato commozione nell’opinione pubblica coreana quando è finita in televisione, tanto da raccogliere fondi per effettuare dei nuovi interventi estetici nel tentativo di ridurre i danni. Solo durante la prima seduta le sono stati tolti oltre 60 grammi di sostanze dalla faccia e oltre 200 grammi dal collo. Alla fine del ciclo, la faccia della donna è tornata ad avere dimensioni quasi normali, ma è purtroppo rimasta sfigurata e piena di cicatrici.

Contro il medico “compiacente” che le ha permesso di rovinarsi ulteriormente il viso, è in atto una procedura amministrativa, che potrebbe costargli l’abilitazione al libero esercizio della professione, e un procedimento penale, che potrebbe costargli la libertà.


Foto piccanti da McDonald’s!

Una coppia di Bella Vista, Arkansas, Phillip e Tina Sherman, ha fatto causa al proprietario e ad un manager di un ristorante McDonald's dopo che delle foto a luci rosse della donna sono finite su Internet. Philip Sherman aveva scattato qualche tempo fa delle foto alla moglie con il suo cellulare, finché un giorno non ha dimenticato il telefono in un ristorante McDonald's a Fayetteville.

Le foto presenti sul cellulare sono state pubblicate sul web, e la donna ha ricevuto diverse telefonate e messaggi osceni. Per lo stress e i danni psicologici che questo avrebbe causato alla donna, gli Sherman hanno chiesto 3 milioni di dollari di danni al proprietario e al manager del ristorante.

Gli Sherman (che per sottrarsi alle malignità dei vicini hanno anche dovuto traslocare!) sostengono che il responsabile del fast-food aveva in custodia il telefono, poiché avrebbe anche cercato di avvertire l’uomo del ritrovamento del telefono. Come le foto siano però passate dalla memoria del cellulare al Web non è ancora stato chiarito...


Per oggi è tutto! Vi ringrazio per l’affetto che, giorno dopo giorno, continuate a dimostrare verso questo piccolo Blog!

Un abbraccio, GuruKonK!



Nell’immagine: un VAN della Deutsche Post.

domenica 23 novembre 2008

Auto barbariche e Silvio-Nerone


Siamo di colpo nell'Antica Roma. I “nuovi barbari del clima” alla guida di tre automobili tedesche hanno invaso il Circo Massimo. A fargli strada un Berlusconi nei panni di un “nuovo Nerone”. Ma i cittadini del popolo romano sbarrano la strada agli invasori con due grandi striscioni: “Quo vadis, Berlusconi?” (Dove vai Berlusconi?) e “Vade retro CO2! Inquinatores non prevalebunt” (Vai indietro CO2. Gli inquinatori non prevarranno). Sono circa quaranta gli attivisti di Greenpeace coinvolti in questa spettacolare azione.

È la protesta di Greenpeace contro il Governo Berlusconi, che affianca le case automobilistiche tedesche nell'indebolire il primo regolamento europeo per la riduzione delle emissioni di CO2 (anidride carbonica). Il Governo ha minacciato di bloccare l'intero “pacchetto energia e clima”, di cui il regolamento è parte integrante.

Il Circo Massimo è proprio il luogo dal quale, nel 64 d.c., si propagò l'incendio che distrusse Roma mentre Nerone (secondo alcune cronache dell’epoca) restava a guardare senza far nulla. E oggi “Silvio-Nerone” appoggia la lobby delle automobili, minando gli impegni per fermare il riscaldamento globale.

Mentre gli attivisti di Greenpeace protestavano al Circo Massimo contro Berlusconi e le auto tedesche dalle “emissioni barbariche”, si trova a passare sul posto proprio il Ministro dell'Ambiente: l’affascinante Stefania Prestigiacomo. È a bordo di una grossa Mercedes, uno dei marchi automobilistici con le più alte emissioni di CO2, e dichiara: “Il governo italiano non è contro il pacchetto energia ma per una diversa ripartizione degli sforzi”. Questo a parole, purtroppo i fatti raccontano tutta un’altra storia.

La proposta della Commissione europea prevede un obiettivo di riduzione delle emissioni di 130 g/km (grammi per ogni chilometro percorso) da raggiungere entro il 2012 e sanzioni pari a 20 € al grammo per ogni auto, che diventeranno 95 € nel 2015. La Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha proposto un ulteriore obiettivo di 95 g/km da raggiungere entro il 2020.

Le case automobilistiche europee (guidate dalla potente lobby tedesca) hanno fatto enormi pressioni per indebolire decisamente gli obiettivi di riduzione. Se le loro richieste venissero accolte, potrebbero addirittura incrementare le loro emissioni a oltre 160 g/km entro il 2012. Nel 2015, le emissioni medie potrebbero essere ancora pari a 139 g/km, solo il 2 per cento meno rispetto ai trend attuali!

Eppure l'industria automobilistica italiana (in questo caso parlo della Fiat) è una delle case che presentano le minori emissioni medie di CO2, nonché la più vicina al raggiungimento degli obiettivi previsti dal regolamento! L'Italia deve puntare sull'efficienza nei consumi, valorizzando il vero vantaggio competitivo dell'industria automobilistica nazionale e ponendosi come esempio nella produzione di veicoli a basso impatto ambientale.

A mio parere si tratta di obiettivi più che ragionevoli. A titolo di esempio posso dirvi che il sottoscritto guida dal 2004 un’automobile francese, non un “bolide” ma un veicolo più che dignitoso, scelto perché produceva “solo” 98 grammi di CO2 al chilometro. Quello che voglio dire è che i traguardi preposti sono raggiungibili con un po’ di buona volontà; e che noi consumatori possiamo influenzare moltissimo il mercato, prediligendo quei veicoli che, a parità di prestazioni, immettono la minore quantità di CO2 rispetto alla concorrenza.

Vi ringrazio di cuore per aver dedicato la vostra attenzione a questo Post.

Un abbraccio e a presto, GuruKonK.



Fonte della notizia: sito web di “Greenpeace”.



Nell’immagine: Silvio Berlusconi nei panni dell’imperatore romano Nerone.

venerdì 21 novembre 2008

Il declino di un presidente


George W. Bush che sale sul palco per la “photo opportunity” con i leader del G20 e nessuno gli stringe la mano. La CNN ha mandato in onda immagini terribilmente imbarazzanti del Presidente degli Stati Uniti. Nel video si vede Bush mentre sale sulla pedana allestita per la foto di gruppo con gli altri leader, riuniti a Washington per il vertice di venerdì e sabato scorsi. Bush si sistema sul gradino inferiore della pedana, passando in rassegna tutti i leader già sistemati su quello superiore: (in ordine) il governatore della banca d’Italia Mario Draghi, il segretario generale della Nazioni Unite Ban Ki-moon, il Portatore Nano di democrazia Silvio Berlusconi, il presidente della Commisione UE Josè Manuel Durao Barroso, il premier britannico Gordon Brown, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero. Il Primo Ministro giapponese Taro Aso, davanti a George Bush, stringe calorosamente le mani degli altri leader. Così fa il presidente brasiliano, Luis Ignacio Lula da Silva. Tutti si stringono le mani a vicenda, tranne lui.

Sembra abbastanza triste”, commenta lo speaker della CNN Rick Sanchez, “questo è il presidente degli Stati Uniti che sale sul palco per farsi fare una foto con i leader mondiali. Guardatelo: si comporta come il ragazzino meno popolare alle superiori, quello che non piace a nessuno e che i compagni cercano di evitare. Tutti si stringono mani, tutti si sorridono e scherzano allegramente, mentre lui cammina in avanti, nessuno gli stringe la mano e lui non stringe la mano a nessuno”.

Anche il grande amico di George W. Bush, Silvio da Arcore, è sembrato più tiepido che nelle precedenti occasioni. Tutti ci ricordiamo le battute, i complimenti reciproci e gli abbracci tra i due leader. Chi può dimenticare i week end che la “strana coppia” trascorreva nell’ameno Ranch della Bush Family nel profondo Texas? Ora invece sembra che qualcosa sia cambiato.

Certo, la popolarità del presidente “cowboy” è in declino ormai da tempo e la statura da grande statista di Barack Obama ha di certo contribuito ad oscurarne l’immagine, ma il comportamento dei suoi ex amici è giunto inaspettato.

Bisogna dire che il passaggio da “capo del mondo libero” a pensionato di lusso non è mai stato facile per nessun presidente, tuttavia molti osservatori internazionali sottolineano il bieco opportunismo di Berlusconi, Brown & company.

Personalmente, la condotta dei leader del G20 verso George Bush la riassumerei con il seguente pensiero: adesso che ha perso tutto il suo potere e peso politico, lo trattano semplicemente per quello che è, ovvero una pericolosa marionetta con un ordine di sfratto in tasca!

Purtroppo è noto a tutti come nel mondo della politica, della macro economia e della cosiddetta “alta finanza”, nessuno ti faccia sconti. Chi ieri ti chiamava amico (naturalmente per motivi di turpe convenienza), oggi ti gira le spalle senza scrupoli perché non gli servi più. Adesso non fraintendetemi, io non ho nessuna simpatia per l’operato di George W. Bush. Non gli perdonerò mai le menzogne sull’arsenale iracheno, le “cluster bomb” lanciate su Falluja, le stragi di civili innocenti, le torture nei campi di prigionia, il veto sulla rattifica del “Protocollo di Kyoto”, i rapimenti e le sparizioni ad opera della C.I.A., eccetera, eccetera, eccetera! Devo però ammettere che vederlo snobbato come un lebbroso, da parte di un gruppo di potenti ipocriti mi ha un po’ infastidito.

Forse coloro che oggi gli voltano le spalle potevano dimostrare maggiore fermezza (invece di “calcare le braghe”) quando Bush fece decollare i bombardieri B-2 in direzione di Baghdad... Tutto qui.

GuruKonK



Link per vedere il video “incriminato” della “photo opportunity” a conclusione del vertice dei G20.



Fonte della notizia: sito web dell’agenzia “A G I”.



Nell’immagine: la foto a conclusione del vertice G20 di Washington, un bel gruppo di amiconi!

mercoledì 19 novembre 2008

Il Mystico Giudizio no. 24


Questa volta il compito non è dei più semplici. Infatti mi ritrovo a parlare di un film di cui è bene parlare il meno possibile: “The Forgotten”, un conturbante thriller soprannaturale realizzato nel 2004. Misterioso, spaventoso, intenso… Non è possibile apprezzarlo appieno, sapendo in anticipo cosa riserva la trama. Il fatto è che questa pellicola si basa interamente su un mistero non enunciabile. Farlo, sarebbe come ammazzare sul nascere il gusto della sua visione. E sarebbe davvero un peccato perché trovo (supportato dal nostro Guru) che “The Forgotten” sia un film ben fatto e gustoso.

Allora, vi stavo parlando di un mistero che non può essere rivelato ma che regge l’intero film e che quindi devo spiegare, almeno in parte. Dunque, vediamo come affrontare la questione…

Protagonista è una donna, sposata, che segue una terapia psichiatrica in seguito ad un grosso trauma subito in passato: la scomparsa del piccolo figlio. Morto? Sembrerebbe di sì: è quanto ricorda lei, sostenuta dal marito e dal suo psichiatra. Ma è così solo nelle battute iniziali del film. Poi le cose cambiano in modo inaspettato e radicale. Che il bambino non sia mai esistito…? Le persone che prima assecondavano la donna nella sofferenza del lutto, ora sono le prime a caldeggiare la seconda versione. Se così fosse, evidentemente la donna sarebbe gravemente ammalata. E’ giunto il momento di prenderne coscienza? Immaginate quanto destabilizzante possa essere questa condizione per lei... Non voglio nemmeno immaginare una situazione psicologica più complessa e dolorosa di questa! Ma c’è di buono che non crolla: mantiene intatta la sua convinzione e fa di tutto per dimostrare – innanzitutto a sé stessa – che un figlio l’ha avuto, eccome! Ma se veramente ha avuto un bambino, perché sembra tanto difficile provalo? In fondo si parla di un essere umano… Possibile che la sua seppur breve vita non abbia lasciato tracce tangibili a distanza di pochi anni?

Mi fermo qui. Tra l’altro mi è bastato scrivere queste poche righe sul film, per risvegliare una certa tensione dentro di me. Quella tensione che mi aveva accompagnato durante la visione del film. Forse per il Guru è lo stesso. Eppure di horror e thriller inquietanti ne abbiamo guardati molti...

The Forgotten” ci ha soddisfatto davvero. Sarà che eravamo particolarmente predisposti, quella sera, a gustarlo senza pregiudizi e senza quell’atteggiamento da scafati cultori del giallo e del paranormale che compromette la purezza di una sana ora e mezza di spavento e tensione in formato cinematografico. O forse sarà che questo film è davvero ben fatto. Credo in questa seconda opzione.

Il Mystico Giudizio: molto brava l’attrice principale Julianne Moore. Bravo il regista Joseph Ruben. Ma brava soprattutto la mente che ha partorito la storia: Gerald Di Pego, che firma la sceneggiatura.

MysteXX



Nell’immagine: Julianne Moore, la talentuosa protagonista di “The Forgotten”, in una scena cruciale del film.

lunedì 17 novembre 2008

Facebook stoppa i razzisti!


Quando la violenza si esprime sul web, la prima conseguenza è che il fenomeno (per quanto con radici locali e con l’appoggio di poche persone) diventa all’istante fruibile da un numero immenso di utenti, e quindi rischia di espandersi più di quanto qualsiasi altro mezzo di diffusione multimediale abbia mai consentito. Se poi si tratta di proclami razzisti (come per esempio quelli diffusi da siti neonazisti e neofascisti nei confronti delle comunità Rom, delle associazioni ebraiche e degli stranieri in genere) allora è facile immaginare che la grancassa del web, soprattutto quando ci sono di mezzo siti super popolari come “Facebook”, risulti particolarmente potente ed efficace.

E’ a fronte di questo fenomeno che diverse organizzazioni internazionali, fra le quali il famoso “Simon Wiesenthal Center”, hanno lanciato un appello a “Facebook” attraverso il Parlamento Europeo. In particolare hanno segnalato l’aggravarsi della situazione e l’indebita propaganda che il sito di “social network” sta (suo malgrado) fornendo alla crescita di gruppi della destra estrema in tutta Europa.

Dura la presa di posizione del Rabbino Marvin Hier: “È vergognoso che sulla rete, sotto il vostro marchio, si trovino inaccettabili e offensive minacce di gruppi che incitano all'odio razziale, politico e religioso”.

L'obiettivo sono in particolare sette formazioni italiane (gruppi di neofascisti elencati per nomi e per responsabili) che secondo il “Wiesenthal Center da tempo “avvelenano la rete” e ora stanno lanciando un'offensiva contro i Rom. “Sono gruppi socialmente pericolosi che incitano alla violenza fisica a danno di varie minoranze etniche”, è la denuncia, presentata insieme ad alcuni deputati al Parlamento Europeo (fra di loro c’è anche Martin Schultz, quello che Berlusconi definì pubblicamente un “kapò” perché aveva osato chiedere lumi sul conflitto d’interessi): “Questo tipo di condivisione multimediale non deve aiutare e incoraggiare chi veicola messaggi di violenza. Siamo certi che i dirigenti di “Facebook” non resteranno indifferenti davanti a questo tipo di problemi.”.

A sostegno di queste tesi, è stato fornito alle autorità comunitarie e alla direzione di “Facebook” uno studio che mette in evidenza come questi gruppi di facinorosi utilizzino le potenzialità di diffusione del noto sito web per attaccare con minacce (e con vere e proprie azioni di commando nel mondo reale) le comunità Rom, le organizzazioni ebraiche e, in generale, anche le associazioni di sostegno agli immigrati disseminate un po’ in tutto il vecchio continente.

Tuttavia il problema è realmente di una dimensione globale, come puntualizza ancora Marvin Hier: “Quando nel 1995 ci fu la strage di Oklahoma City, esisteva un solo sito che inneggiava alle camere a gas. Oggi, i nostri ricercatori ne hanno individuati almeno ottomila. E non fanno eccezione “Facebook” o “YouTube”, dove s’insegnano le tecniche del terrore, chi odiare e chi uccidere!”. Per puntualizzare quanto sia deleteria e potenzialmente fatale l’indifferenza, Hier cita una frase di Albert Einstein che, per pura combinazione, il sottoscritto ha inserito come “riflessione del mese” agli inizi di novembre. La trovate in alto a destra...

Facebook” ha raccolto subito l’appello, e i responsabili del sito hanno dichiarato che interverranno con misure drastiche per cercare di arginare il fenomeno, ma al momento si può solo registrare come questo genere di gruppi razzisti sia in continuo aumento, raccogliendo migliaia di sostenitori in tutta Europa. La speranza è che si possa effettuare un rigido controllo di questi gruppi, anche se la multiforme e aperta realtà di “Facebook” non è così facile da controllare, proprio perché basata principalmente sulla libera circolazione di idee e di scambio interculturale fra tutti gli iscritti, al di là di possibili paratie erette dal “social networking”.

GuruKonK



Fonti della notizia: sito web del “Corriere della sera” e “PC World”.



Nell’immagine: un gadget originale che ci riporta alla memoria un ventennio che ha lasciato un sacco di bei ricordi...

domenica 16 novembre 2008

Tradimento virtuale, divorzio reale


Primo divorzio al mondo (perlomeno passato alle cronache...) dopo un tradimento virtuale. Una donna inglese si è accorta che il marito aveva una relazione su “Second Life” (la realtà virtuale più famosa al mondo) e ha deciso di chiedere la separazione. Entrambi appassionati delle community multi-utenti dove si vive una vita parallela, Amy Taylor e David Pollard (rispettivamente 28 e 40 anni) si erano conosciuti innamorati su una chat nel 2003. Il giorno del matrimonio, nel luglio del 2005, avevano replicato la cerimonia anche su “Second Life” ispirandosi alle nozze di David e Victoria Beckham. Ma è stata proprio la dimensione virtuale a rovinarli.

Secondo quanto racconta il “Daily Mail”, i due trascorrevano più tempo su Internet che nella realtà. E un giorno la donna ha scoperto l'avatar del marito in una posizione compromettente con una prostituta. “Sono diventata pazza”, racconta la donna, “ero così ferita che non potevo credere a quel che era successo”. Ma Amy non ha gettato la spugna: usando la moneta virtuale (il Linden Dollar) utilizzata dai residenti, ha assunto un detective per indagare sull'adulterio. La situazione è precipitata quando, ad aprile, ha scoperto un nuovo tradimento del marito, o per meglio dire della copia digitale del marito. “Abbracciava una donna su un sofà e l'atteggiamento era molto affettuoso”. Secondo Amy, il marito faceva cyber-sesso con un'utente in USA e per quanto i due non si fossero mai incontrati di persona, Amy si è sentita ugualmente tradita: “Gli ho chiesto di farmi leggere le conversazioni, ma lui ha spento il computer: ha confessato che aveva contatti con una donna americana da una settimana o due, ma ha detto pure che il nostro matrimonio era finito, che non mi amava più e che non avremmo mai dovuto sposarci”.

Sabato prossimo la donna andrà dal giudice per chiedere il divorzio. “L'avvocato non era affatto sorpreso” spiega. “Ha detto che era il secondo caso di divorzio collegato a “Second Life” che le capitava in una settimana”. E anche se Internet le ha rovinato la vita non ha intenzione di rinunciarvi: “Vado ancora online, ma non così tanto come prima”.

Per gli amanti del “gossip” ho il piacere di confidarvi che Amy si è già consolata: “Ho conosciuto qualcun altro e viviamo insieme. Sono molto felice: so che suona strano, ma mi fa bene”.

Il marito (che ha rilasciato l’intervista al “Daily Mail” solo attraverso “Second Life”!) ha dichiarato che “non pensa di aver fatto nulla di male”; e ha aggiunto che l’unico problema era quella che per tre anni è stata sua moglie. “Non ha mai fatto nulla in casa: stava solo al computer a fare giochi di ruolo. E se volevo trascorrere un po' di tempo con lei glielo dovevo chiedere in anticipo, ma lei si staccava sempre a fatica”.

Bene... l’angolo delle frivolezze virtuali finisce qui... Sono proprio curioso di leggere i vostri commenti in merito a questa storia.

Un abbraccio, GuruKonK.



Fonti: sito web del “Daily Mail” e sito web del quotidiano “La Repubblica” e del “Corriere della sera”.



Nell’immagine: un gruppo avatar incontrati su “Second Life”.

giovedì 13 novembre 2008

Alunno bullo? Paghino i professori!


L’alunno è un bullo, è violento e palpeggia la compagna. Sotto accusa finiscono quattro insegnanti, con un’imputazione pesantissima, violenza sessuale! Perché? Per non aver vigilato a sufficienza e per non aver impedito che gli abusi si ripetessero. Il Codice Penale italiano non fa differenza fra chi commette violenza e chi invece “ha l’obbligo giuridico di impedirla”. Lui, il bullo, all’epoca dei fatti (il 2006) era solo dodicenne, per cui risulta non imputabile. Sono quattro professori della scuola Lambruschini nei guai: il sostituto procuratore Maurizio Agnello ha chiesto il loro rinvio a giudizio. È stato il GIP Pasqua Seminara (si chiama davvero così) a sollecitare la formulazione dell’atto d’accusa, dopo avere letto una prima richiesta della Procura che chiedeva, invece l’archiviazione del caso.

Il giudice Seminara ha riletto tutti gli atti dell’inchiesta e tre giorni fa ha emesso un’ordinanza in cui si ripercorre la sofferta denuncia di una ragazzina di seconda media, costretta per mesi a subire le attenzioni del compagno. “Nessun intervento è stato fatto dagli insegnanti”, rileva il GIP. Che commenta: si sarebbe dovuto intervenire tempestivamente, senza ritardi. Avvertendo i genitori, i servizi sociali, le forze dell’ordine. “Tutti gli indagati rispondono di consapevole e colpevole omissione”, è stata la considerazione finale del giudice, che ha ordinato al PM (nella giornata di ieri) di formulare la grave imputazione.

I professori si erano naturalmente difesi. Interrogati in Procura avevano rappresentato la situazione difficile nelle classi. Lo stesso pubblico ministero aveva scritto nella richiesta di archiviazione: “La situazione disciplinare nel plesso scolastico dove si sono svolti i fatti era letteralmente disastrosa. Il minore responsabile, appartenente alla prima media, approfittava delle incursioni nella terza per palpeggiare la compagna”. Ma i professori avevano ribadito in Procura di non aver mai assistito ai palpeggiamenti. Tanto era bastato al PM: “Erano intenti a riportare la calma e a mantenere un minimo di disciplina, anche con modi energici (ma in che senso? n.d.K). Non c’era prova alcuna del dolo”.

Il giudice Seminara ha ritenuto diversamente. Quei palpeggiamenti furono ripetuti. In diverse occasioni il bulletto della scuola avrebbe anche seguito la sua vittima mentre andava in bagno. E sarebbe arrivato ad aggredirla, mimando un atto sessuale. All’ennesimo episodio, la ragazza prese a pugni il compagno. E alla fine, fu lei a ricevere un sonoro rimprovero da parte di un professore (non è fra quelli indagati. n.d.K). E pure una nota sul diario: “Messaggio per i genitori. Alla luce di quanto accaduto oggi, ossia i numerosi tentativi di palpeggiamento cui sua figlia è fatta oggetto, suggerirei di controllare l’abbigliamento. A tal proposito, esiste una direttiva ben precisa della preside a cui occorre attenersi”. Avete letto con attenzione? Anche in questo caso la responsabilità delle molestie sessuali viene imputata alla ragazzina e al suo abbigliamento. Come qualcuno di voi forse ricorderà, in un precedente Post avevamo avuto modo di dibattere circa la tendenza (in casi simili) di colpevolizzare la vittima.

Dopo la prima denuncia del padre dell’alunna, la preside e un’insegnante avevano presentato una controquerela. Ed era stato il genitore a finire indagato (sigh!), per diffamazione e calunnia. Ma per poco tempo. Quando la Procura ha chiesto di archiviare, la preside e il docente si sono opposti. E il GIP ha fissato un’udienza per esaminare ancora meglio la vicenda. Le deposizioni dei compagni di classe hanno segnato la svolta. Per il padre esasperato le accuse sono state archiviate. E sul banco degli imputati sono invece finiti i quattro professori. Il padre della ragazzina annuncia: “Ci costituiremo parte civile. Non cerchiamo un risarcimento economico, vogliamo solo sollecitare un dibattito serio sul mondo della scuola”. Bene! Noi saremo qui a riportare eventuali nuovi sviluppi!

GuruKonK



Fonte: articolo di Salvo Palazzolo pubblicato su “L’Espresso



Nell’immagine: Nelson Muntz, uno dei bulli più famosi al mondo, direttamente dalla mitica serie TV “I Simpson”!

martedì 11 novembre 2008

La storia di Hannah Jones


La storia di una ragazzina malata sta tenendo col fiato sospeso l'intera Gran Bretagna. Hannah Jones, 13 anni, è malata terminale di una grave forma di leucemia e ha chiesto dalle autorità sanitarie di poter morire a casa, tra le braccia di mamma e papà. I medici sono convinti che un trapianto di cuore potrebbe, in caso di successo, salvarle la vita per qualche anno. Ma lei dice di essere stanca e di volersene tornare a casa: “Voglio poter morire tra i miei familiari e i miei amici”.

Hannah ha convinto anche i medici dell'Herefordshire che per lei sia più giusto trascorrere il tempo che le resta da vivere con la sua famiglia, piuttosto che affrontare i rischi del trapianto e la sofferenza della riabilitazione. “Mi hanno spiegato tutto, ma io non volevo affrontare altre operazioni” ha dichiarato la ragazzina al “Daily Mirror”. “Ne ho avuto abbastanza di ospedali e volevo tornare a casa”.

Hannah ha passato gran parte degli ultimi otto anni in ospedale, dove l'hanno curata per la leucemia e per una terribile cardiomiopatia. Il suo cuore è in grado di pompare sangue solo a un decimo delle proprie capacità e la ragazzina ha già subito tre interventi di applicazione di pacemaker. Secondo i medici, senza il trapianto le restano sei mesi di vita. “Hannah deve essere stata molto convincente, perché dopo aver consultato i legali, le autorità hanno fatto sapere che non avrebbero intrapreso alcuna azione giudiziaria”, ha detto al quotidiano il padre della ragazza. “Lei sa che può cambiare idea in qualunque momento e mettersi in lista d"attesa per un trapianto”.

La madre della ragazzina, ex infermiera di terapia intensiva, riporta il parere di alcuni specialisti secondo cui il trapianto non sarebbe risolutivo e che nel giro di 5 anni la figlia avrebbe probabilmente bisogno di un altro cuore. “Ha subito parecchi traumi nella sua giovane e sfortunata vita. Sono contenta della decisione che ha preso. Credo che per lei sia giusto”. Nella lettera che ha scritto alla famiglia, il Primary Care Trust dello Herefordshire afferma che una azione giudiziaria è parsa inopportuna: “Hannah sembra aver capito la gravità della sua situazione. E' sembrata consapevole del fatto che sarebbe potuta morire”, si legge nella missiva pubblicata da “The Sun”.

Si è discusso delle opzioni terapeutiche e Hannah ha potuto esprimere chiaramente la sua intenzione di non voler tornare in ospedale per cure cardiache. E' chiaramente attaccata alla sua famiglia e vuole essere curata a casa fino alla fine”.

A prescindere dall’opinione che ognuno di noi ha sul diritto di rifiutare un accanimento terapeutico, questa rimane una storia durissima e straziante. La maturità e la motivazione con la quale questa ragazzina chiede di poter morire con dignità mi ha letteralmente lacerato il cuore. Non mi va di aggiungere altro.

Con affetto, GuruKonK.



Fonti: sito web del tabloid “The Sun”, del “Daily Mirror” e di “TGcom”.



Nell’immagine: Hannah Jones all’età di 5 anni, durante una visita ad Disney Paris.

domenica 9 novembre 2008

La clinica dell’orrore


Centotrentacinque euro. Ci sono posti in Africa dove con questa cifra si va avanti per mesi: acqua, cibo, farmaci, un po' di vestiti. In Nigeria corrispondono alla somma di 20.000 naira, un piccolo, effimero tesoro che per un contadino o un operaio può rappresentare la paga di oltre un anno di lavoro. Per 20 mila naira c'è chi è disposto a tutto, anche a vendere una vita umana. A Enugu, una delle città più povere nel sud del Paese, c'è un posto in cui di vite ne sono nate tante, e altrettante sono state comprate, immesse sul mercato e vendute al miglior offerente.

A scoprirlo è stata la polizia locale, in un luogo sulla carta tanto sicuro quanto lontano da ogni squallido commercio: un ospedale, una clinica per maternità molto conosciuta in zona, affollata di giorno, troppo silenziosa di notte, quando nei corridoi e nelle sale operatorie cominciava tutta un'altra attività che coinvolgeva medici, infermieri e personale esterno.

Secondo le prime ricostruzioni della polizia nigeriana, che ha fatto irruzione nella struttura, il medico responsabile dell'ospedale di Enugu attirava giovani donne che portavano avanti gravidanze non desiderate, proponendo loro di aiutarle ad abortire. Le adolescenti venivano invece rinchiuse fino al giorno del parto, poi, il baratto: il neonato in cambio del piccolo tesoro, 20.000 naira, senza possibilità di scelta. Per chi decideva di non separarsi dal proprio bambino erano botte.

I pargoli venivano poi venduti, a nigeriani ma anche a stranieri bianchi per una cifra che oscillava tra i 300.000 e i 450.000 naira (2.000-3.000 euro).

Per molte donne ricoverate non c'è stato neanche il cambio in denaro. Una volta entrate in clinica venivano drogate, violentate, costrette a partorire e allontanate dal proprio bambino. A raccontarlo alla France Presse è stato una diciottenne, una delle 20 ragazze liberate dopo l'irruzione della polizia: “Mi hanno fatto un'iniezione e sono svenuta, quando ho ripreso conoscenza mi sono resa conto che ero stata stuprata, poi mi hanno rinchiuso e il medico ha abusato di me più volte”.

Secondo il responsabile locale per la sicurezza, Desmond Agu, ad entrare in ospedale, in alcuni casi, erano donne molto giovani e molto povere “che ricorrevano a questa pratica volontariamente”. Ma nella clinica Enugu c'erano anche “donne ricoverate da tre anni, ingravidate da ragazzi chiamati appositamente dal primario della clinica, quindi obbligate a fare figli in condizioni di schiavitù”. In alcuni casi, i bambini vengono dati alla luce per avere più manodopera o farli prostituire.

Secondo le organizzazioni locali che da anni si battono contro il traffico di essere umani (così come riportato dalle maggiori agenzie di stampa) la pratica non è rara in Nigeria, il Paese con il maggior numero di abitanti del continente africano, pari a 148 milioni. Non esistono dati precisi sulle “fabbriche dei bambini”, come sono state ribattezzate dalla stampa nazionale, e sul numero di neonati destinati ogni anno alla vendita, ma secondo gli attivisti si tratta di un'attività diffusissima, gestita da organizzazioni molto strutturate. “Pensiamo siano più grandi di quanto sappiamo”, dice Ijeoma Okoronkwo, direttore regionale dell'Agenzia nazionale per il bando del traffico di esseri umani.

Le strutture simili alla clinica di Enugu scoperte finora nel Paese sono almeno una decina. “Tutto questo esiste da tempo” ha aggiunto Okoronkwo “ma noi ne siamo al corrente solo dal dicembre 2006, quando una ONG ha lanciato l'allarme e ci ha segnalato che i neonati venivano venduti e che vi erano coinvolti gli ospedali”.

Ma chi compra i bambini? Secondo la polizia e le organizzazioni umanitarie si tratta soprattutto di gente del posto. Nella società nigeriana la sterilità di una donna sposata è un fardello e c'è gente disposta a pagare qualsiasi cifra per comperare un bambino. “Molte persone” afferma Okoronkwo “non sanno neppure che quel che fa è fuori legge, credono si tratti di una normale adozione”.

Nigeriani, dunque, ma nessuno può escludere che il traffico possa essere alimentato anche da stranieri, europei o americani (come accade già in altri Paesi dell'Africa subsahariana), persone per le quali 2.000, 3.000 euro rappresentano una cifra irrisoria. Intanto, le “fabbriche” continuano a produrre, incrementate da un ritmo che, secondo dati Unicef, varia da i 10 ai 15 bambini venduti ogni giorno.

GuruKonK



Fonte: articolo dell’ottimo Andrea D’Orazio, pubblicato sul sito web de “L’Unità”.



Nella fotografia, un bambino che sembra volerci richiamare alle nostre responsabilità: chi ha voce per denunciare, lo faccia senza esitazioni!

giovedì 6 novembre 2008

Big Bang Obama!


Erano soprattutto giovani, centinaia di migliaia di giovani, a piangere di gioia nel prato del Grant Park e nelle strade circostanti, a Chicago, martedì notte. E in questo caso l'età non è un mero dato anagrafico, ma la novità che illumina le elezioni del 4 novembre e spiega il trionfo di Barack Obama: 68 nuovi elettori giovani su cento hanno votato per lui, in totale l'11% dell'intero elettorato, una massa di elettori che ha fatto la differenza. Il movimento di opinione che Obama ha generato tra i ventenni non è stato solo decisivo per la conquista della Casa Bianca, ma rappresenta di per sé un elemento destinato a cambiare la politica americana. Ma questa svolta è stata determinata dall'unicità del nuovo presidente americano.

Obama è il primo politico della nuova generazione ad arrivare al potere, il primo leader post ideologico a essere maturato dopo la caduta del muro di Berlino, in un mondo non più spaccato in due, fatto di amici o di nemici (“o sei con noi o sei contro di noi”, George W.Bush lo ripeteva spesso, n.d.K.). Obama non è un uomo della sinistra tradizionale. Michael Walzer, uno degli intellettuali progressisti più lucidi degli Stati Uniti, dubita persino che si possa considerare un uomo di sinistra, nel senso che non ha ereditato i vecchi steccati ideologici figli del secolo scorso.

Della sinistra Obama ha ereditato i principi ispiratori, che lo spingono a battersi contro le crescenti disuguaglianze sociali e a promettere l'assistenza sanitaria ai 50 milioni di americani che ne sono privi. Ma Obama è l'uomo del pragmatismo, un risolutore di problemi senza remore ideologiche. Per questo i giovani, che non capiscono più il linguaggio della vecchia politica, lo hanno portato di peso fino alla Casa Bianca!

Fin dal febbraio 2007, quando annunciò la sua candidatura lanciando la sua temeraria sfida a Hillary Clinton, Obama sottolinea la necessità di ritrovare l'unità culturale del Paese, lacerato da 40 anni di divisioni partigiane che sembrano ormai figlie di un'altra epoca. Quello che a molti può sembrare retorica, è il nocciolo innovativo del suo pensiero politico.

Obama è il primo presidente nero a vincere le elezioni presidenziali, dopo 220 anni di Repubblica. Questa è la svolta che rende queste elezioni storiche, e cambierà probabilmente la cultura dei neri americani, riscattando la loro storica marginalità. Ma il colore della pelle di Obama non è l'unico elemento rivoluzionario del suo successo. Obama è anche il primo presidente da tempo immemorabile che proviene da una grande città del “Nord-Est liberal”, e per di più è un professore universitario, un intellettuale, un pensatore sofisticato, e anche un ex militante politico di base. I due presidenti democratici eletti negli ultimi 40 anni, Jimmy Carter e Bill Clinton, erano due moderati del Sud. Ma Clinton restò sempre sotto al 50 per cento dei voti, e Carter si fermò al 50,1. Obama è andato oltre il 52. Bisogna risalire al 1960 per trovare un altro presidente liberal del Nord-Est, John Kennedy, che però era un “wasp” e un eroe di guerra.

L'elezione di Obama mostra che negli Stati Uniti è in atto un rivolgimento demografico e culturale che sta cambiando la vecchia geografia politica. E infatti Obama ha vinto in uno Stato come la Virginia, che nell'era Bush sembrava un inattaccabile fortino conservatore, e ha conquistato Florida e Ohio, Nevada e Colorado.

John McCain e Sarah Palin hanno cercato di spegnere l'entusiasmo crescente per Obama usando il vecchio repertorio della propaganda conservatrice, accusandolo di essere un “socialista”, un'offesa fino a ieri infamante negli States, che è improvvisamente sembrata un'arma spuntata se lanciata contro di lui. E' come usare un linguaggio del secolo scorso per descrivere un uomo del XXI secolo.

Eleggendo Obama, gli americani non avrebbero potuto nominare un presidente più diverso da Bush. Al contrario del suo predecessore, è uno studioso curioso e raffinato, si forma le idee ascoltando e studiando, non si lascia sopraffare dall'istinto. Non seguirà i precetti del “neoliberismo reaganiano”, ma neanche quelli dello vecchio statalismo socialista. Si porrà in mezzo, con un pragmatismo figlio dell'intelligenza più che della tradizione.

Mai un successo elettorale è stato così carico di aspettative e di significati simbolici. Per 20 lunghi mesi Barack Obama ha condotto una campagna elettorale praticamente perfetta, la più costosa della storia, per convincere gli americani di essere la persona adatta a cambiare il mondo. Gli hanno creduto. E già nella notte della vittoria, nel delirio di gioia che si respirava sotto il palco di Grant Park e in milioni di case in tutto il Paese, i democratici americani cominciavano a interrogarsi sul futuro. Fino a che punto Obama sarà in grado di realizzare il cambiamento promesso? Fino a dove la crisi economica, le lobby, i poteri occulti gli permetteranno di spingersi?

Molti analisti hanno già paragonato la sua elezione a quella di George Washington nel 1789 e di Abraham Lincoln nel 1860. Walzer pensa che Obama risponderà alla crisi economica lanciando un New Deal sullo stile di Franklin Delano Roosevelt. Paragoni impegnativi, non trovate?

I conservatori dicono che Obama resta un grande punto interrogativo. Ma dopo venti mesi di campagna elettorale il neopresidente ha dimostrato alcune doti importanti. È un uomo di grande sangue freddo, che non ha mai perso la pazienza anche quando è stato sottoposto agli attacchi più duri, beceri e volgari, prima da parte di Hillary e Bill Clinton, poi da John McCain e Sarah Palin. È capace di comunicare apertamente con i cittadini e di dialogare con cortese fermezza con i nemici. È un asso nello scegliere gli uomini, come ha mostrato nel nominare i leader della sua organizzazione. Secondo alcuni affermati osservatori politici: “Mai, nella storia recente, una campagna elettorale è stata così efficace e disciplinata, senza polemiche interne e personalismi”.

Si fanno molti nomi sui possibili componenti della sua amministrazione, ma si tratta probabilmente di illazioni. Ci saranno certamente alcuni esponenti repubblicani che lo aiuteranno a sfondare il muro di diffidenza del partito avversario (Colin Powell? n.d.K.). Ma Obama comincerà a lavorare al programma e all'organigramma solo nei prossimi giorni. Tra le centinaia di consulenti che già hanno lavorato per lui ci sono gli esponenti migliori delle cosiddetta “intellighenzia nazionale”. Come sempre capita, gli americani sono magnanimi nei confronti di un presidente appena eletto, e gli concederanno una luna di miele di alcuni mesi. Ma sarà necessario che nei primi cento giorni della sua presidenza, dal 20 gennaio alla fine di aprile, Obama non deluda le truppe che lo hanno votato. Alcune mosse sono indispensabili, ma tutte possono provocare contro-reazioni pericolose nel Paese.

Tutti si aspettano una svolta nella politica energetica, che è stato il suo cavallo di battaglia per tutta la campagna elettorale. Alcuni suoi consulenti assicurano che Obama lancerà un grande progetto nazionale per la ricerca e lo sviluppo di fonti energetiche alternative, nuovi incentivi per la costruzione di centrali a emissione zero e la fine degli sconti fiscali ai petrolieri. Certamente dovrà avviare il progetto per dare l'assistenza sanitaria a tutti gli americani. Sulla sua agenda ci sono anche alcuni progetti per rammodernare le infrastrutture del Paese, dando così respiro all'occupazione. Ma i conservatori lo aspettano al varco. Tutte queste scelte comporteranno un aumento della spesa pubblica che oggi appare insostenibile dopo il disastro finanziario lasciato da Bush.

Obama prenderà alcune decisioni di grande effetto: la nuova amministrazione ripudierà l'uso della tortura, cancellerà le operazioni di “rendition” e chiuderà la prigione di Guantanamo. Ma per fare tutto ciò si troverà di fronte a scelte difficili: molti dei detenuti di quel carcere sono diventati merce delicata da trattare perché nessun paese del mondo li vuole accogliere. È un argomento scottante, che rischia di scatenare la propaganda dei conservatori e di creare divisioni nel Pentagono. Ed è proprio il rapporto con il Pentagono il problema più delicato di Obama. Michael Walzer è certo che il nuovo presidente non potrà prendere di petto il ministero della Difesa, ed esclude che almeno nel primo mandato possa abbattere il gigantesco budget militare che opprime il bilancio Usa.

Obama si è impegnato a ottenere una grande vittoria militare in Afghanistan. Questo sarà un incentivo a ridurre le forze in Iraq, ma renderà quasi impossibile abbattere le spese militari. Questo potrebbe essere un problema.

In politica estera i consiglieri di Obama sono orientati verso una sorta di “internazionalismo liberal”. La nuova amministrazione metterà nuova enfasi sui rapporti multilaterali e mostrerà maggiore apertura verso l'Onu e le altre istituzioni internazionali. Farà un grande sforzo di collaborazione con i partner europei ma chiederà loro aiuti nelle operazioni internazionali, dall'Afghanistan al Darfur. Saranno pronti a rispondere gli europei? Permettetemi di dubitarne...

Ci sono poi i problemi per ricreare le regole dell'economia e della finanza internazionale. Nel corso della campagna elettorale Obama ha suggerito che i nuovi scambi commerciali possano essere condizionati da nuove regole legate ai diritti umani e a quelli sindacali. Walzer suggerisce un piano che potrebbe comprendere anche questi aspetti, che hanno più a che fare con l'etica socialdemocratica che con il neoliberismo reaganiano: “I consiglieri economici di Obama potrebbero essere spinti in questa direzione dalla forza delle cose”, dice Walzer.

Ad alimentare queste speranze è la stessa personalità di Obama, un leader che appare privo di steccati mentali, in grado di formarsi le idee ascoltando gli altri e imparando dall'esperienza. Il nuovo presidente avrà un'ampia maggioranza al Congresso e avrà due anni di tempo per cambiare il Paese.

Molti ricordano che anche Bill Clinton, quando arrivò alla Casa Bianca 16 anni fa, aveva un programma di grande rinnovamento socio-economico, e dovette arretrare di fronte al fuoco di sbarramento repubblicano. Ma da allora molte cose sono cambiate. Gli anni di Bush hanno reso i liberal più determinati a usare il potere politico per cambiare le cose in profondità. Nancy Pelosi alla Camera e Harry Reid al Senato sono due leader di carattere. Obama farà uno sforzo per creare un clima bipartisan e alla fine dovrà prendere decisioni radicali. Ma soprattutto è mutato il clima culturale del Paese. La maggioranza degli americani è convinta che il crollo di Wall Street e la crisi dell'economia abbiano definitivamente mandato in pensione il reaganismo. E per reinventare il futuro hanno eletto un presidente che vuole cancellare le vecchie etichette ideologiche del Novecento.

Per oggi è tutto. Ho pubblicato un documento lungo e approfondito, perché l’eccezionalità del sentimento positivo che sembra attraversare il mondo lo meritava! Anche io, come molti, non sono sicuro che Obama riuscirà a trasformare il realtà tutte le ottime idee che ha esposto durante la lunga campagna elettorale che lo ha portato fino al famigerato “studio ovale”. Tuttavia, le premesse per costruire un nuovo ordine mondiale non sono mai state concrete come lo sono oggi. Per questa ragione, non posso che dire: tanti auguri di buon lavoro, Mister President!

GuruKonK



Fonti: “Il dirompente fenomeno Obama” di Enrico Pedemonte (bravissimo!),
“Né bianco né nero: Obama è il primo Homo Globalis!” di Lucia Annunziata.




Nell’immagine: un poster creato da un gruppo di artisti per appoggiare la candidatura di Barack Obama.

domenica 2 novembre 2008

Il Mystico Giudizio no. 23


E’ un po’ come sopportare la vista di un taglietto sul dito, dopo aver assistito dal vivo ad un intervento chirurgico a cuore aperto. Ecco l’effetto che ha “Halloween - The Beginning” su chi ha guardato il film precedente del musicista/regista Rob Zombie. E’ tutto decisamente più morbido… Sempre di un film dell’orrore si parla, chiaro, ma con differenze sostanziali rispetto a “La casa del diavolo”: c’è meno sangue, meno splatter e più storia.

La casa del diavolo” (titolo originale “The devil’s rejects”) è un susseguirsi di scene truci; senza respiro. In ogni inquadratura c’è sempre qualche macchia di sangue; sulla strada, sui vestiti, sui capelli. C’è sempre qualcosa di terrificante. Il film serba un feroce livello di tensione persino quando l’assassino di turno ha sfogato il raptus e deposto le sue armi; persino quando la trama passa da un momento di azione ad una fase meno concitata che dovrebbe fungere da “decompressore” per il pubblico. Niente da fare: l’inquietudine non ti molla. Si resta immersi nell’orrore dall’inizio alla fine senza via di fuga.

In “Halloween”, invece, la tregua tra una scena mozzafiato e l’altra è una vera tregua; gli aspetti psicologici vengono curati un po’ di più ma soprattutto viene maggiormente curata l’estetica cinematografica: inquadrature semplicemente belle, location semplicemente belle, luci e ambienti semplicemente belli. In fondo il cinema è un’arte visiva, l’estetica non è solo un dettaglio.

Insomma, queste differenze tra gli ultimi due film di Rob Zombie non sono sfumature ma mostrano un approccio cinematografico nettamente diverso. Se finora Zombie ha avuto successo per le sue spiccate doti nel conferire ai film un elevato ritmo e un violento impatto, con questo nuovo progetto aggiunge al suo lavoro un nuovo importante elemento, manifestando una spiccata sensibilità estetica. Quindi - a mio avviso - compie un salto di qualità.

Nei film precedenti gli ambienti soggiacciono completamente alla storia… L’impressione è che oggi Rob Zombie non si accontenti più di rendere efficace una sceneggiatura; oggi il regista cerca maggiormente di confezionarla in un abito cinematografico bello e curato.

Halloween - The Beginning”, un po’ come “Batman - The Beginning”, racconta gli anni che hanno preceduto la nascita del mito e risponde ad interrogativi quali: chi era il protagonista prima di diventare quello che tutti hanno imparato a conoscere, che infanzia ha trascorso e quali eventi hanno formato la sua personalità. In questo caso il “mito” è il serial killer della notte di Halloween, portato sullo schermo alla fine degli anni ‘70 dal leggendario maestro dell’horror John Carpenter. Anche se si parla di un serial killer, anche se si descrive la vita dannata di un essere immondo, anche se in definitiva “Halloween” è un film dell’orrore e nulla più, Rob Zombie posiziona la sua storia all’interno di paesaggi suggestivi e ambientazioni persino poetiche, in un paio d’occasioni. Tutto di guadagnato per gli amanti del cinema; per i puristi del cinema horror non saprei. La scelta di Rob Zombie potrebbe essere letta come un’apertura del regista verso territori cinematografici ben più ampi, dal punto di vista estetico, di quelli che offrono tradizionalmente i film splatter.

Meno sangue e più cinema, insomma, in questo nuovo lavoro del leader dei White Zombie, la cui lunga militanza nel mondo della musica giova senza dubbio alla sua attività di regista per quanto riguarda i ritmi che conferisce sapientemente ai suoi film, gli aumenti e i cali di tensione, i colpi di scena.

Il Mystico Giudizio: non mi sorprenderei se tra qualche mese o anno, trovandoci su questo blog a parlare del nuovo film di Zombie, anziché ad un nuovo horror saremo di fronte ad un film di diverso spessore, che so io, un film drammatico o d’altro genere…

MysteXX



Nell’immagine: il “mitico” serial killer mascherato della notte di halloween Michael Myers, nel pieno dell’azione!