mercoledì 30 aprile 2008

Lui e il suo bambino difficile


Oggi piangiamo la scomparsa di un grande uomo e di un brillante scienziato d’altri tempi. Il padre dell’LSD, Albert Hofmann, è morto questa notte all’età di 102 anni, nella sua casa di Burg, in Svizzera. Era nato l’11 gennaio dl 1906. Hofmann scoprì quasi per caso, nel 1938, l’esistenza e le singolari proprietà dell’LSD (il dietilamide-25 dell’acido lisergico) ancora oggi ritenuta come una delle più potenti sostanze stupefacenti allucinogene conosciute dalla scienza. All’epoca egli lavorava come ricercatore per l’azienda chimica Sandoz. L’LSD si rivelò però insoddisfacente nel corso della sperimentazione animale e non destò all’epoca alcun interesse fra gli scienziati.

Solo il 16 aprile del 1943 Hofmann ricreò il processo di sintesi dell’LSD e scoprì gli incredibili effetti della sostanza: durante un procedimento chimico di routine, infatti, assorbì una parte della sostanza attraverso la pelle. Con sperimentazioni successive su sé stesso, Hofmann scoprì e descrisse nei dettagli gli effetti dell’allucinogeno. Scrisse diversi libri sull’argomento, fra cui “Viaggi acidi” e il famoso “LSD: il mio bambino difficile”, da cui ho preso spunto per il titolo di questo Post.

La storia della scoperta dell’LSD che, come ho scritto in precedenza, avvenne quasi per caso, vale davvero la pena di essere raccontata. Nel paragrafo che segue troverete descritta dallo stesso Hofmann la singolare vicenda.

Nella fase terminale, durante la purificazione e la cristallizzazione della dietilamide dell'acido lisergico in forma di tartrato (sale dell'acido tartarico), fui costretto a interrompermi a causa di insolite sensazioni. La descrizione che segue di questo imprevisto proviene dal rapporto che inviai ad un mio collega: il professor Stoll.

Venerdì scorso, 16 aprile 1943, a pomeriggio inoltrato ho dovuto interrompere il lavoro in laboratorio e far ritorno a casa. Ero affetto da una profonda irrequietezza, accompagnata da leggere vertigini. Mi sono sdraiato e sono sprofondato in uno stato di intossicazione assolutamente piacevole, marcato da una immaginazione particolarmente vivida. In una condizione simile ad un sogno meraviglioso a occhi chiusi (poiché la luce del giorno era abbagliante e fastidiosa), riuscivo a scorgere un flusso ininterrotto di figure fantastiche, di forme straordinarie che rivelavano intensi giochi caleidoscopici di colori fuori dal comune. Dopo circa due ore questo stato svaniva. Il decorso di questi sintomi singolari faceva sospettare l’esistenza di un’azione tossica esterna; ipotizzai una relazione con la sostanza con cui stavo lavorando, “il tartrato della dietilamide dell’acido lisergico”. Questo implicava un’altra domanda: come ero riuscito ad assorbire il composto? A causa della nota tossicità delle sostanze su cui operavo, seguivo sempre abitudini di lavoro molto scrupolose. Poteva darsi che, durante la cristallizzazione, tracce di LSD fossero venute a contatto con la punta delle dita, e da lì fossero state assimilate attraverso la pelle. Se l'LSD era davvero la causa di questa bizzarra esperienza, doveva trattarsi senza dubbio di una sostanza di straordinaria efficacia. Pareva ci fosse un unico modo per fare chiarezza. Decisi di sperimentarlo su me stesso. Con la massima cautela, iniziai la programmata serie di prove a partire dalla più piccola quantità che potevo presumere avesse qualche effetto; considerando l’azione nota all’epoca degli alcaloidi dell’ergot: 0,25 mg (mg = milligrammo = un millesimo di grammo) di tartrato di dietilamide dell'acido lisergico.

Lo studio sull’LSD fu continuato negli anni Sessanta da Timothy Leary, professore di Harvard, che condusse controversi esperimenti lisergici con i suoi allievi, studiando le possibilità di espansione delle facoltà cerebrali connesse all’acido, contribuendo anche alla sua diffusione come droga allucinogena fra i giovani in quegli anni.

Proprio negli anni Sessanta, quando l’LSD divenne anche la droga della musica rock (ne nacque anche la moda musicale della “psichedelia”, ispirata più o meno direttamente dagli effetti dell’acido lisergico) e fu messa al bando dopo una serie di gravi incidenti conseguenti al suo abuso. Lo stesso Hofmann, che la sperimentò con finalità curative, condannò sempre la diffusione dell’LSD come droga e ogni suo abuso.

La vita di Albert Hofmann è stata intensa e ricca di spunti interessanti, per questo vi invito a leggere la sua biografia su Wikipedia. Vi consiglio anche di visitare, sempre sulla nota enciclopedia libera, la pagina dedicata all’LSD. Scoprirete che molti personaggi di primo piano del mondo della cultura e dell’arte hanno dichiarato di averne fatto uso: lo scrittore Philip Dick, l’attore Jack Nicholson, i quattro membri dei “Red Hot Chili Peppers”, Stanley Kubrick, i “Beatles”, Federico Fellini e moltissimi altri.

Vi prego, però, di non voler fraintendere le mie parole. Questo Post non vuole assolutamente essere un invito a sperimentare gli allucinogeni, anche perché chi lo vuole fare non aspetta certo di essere spinto dal sottoscritto… Ho redatto questo breve documento per un fatto culturale e, soprattutto, per rendere omaggio ad Albert Hofmann (grande scienziato e mio connazionale) nel giorno della sua scomparsa.

Per concludere vi ringrazio di cuore per l’attenzione che avete dedicato anche oggi a questo Blog. Come sempre vi do appuntamento a domani per discutere insieme di un altro argomento.

Un abbraccio, GuruKonK.



Nell’immagine: un esempio di LSD usato come stupefacente.

martedì 29 aprile 2008

Orrore su orrore


Il Post di ieri ha scosso tutti noi. La vicenda di cui abbiamo parlato ha fatto rapidamente il giro del mondo, e ovunque è stata accolta da orrore e sgomento. Superato lo “shock” iniziale, tutti si sono chiesti come sia stato possibile tenere prigioniere tre persone decine di anni, nella cantina di uno stabile plurifamiliare, senza che nessuno si sia mai accorto di nulla. Da ciò che è trapelato dagli ambienti della polizia austriaca, pare che il “padre aguzzino” abbia precedenti per stupro. Inoltre sembra che uno dei figli del mostro di Amstetten (un fratellastro di Elisabeth, la sfortunata vittima) abbia sempre avuto a disposizione le chiavi della cantina degli orrori! Al momento non è ancora ben chiaro il coinvolgimento di quest’uomo nella vicenda che ha sconvolto il mondo. Ora vediamo gli ultimi aggiornamenti.

Il padre-mostro rimarrà in carcere, e ci mancherebbe altro. Josef Fritzl, il 73enne ingegnere elettrico di Amstetten, che ieri aveva confessato di aver commesso abusi sessuali sulla figlia Elisabeth da cui ha avuto sette figli, è apparso questa mattina davanti a un giudice che ha esteso di 14 giorni il provvedimento di custodia cautelare emesso dalla procura di St. Poelten nei suoi confronti.

Nei prossimi giorni, l’uomo, che come sapete ha tenuto la figlia e tre dei loro bambini segregati per 24 anni, sarà nuovamente interrogato dalla polizia e il giudice potrebbe prolungare il fermo per ulteriori 14 giorni. Se giudicato colpevole di abuso e sequestro di persona, Fritzl rischia fino a 15 anni di carcere.

Intanto, i risultati dell’esame del DNA hanno confermato le tesi degli inquirenti. “I test del DNA hanno fornito prove certe che i sei bambini di Elisabeth (il settimo e' morto poco dopo la nascita, n.d.K.) sono figli dello stesso padre: Josef Fritzl”, ha affermato il capo della polizia regionale Franz Polzer, in una conferenza stampa.

Secondo la stampa austriaca, Fritzl avrebbe un passato di pregiudicato per reati sessuali. Il quotidiano “Die Presse” scrive (nella sua versione in Rete) che negli anni ‘60 Josef Fritzl avrebbe cercato di violentare una donna a Linz, ma che nel frattempo la pena inflitta è stata cancellata dal casellario giudiziale. Il portavoce della procura di St. Poelden ha affermato di non poter confermare il tipo di reato commesso. “Posso solo dire che una pena sarebbe stata cancellata. Se è così, deve risalire a diversi decenni fa, di più al momento non ne sappiamo”. Anche Polzer ha detto di non poter né confermare, né smentire la notizia. Il funzionario ha invece confermato la prassi austriaca (ma non solo, n.d.K.) di eliminare dai casellari giudiziali “dopo un certo tempo” le iscrizioni relative alle pene comminate.

La notizia dei precedenti penali è rilanciata con forza anche dal “Times” di Londra. Un abitante di Amstetten ha raccontato: “All’epoca avevo poco più di 10 anni e ricordo benissimo che avevamo paura di giocare nelle vicinanze della casa di Fritzl. Correva infatti voce che avesse violentato una donna e che per questo reato fosse stato in prigione”.

Die Presse” rivela che nel 1969 Fritzl ottenne un impiego in un negozio di materiali da costruzione, nonostante fossero noti i suoi precedenti penali. “A me non andava bene”, ha dichiarato la cognata del proprietario dell'azienda, spiegando di aver sempre messo in guardia i suoi figli nei confronti dell'uomo, che peraltro sul piano professionale si era rivelato una “colonna portante dell’impresa”.

Elisabeth, che ora ha 42 anni ed è in buone condizioni fisiche, malgrado il tempo trascorso segregata, è tenuta in isolamento con i tre figli che hanno vissuto richiusi con lei e non hanno mai visto la luce del sole. Gli altri tre sono stati adottati dal padre-nonno e dalla nonna, Rosemary, che, secondo la polizia, era realmente all’oscuro di tutto, e accolse i bambini nella sua casa, credendo che fossero stati mandati dalla figlia.

Per oggi ci fermiamo qui. Come sempre la sezione dei commenti è a vostra completa disposizione per ogni riflessione o considerazione che riterrete opportuno fare.

Con affetto, GuruKonK.



Grazie al sito web dell’AGI e del “Times” per le cronache da Vienna.



Nell’immagine: Josef Fritzl, il mostro di Amstetten.

lunedì 28 aprile 2008

Una storia agghiacciante


Un nuovo e sconvolgente caso di sequestro è venuto a galla in Austria, con la liberazione di una donna tenuta in ostaggio per 24 anni dal proprio padre, dal quale avrebbe addirittura avuto sette figli. Lo hanno annunciato gli inquirenti. In condizioni psicologiche e fisiche precarie, Elisabeth Fritzl (di 42 anni), ha raccontato alla polizia di aver vissuto segregata nella cantina della casa di famiglia ad Amstetten in Bassa Austria dal 28 agosto 1984. Quel giorno il padre Josef, che oggi ha 73 anni ed è stato rinchiuso in carcere, gli avrebbe somministrato un prodotto anestetico e l’avrebbe ammanettata in una parte dello scantinato.

Ufficialmente la ragazza era ritenuta scomparsa e aveva anche spedito una lettera (che oggi sappiamo imposta dal padre) ai genitori chiedendo che fossero interrotte le ricerche per ritrovarla. Le autorità ne avevano ricavato la convinzione che fosse finita nelle grinfie di una setta pseudoreligiosa. Invece ha vissuto un autentico calvario nella cantina della casa di famiglia, durante il quale suo padre ha regolarmente approfittato di lei, come ha raccontato alla polizia, e dal rapporto incestuoso sarebbero nati sette bambini.

Tutti sono stati apparentemente partoriti al riparo da sguardi indiscreti nello scantinato dove viveva reclusa. Secondo gli inquirenti, uno di loro sarebbe morto un mese dopo un parto gemellare per mancanza di cure, e il suo corpo sarebbe stato bruciato dal padre. Tre femmine e tre maschi (che oggi hanno dai 5 ai 20 anni) sarebbero dunque nati dal rapporto incestuoso. Nei prossimi giorni dovranno essere effettuati gli esami del DNA per ottenere più informazioni certe sui legami di parentela.

La terrificante vicenda è venuta a galla dopo il ricovero a metà aprile di una ragazza di 19 anni, trasportata in condizioni molto gravi all’ospedale di Amstetten. Per determinare la natura della patologia, per il momento misteriosa, di cui soffre la giovane Kerstin, i medici hanno cercato invano di contattare la madre, Elisabeth Fritzl. Proprio a seguito di queste ricerche, è stato possibile portare alla luce questo orribile sequestro.

Nel corso degli anni, il padre di Elisabeth sarebbe riuscito ad adottare tre dei bambini (due maschi e una femmina) facendo credere a sua moglie (di nome Rosemarie) e alle autorità che fossero stati abbandonati davanti alla porta della loro abitazione ad alcuni anni di distanza.

Al ritrovamento di ogni bambino, di pochi mesi di età, c’era una lettera firmata dalla povera Elisabeth che spiegava di non poter far fronte alle loro esigenze perché aveva già altri figli. Questi tre bambini, grazie alla tutela legale ottenuta dai “nonni” Josef e Rosemarie, sembra abbiano potuto frequentare normalmente le scuole e vissuto nella loro casa. Invece, la madre e i loro altri tre fratelli e sorelle (una ragazza di 19 anni, un ragazzo di 18 e un bambino di 5) erano ridotti in condizioni quasi “vegetali” nella cantina della casa.

Solo il padre, saltuariamente, si occupava di fornire loro cibo e bevande, visto che sua moglie (apparentemente!) ignorava la loro presenza. Secondo la figlia, la signora Rosemarie non avrebbe saputo nulla degli abusi sessuali subiti dalla ragazza già dall'età di undici anni.

Inoltre, neppure i vicini (non parliamo neppure dei servizi sociali…) erano stati messi in allarme da tutte le strane sfaccettature legate a questa vicenda, già definita come la più drammatica della storia criminale austriaca.

Arrestato ieri sera, Josef Fritzl si è inizialmente trincerato nel silenzio, ascoltando in modo torvo le accuse che la figlia formulava davanti ai poliziotti. Dopo essere stato messo torchio, l’uomo ha finito per ammettere le proprie responsabilità.

Secondo la “Welt online”, poco dopo la confessione dell’uomo, la polizia aveva ritrovato una cella imbottita e insonorizzata all’interno del nascondiglio garage dove l'uomo teneva segregata la figlia, da 24 anni, e tre dei sette figli avuti dalla relazione incestuosa.

Leopold Etz, della squadra anticrimine della Bassa Austria, ha confermato che Fritzl ha confessato: “Ha ammesso le proprie colpe principali. Ha offerto una descrizione esitante dei fatti, ma si è mostrato pronto a parlare”.

Solo nella serata di ieri la polizia austriaca, grazie al codice segreto fornito dall’uomo, è riuscita ad entrare nel “superprotetto nascondiglio”, nel quale l’uomo teneva segregate le proprie sfortunate vittime. I locali non sono più alti di un metro e settanta, le stanze chiuse ermeticamente, senza alcun affaccio verso l’esterno: vi sono dei piccoli letti, un bagno, un televisore e un cucinino. A quanto pare, l’uomo sarà trasportato in giornata dai locali della polizia di Amstetten nella prigione di St. Polten, capoluogo della provincia. Dovrà essere tenuto in totale isolamento per evitare le probabili rappresaglie da parte degli altri detenuti, e sarà sorvegliato a vista (24 ore su 24) per eludere la possibilità di atti autolesionisti.

Durante un’affollata conferenza stampa, gli inquirenti hanno sottolineato come il 73enne sia riuscito a “ingannare tutti”, compresa la moglie Rosemarie che era all’oscuro di ciò che accadeva sotto il proprio naso: “la scomparsa della figlia era stata giustificata con delle lettere nelle quali la donna spiegava di essersi unita a una setta e pregava i genitori di non cercarla”.

Questo il racconto del capitano Hamgar, della polizia austriaca: “Come detto dai miei colleghi, Elisabeth (e con lei i figli) si trovava invece nel seminterrato dell’abitazione dei genitori: un dedalo di stanzette senza finestre, dal soffitto alto appena un metro e settanta e sigillato grazie ad un sistema di accesso elettronico funzionante con un codice cifrato. Tre dei bambini vennero in seguito affidati ai nonni, mentre gli altri tre (i primi due e il più piccolo, di 5 anni) rimasero con la madre; il settimo sarebbe invece morto poco dopo la nascita e Josef Fritzl si sarebbe disfatto del corpo gettandolo in un inceneritore. I tre bambini rimasti con Elisabeth non hanno mai visto la luce del sole finché non sono stati liberati”.

Il capitano Hamgar continua così a raccontare i dettagli di questa agghiacciante storia: “La vicenda è stata scoperta solo lo scorso 19 aprile, quando una ragazza 19enne era stata abbandonata in stato di incoscienza nell’abitazione dei nonni ed era poi stata ricoverata nell’ospedale di Amstetten in condizioni gravi: i medici lanciarono un appello alla madre perché si presentasse e li aiutasse a formulare una diagnosi. Josef Fritzl decise a quel punto di liberare Elisabeth e i due figli ancora segregati, spiegando alla moglie che la figlia aveva deciso di tornare a casa”.

La polizia, forse grazie ad una soffiata, aveva poi identificato la 42enne Elisabeth e il padre, fermandoli non lontano dall’ospedale: la donna, apparsa “assai turbata” agli inquirenti, ha subito raccontato di essere stata oggetto di abusi sessuali fin da quando era bambina. Nel 1984 era stata attirata dal padre in cantina, cloroformizzata e ammanettata e da allora non era più uscita dalla sua tetra prigionia.

Personalmente trovo ancora troppo enigmatica la figura della signora Rosemarie, moglie di Josef e madre della sfortunata Elisabeth. Mi chiedo come sia possibile che questa donna sia rimasta per ben 24 anni totalmente all’oscuro di ciò che avveniva nella propria cantina. Sono certo che la polizia austriaca si stia ponendo il mio stesso interrogativo, per questo sono certo che l’indagine saprà offrire ancora dei raccapriccianti colpi di scena.

Questa orrenda storia, ha riportato alla mente di tutti quella di Natascha Kampusch, la ragazza tenuta in ostaggio per otto anni e mezzo in uno scantinato nella periferia di Vienna tra il marzo del 1998 e l’agosto del 2006, quando riuscì a fuggire approfittando di un attimo di disattenzione del suo aguzzino. Quest’ultimo si suicidò la sera della fuga.

Tuttavia, fatico a paragonare la sofferenza (pure allucinante!) di Natascha con quella di Elisabeth, non solo per la durata dell’incubo (tre volte maggiore) ma soprattutto perché subire violenze sessuali dal proprio padre e dover affrontare ben sette gravidanze nella solitudine e nell’angoscia della propria prigionia, credo che sia un tormento realmente impossibile da immaginare.

Per oggi mi fermo qui. Come avrete notato, mi sono totalmente astenuto da esternare giudizi sui protagonisti di questa storia raccapricciante. Vi lascio la totale libertà di fare ogni considerazione che riterrete opportuna.

Un abbraccio, GuruKonK.




Nell’immagine: Natascha Kampusch, la ragazza segregata per più di 8 anni.

sabato 26 aprile 2008

V-Day: liberiamo l'informazione!


Dopo avere affrontato i peggiori vizi della classe politica italiana nel “V-Day” dello scorso 8 settembre, Beppe Grillo ha concesso un bis in grande stile! Questa volta se l'è presa, secondo me con piena ragione, con il sistema dell’editoria e del giornalismo italiano. Tra le proposte lanciate negli scorsi mesi attraverso la Rete, e bellamente ignorate dall’informazione di regime, vi era l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, un’inutile casta istituita da Mussolini per esercitare pressione sulla stampa, per imporre dei taciti balzelli ai cittadinii e per tarpare le ali ai pochi giornalisti realmente indipendenti.

Ieri, in moltissime piazze di tutta Italia, si sono visti i banchetti di quello che i giornalisti marchettari definiscono “il popolo del Vaffanculo”, per la raccolta delle firme per liberare l’informazione italiana dal soffocante giogo del potere economico e politico.

Come valida cornice ci sono stati molti spettacoli di vario tipo, soprattutto a Torino, che è stato il centro della manifestazione (un po’ come Bologna lo era per il primo “V-Day”). Si tratta di un’ operazione ampiamente annunciata, attraverso la quale Beppe Grillo intende varare tre nuovi referendum, miranti ad ottenere l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, dei finanziamenti pubblici all’editoria e della vergognosa (e nauseante) Legge Gasparri!

Questi propositi servono a minare dalle fondamenta l’ordinamento italiano dei media e dell’informazione, che in popolo del “V-Day” contesta ferocemente, considerandolo asservito alle logiche del potere e dei privilegi di casta.

Sostanzialmente la quasi totalità dell’informazione italiana è solo uno strumento di disinformazione, adoperato per ridurre gran parte della popolazione alla passività nei confronti di una classe politica inetta e corrotta. Detto in termini più schietti, quella italiana è sempre più una stampa di regime, che non ha una sua autonomia ed è sempre sottomessa ai ricatti di proprietà economiche ed ascendenze politiche.

Il fatto che le proposte concrete su cui si basa il “V-Day 2” siano state sistematicamente ignorate dall’informazione, dimostra chiaramente che Beppe Grillo ha toccato di nuovo un nervo scoperto.

Nel piccolo delle mie possibilità, mi permetto di illustrarvi i tre temi per i quali i meet up” di Grillo hanno organizzato la raccolta firme.

1) Il primo punto propone l’abolizione dei finanziamenti pubblici all'editoria. Secondo Grillo, ma anche secondo il sottoscritto, il lettore non conta assolutamente nulla per l’editore di un giornale, contano i finanziamenti pubblici (quindi gli appoggi partitici), la pubblicità (Confindustria, A.B.I., Confcommercio) e i gadget (dvd, fumetti, eccetera). Il finanziamento pubblico ai giornali costa al cittadino italiano quasi un miliardo di euro all’anno. L’editoria può quindi essere definita a pieno titolo editoria di Stato. Ci sono buoni e anche ottimi giornalisti, quelli che scrivono di mafia rischiando la pelle, quelli emarginati, quelli sottopagati. Il “V-Day 2” non è certo contro di loro, ma contro l’ingerenza della politica nell'informazione.

2) Il secondo quesito riguarda l’abolizione dell'ordine dei giornalisti, e trova in me un convinto sostenitore. Mussolini creò nel 1925, unico al mondo, un albo nel quale si dovevano iscrivere i giornalisti. L’albo era controllato dal Governo e messo sotto la tutela del Ministro della Giustizia. Nel 1963, con una nuova legge, l’albo divenne ordine professionale dei giornalisti con regole, pensione, organismi di controllo, requisiti di ammissione. Einaudi scrisse: “L’albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha e non deve avere, alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell’albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti”. A questo proposito Enrico Berlinguer aggiunse: “Io sono contrario al requisito di qualsiasi titolo di studio per la professione di giornalista, perché considero questo come una discriminazione assurda, una discriminazione di classe, contraria alla libertà di stampa e alla libera espressione delle proprie opinioni”. L’informazione deve essere libera e l’ordine dei giornalisti limita fortemente la libertà di informazione. Chiunque deve poter scrivere senza vincoli (se non quelli previsti dalla legge) e senza la paura di venir privati della possibilità di lavorare, se con il proprio operato si dovessero urtare le sensibilità di qualche “potere forte”.

3) Il terzo punto propone l’abolizione della legge Gasparri, che ha regolamentato l’assegnazione delle frequenze radiotelevisive e che ha ricevuto già varie reprimende dalla Corte europea di giustizia per i criteri di selezione. Beppe Grillo, e con lui centinaia di migliaia di cittadini italiani, chiede la completa eliminazione del famigerato “Testo Unico” che regolamenta l’intero sistema radiotelevisivo. Su questo tema e sul crimine morale perpetrato tramite la Legge Gasparri, a danno di Francesco De Stefano e di “Europa 7”, vi invito a leggere il Post che ho diffuso un paio di mesi fa dal titolo “Frequenze rubate”.

Credo che la mia opinione in merito al “V-Day 2” e al sistema dell’informazione vi sia arrivata forte e chiara. Tuttavia non posso concludere prima di avervi invitati a leggere il Post pubblicato oggi sul Blog di Beppe Grillo, da titolo “Il virus della verità”. Troverete un breve resoconto della favolosa giornata di ieri, come pure una parte assai significativa e illuminante del discorso tenuto ieri da Grillo in Piazza San Carlo a Torino.

Da questa mattina l’informazione di regime ha dato inizio al prevedibile bombardamento denigratorio nei confronti del “V-Day 2”, dei suoi organizzatori, dei suoi partecipanti e dei suoi sostenitori. Vi invito a leggere il Post di Grillo come estrema forma di difesa intellettuale.

Vi ringrazio di cuore!

Con un infinito affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: una parte del festoso popolo del “V-Day 2”

giovedì 24 aprile 2008

Ordinarie follie (ediz. 11.08)


Un affettuoso saluto a tutti gli amici del Blog. Dopo un paio di settimane d’attesa, torna una delle vostre rubriche preferite: “Ordinarie follie”. Oggi parleremo del travolgente amore fisico che lega un uomo al suo tavolo da giardino. Poi scopriremo cosa unisce Axl Rose (cantante e leader dei “Guns n' Roses”) ad uno dei maggiori produttori di bibite analcoliche degli States. Rimarremo sempre negli USA per raccontare il terrore di una signora di origini italiane che, nel cuore della notte, si è trovata un grosso alligatore nella cucina di casa. Per finire, in Olanda, conosceremo il ladro, forse, più distratto del mondo!


Il tavolino dell’amore

Una relazione extraconiugale probabilmente non fa più notizia, ma se la relazione in questione è con un tavolino da campeggio, la cosa è decisamente fuori dal comune! E proprio una relazione di questo tipo ha ammesso il signor Art Price, che ha alla fine confessato di aver da tempo rapporti sessuali con il tavolino da campeggio, per sfogare un’attrazione erotica impropria verso il buco del tavolo dove, normalmente, si dovrebbe infilare il manico dell’ombrellone… Già, avete capito bene…

Il signor Price ha dichiarato di aver “consumato” più volte il suo amore per il tavolino da campeggio nell’intimità e nella privacy del garage di casa. Purtroppo per lui, però, aveva deciso di provare un’esperienza nuova e farlo nel verde del proprio giardino: inevitabilmente in questo modo è stato notato dai vicini, che hanno chiamato la polizia, che non ha tardato a denunciarlo per atti osceni. Price aveva inizialmente negato, sembra spiegando che stava cercando di assemblare il tavolo, ma poi di fronte alle numerose e dettagliate testimonianze non ha potuto che raccontare la verità… Nessuno di voi ha mai provato un’irresistibile attrazione verso l’arredamento di casa? No? Strano...


Dai Axl, fatti una soda!

Accidenti a me! Questa notizia mi è sfuggita per quasi un mese! Come diavolo ho fatto ad ignorarla? E’ un mistero, ma oggi ho la ghiotta occasione di rimediare alla mia imperdonabile disattenzione!

Il 27 marzo scorso (per cui fuori tempo per un pesce d’aprile) “Dr.Pepper”, uno dei principali produttori americani di bevande analcoliche, ha lanciato una promozione (o scommessa?) davvero particolare: se Axl Rose farà uscire il nuovo disco dei “Guns n’ Roses” (atteso ormai da 15 anni!) entro il 31 dicembre 2008, l’azienda regalerà una lattina della sua famosa soda a tutti gli americani!

Per essere precisi, “Dr.Pepper” ha però comunicato che dall’iniziativa verrà esclusa d’ufficio una persona: Slash, lo storico ex chitarrista della band! Conoscendo un po’ il personaggio, non credo che soffrirà molto se gli verrà negata una soda…

Dr.Pepper”, fanno sapere sul web, propone questa iniziativa nella sincera speranza di convincere il cantante a pubblicare finalmente l’album “Chinese Democracy”, anche se dicono di capire benissimo l’importanza di ricercare la perfezione: “anche per noi non è stato facile trovare il giusto mix di ingredienti”. Axl Rose ha dichiarato di apprezzare molto il supporto di “Dr.Pepper”, ma non ha dato novità sull’album. Figurarsi...


Alligatore in cucina

Risveglio da incubo per una donna della Florida che, nel cuore della notte, si è trovata a fronteggiare un alligatore nella propria casa. Sandra Frosti, 69enne di Miami (ma di chiare origini italiane), stava dormendo tranquillamente quando è stata svegliata da un insolito trambusto. Allarmata, è scesa in cucina e proprio lì ha trovato l’enorme rettile, lungo ben tre metri di. Senza farsi travolgere dal terrore, la donna ha chiamato soccorso: l’alligatore è stato catturato e portato via.

La vicenda è stata raccontata dalla polizia della contea di Pinellas, in Florida, dove incidenti che hanno come protagonisti gli alligatori sono frequenti per la presenza di questi rettili nei fiumi e nelle zone paludose. Lo sceriffo ha spiegato che il rettile aveva rotto una porta sul retro della casa ed era entrato attraverso un tramezzo scorrevole rimasto aperto. “Dopo aver attraversato il salone e la sala da pranzo, è andato in cucina”, ha dichiarato lo sceriffo. Non è dato sapere se il rettile avesse già assaltato la dispensa dell’anziana a caccia di cibo in scatola...

Ciò che è certo è il terrore che ha colto la povera Sandra Frosti quando, ancora intorpidita dal sonno, si è trovata davanti lo spaventoso rettile. La donna, tuttavia, non si è persa d’animo, ha fatto marcia indietro, ha chiamato l’ufficio dello sceriffo ed è uscita, lasciando l’alligatore padrone della casa. La polizia ha a sua volta chiamato degli agenti specializzati nel servizio di protezione della natura e degli animali selvatici che hanno catturato il rettile, per poi liberarlo in natura lontano dalla zona residenziale.


Ancora un ladro distratto

I ladri distratti in giro per il mondo sono molti. E’ di poche settimane fa la notizia del ladro che ha dimenticato la dichiarazione dei redditi durante la fuga, ma un 45enne olandese ha probabilmente stabilito una sorta di nuovo “record”. Infatti l’uomo era entrato in un supermercato e, quando è stato scoperto da un commesso a rubare, è scappato: ma ha dimenticato nel negozio il figlio dodicenne!

Il ragazzino ha dato alla polizia i nomi dei suoi genitori. Il padre, contattato dalla polizia per venire a riprendersi il figlio, all’inizio aveva tentato di scaricare la responsabilità sulla madre, ma alla fine si è consegnato alla polizia. Come direbbe il mio fraterno amico MysteXX: non si fa così, babbino caro…


In conclusione, non mi rimane che ringraziarvi per l’affetto che dimostrate nei confronti di questo Blog e per le numerose e-mail cariche di complimenti, consigli e critiche costruttive che mi avete inviato.

Come sempre vi do appuntamento a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Grazie a “Notizie da mondo” per il meraviglioso materiale!



Nell’immagine: un set da giardino molto sexy!

mercoledì 23 aprile 2008

I 99 anni di un Premio Nobel


Anche il giorno del suo 99.mo compleanno (che ricorreva ieri, n.d.K.) il Premio Nobel Rita Levi Montalcini lo ha trascorso al lavoro nel suo personalissimo “regno”: il laboratorio. “E dove potrei passare momenti migliori?” si è chiesta, rivolta ai giornalisti. Oggi se guarda indietro, pensa di “avere avuto una vita piuttosto fortunata”. Lo ha ripetuto ai cronisti e a Francesco Rutelli, che gli ha fatto gli auguri nella sede della Fondazione “European Brain Research Institute” (Ebri) da lei creata tre anni. “Il male” ha proseguito la Montalcini “ha finito per portarmi molto bene” e il suo pensiero è chiaramente andato ai giorni delle persecuzioni del ventennio fascista, quando lei, di religione ebraica, fu costretta a stare nascosta in una camera da letto dal timore per le leggi razziali.

Poi ha ricordato le ricerche che, con la scoperta del 1986, l’hanno portata a conseguire il Premio Nobel per la Medicina. Per questo oggi la Signora Levi Montalcini vuole lasciare ai giovani un messaggio di ottimismo. “Per prima cosa” ha detto “vorrei dire ai giovani: disinteressatevi di voi stessi e pensate agli altri. Ma la cosa più importante è: abbiate sempre fiducia, non abbiate paura neanche nei momenti difficili, perché, come è successo anche a me, dopo una grande sofferenza arrivano sempre tempi migliori”. E nel pomeriggio è stata ricevuta a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Romano Prodi, con cui ha festeggiato con un brindisi.

Scrivendo le poche righe che compongono il Post odierno, mi sono reso conto di avere molta ammirazione per questa grande donna ma di conoscere ben poco della sua vita. Questo fatto mi ha dato un po’ da pensare. In fondo si tratta di una delle più brillanti menti scientifiche di sempre e mi sentivo un po’ in colpa per non aver mai approfondito la conoscenza della sua persona e delle sue ricerche.

Proprio per questa ragione ho deciso di pubblicare una breve biografia della Signora Levi Montalcini, con la speranza che anche quelli tra di voi che non hanno mai avuto la possibilità di conoscere la storia di questo prestigioso “premio Nobel” possano farlo ora.


Rita Levi Montalcini: quando il genio incontra l’altruismo

Rita Levi Montalcini è nata nel 1909 a Torino. Entrata alla “Scuola Medica di Levi” all'età di 20 anni, si laurea nel 1936.

Fermamente intenzionata a proseguire la propria carriera accademica come assistente e ricercatrice in neurobiologia e psichiatria, è costretta, a causa delle leggi razziali emanate dal regime fascista nel 1938, ad emigrare in Belgio insieme al Dottor Giuseppe Levi.

La passione per la sua materia, comunque, la sospinge e le dona la forza per andare avanti tanto da continuare le proprie ricerche in un laboratorio “casalingo”.

Come ben sapete, sono anni assai travagliati per il mondo e per l’Europa. Infuria la seconda guerra mondiale ed è assai difficile trovare luoghi dove poter vivere in tranquillità, figuriamoci poi intraprendere delle ricerche scientifiche. Nel suo girovagare, nel ‘43 approda a Firenze, dove vivrà in clandestinità per qualche anno, prestando fra l’altro la propria collaborazione come medico volontario fra gli alleati anglo-americani. Finalmente, nel ‘45 la guerra finisce, lasciandosi alle spalle milioni di morti e devastazioni inimmaginabili in tutti i Paesi coinvolti.

Dopo un così lungo peregrinare senza un porto sicuro in cui rifugiarsi, la signora Montalcini torna nella propria città natale: Torino. Qui riprende le ricerche che aveva interrotto dopo la partenza per il Belgio, sempre in piccolo, ma ben organizzato, laboratorio casalingo. Poco dopo riceve un’offerta impossibile da rifiutare: il “Dipartimento di Zoologia” della Washington University di St.Louis le offre un posto nel proprio team di ricerca.

Lei accetta, dopo essersi però ben assicurata che potrà proseguire le stesse ricerche che aveva cominciato a Torino. La giovane Montalcini ancora non sa che gli USA diventeranno per lei una seconda patria, vivendoci con incarichi prestigiosi (compresa una cattedra in neurobiologia) per oltre 30 anni, più precisamente fino al 1977.

Ma vediamo nel dettaglio quali sono state le tappe di queste ricerche che hanno portato a risultati davvero straordinari.

I suoi primi studi (risaliamo agli anni 1938-1944) sono dedicati ai meccanismi di formazione del sistema nervoso dei vertebrati.

Nel 1951-1952 scopre il fattore di crescita nervoso noto come NGF, che gioca un ruolo essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche.

Per circa un trentennio prosegue le ricerche su questa molecola proteica e sul suo meccanismo d'azione, per le quali nel 1986 le viene conferito il “Premio Nobel per la Medicina”! Nella motivazione del Premio si legge: “La scoperta del NGF all'inizio degli anni '50 è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neuro-biologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo. Questo dimostra l’importanza pionieristica avuta dalla Dottoressa Levi Montalcini e dalle sue avveniristiche scoperte”.

Dal 1961 al 1969 dirige il “Centro di Ricerche di neurobiologia” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR di Roma) in collaborazione con l’Istituto di Biologia della Washington University, e dal 1969 al 1979 il “Laboratorio di biologia cellulare”.

Dopo essersi ritirata da questo incarico “per raggiunti limiti d’età”, come dirà lei stessa, continua le proprie ricerche come ricercatrice e “guest professor” dal 1979 al 1989.

Dal 1989 al 1995, invece, lavora presso il restaurato “Istituto di neurobiologia” del CNR con la qualifica di “Superesperto”. Le sue indagini si concentrano sullo spettro di azione del NGF, utilizzando tecniche sempre più sofisticate. Studi recenti hanno infatti dimostrato che esso ha un’attività ben più ampia di quanto si pensasse: non si limita ai neuroni sensori e simpatici, ma si estende anche alle cellule del sistema nervoso centrale, del sistema immunitario ematopoietico e alle cellule coinvolte nelle funzioni neuroendocrine.

Dal 1993 al 1998 presiede il noto “Istituto dell’Enciclopedia Italiana”. Inoltre è membro delle più prestigiose accademie scientifiche internazionali, quali la “Accademia Nazionale dei Lincei”, la “Accademia Pontificia”, la “Accademia delle Scienze” (detta degli XL), la “National Academy of Sciences” statunitense e la “Royal Society”. E scusate se è poco…

La Dottoressa Levi Montalcini è da sempre molto attiva in campagne di interesse sociale, per esempio contro le odiose mine antiuomo o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società civile.

Nel 1992 istituisce, assieme alla sorella gemella Paola, la “Fondazione Levi Montalcini”, in memoria del padre, rivolta alla formazione e all’educazione dei giovani studiosi, nonché al conferimento di borse di studio a giovani (e dotate) studentesse africane a livello universitario. In questo senso è ben dichiarato l’obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese.

In data 22 gennaio 2008 l'Università di Milano Bicocca le ha assegnato la “laurea honoris causa” in biotecnologie industriali.

Per finire, come vi avevo raccontato in entrata, ieri ha compiuto 99 anni con una più che invidiabile lucidità intellettuale.

Vi ringrazio di cuore per aver letto questo Post. Ritengo che l’Italia debba essere infinitamente orgogliosa di persone come la Dottoressa Montalcini!

Come sempre vi do appuntamento a domani per un nuovo Post.

Con grande affetto, GuruKonK.



Grazie al sito web de “La Repubblica” per la cronaca del compleanno all’EBRI.

Grazie a “Torino Scienza” e “Accademia Axl” per i dati relativi alla vita della Signora Levi Montalcini.


Nell’immagine: Rita Levi Montalcini in una fotografia del 1963.

martedì 22 aprile 2008

Earth Day 2008


Vinicio Capossela, Cesaria Evora, Saba, Sud Sound System saranno tra i principali protagonisti del concerto di questa sera in piazza del Campidoglio a Roma per l’Earth Day 2008, ovvero la giornata in favore dell’ambiente e della sostenibilità delle politiche globali di sviluppo. Il concerto, organizzato, da “Nat Geo Music”, sarà trasmesso in diretta, a partire dalle 20 fino a tarda sera, su “LifeGate Radio” e sarà possibile ascoltarlo in modalità streaming, sintonizzandosi sul sito della radio di “National Geographic”.

Sul palco, alcuni degli artisti più originali e creativi della scena musicale italiana ed internazionale si esibiranno, rigorsamente dal vivo, con l’obiettivo non solo di divertire il pubblico romano ma anche di sensibilizzarlo e di sollecitarne un cambiamento nei comportamenti individuali.

Aprirà il concerto una stella emergente del panorama musicale, la cantante Saba che mescola il pop con suoni dell’Africa e, in particolare, della terra in cui è cresciuta, la Somalia. Sarà poi la volta dei salentini “Sud Sound System” e il loro particolare mix di musica locale e ritmi caraibici. Si rimane nel Salento per esplorarne le sonorità con i “Nidi d’Arac”: la band, che ha saputo riproporre la musica folk dell’Italia del sud in chiave moderna, si esibirà insieme ai “Tamburellisti di San Rocco”.

Tocca poi ad una delle leggende della “world music”, Cesaria Evora. La cantante di Capo Verde darà prova della classe ed eleganza che l’hanno resa la regina incontrastata del “morna”, lo stile che fonde le percussioni africane con il fado portoghese e la musica brasiliana. A chiudere il concerto di “Nat Geo Music” un meraviglioso autore ben noto al grande pubblico: Vinicio Capossela.

Il live romano di “Nat Geo Music” sarà un concerto eco-sostenibile. Con il progetto “Impatto Zero” di “LifeGate” è stato possibile ridurre le emissioni di anidride carbonica generate dall’appuntamento, attraverso tutta una serie di eco-azioni atte a compensare la CO2 residua con la creazione (e la tutela) di nuove foreste in Costa Rica.

Ben 30’500 kg di anidride carbonica (generati dall’organizzazione del concerto, dalla produzione dei materiali di comunicazione e dalla realizzazione degli spot tv) saranno compensati attraverso la creazione di 19’700 mq di foreste.

Come da tradizione ormai consolidata, la copertura mediatica riservata all'evento è vastissima, soprattutto attraverso mezzi specializzati come i canali televisivi tematici e, ovviamente, l’utilizzo della Rete.

Il sito di riferimento dell'Earth Day 2008 per l'Italia è “How Green Are You?”, dove è possibile eseguire un simpatico test per misurare la propria attitudine verso i comportamenti rispettosi dell’ambiente. Provate a farlo anche voi!

Dopo trentotto edizioni del “Earth Day” (la prima fu organizzata nel 1970) è spiacevole notare come la situazione ambientale sia in un continuo peggioramento. Sembra quasi che, negli ultimi anni, le proposte avanzate delle associazioni ambientaliste e dalla società civile (giustamente preoccupata per il degrado in cui versa il pianeta) debbano essere prese in considerazione solo fino a quando dura la propaganda mediatica legata ad eventi come questo “Earth Day”. Spente le telecamere, si torna al punto di partenza. Come dicevo, tutto ciò è davvero spiacevole.

A domani, GuruKonK.



Nell’immagine: Vinicio Capossela!

lunedì 21 aprile 2008

Il Mystico Giudizio no. 13

Non una goccia di sangue! Nessun alieno mutilato! Neanche uno schizzo di liquame marcio e zero catacombe! Questa è una recensione dedicata alle dolci “bloggiste” di GuruKonK! Si tratta di una recensione di un film “rosa” divertente, che si avvale tra l’altro di una bella colonna sonora di cui esiste in commercio il cd. “Perché te lo dice mamma” è una simpatica pellicola del 2007 di Michael Lehmann (“40 giorni e 40 notti”, “Hudson Hawk - il mago del furto”).

La meravigliosa Diane Keaton (che GuruKonK ed io abbiamo apprezzato molto nelle commedie firmate negli anni ‘70 da Woody Allen) è tra le protagoniste di questo film con Mandy Moore, Piper Perabo e Lauren Graham. La Keaton interpreta il ruolo di una mamma molto premurosa e attenta ma proprio per questo piuttosto invadente. Le altre tre belle (e brave) attrici sono le figlie. Due sono “sistemate” (in quanto a uomini), la terza non ancora. Così ci pensa mamma…

La cara genitrice si affida ad internet e pubblica un annuncio per trovare l’uomo ideale per sua figlia (all’insaputa di quest’ultima, ovviamente). La donna intraprende una sorta di “casting”, incontrando svariati personaggi e valutando il grado di affinità che potrebbero avere con la ragazza. All’inizio è un vero disastro! Si presentano solo soggetti alquanto discutibili. Mamma è disperata. Poi, finalmente, s’imbatte in un giovanotto che le sembra serio e intelligente. Insomma, le piace parecchio! Ma piacerà anche alla figlia? E come organizzare l’incontro tra i due? E come reagirebbe la ragazza se dovesse scoprire l’ingegnosa ricerca di uomini che sua mamma ha architettato per lei, tenendola all’oscuro di tutto? E che dire di quel musicista apparentemente poco affidabile (ma tanto affascinante) che improvvisamente fa capolino nella storia? A mamma non piace. Ma non piacerà neanche se dovesse incontrare la figlia? E a lei piacerà? Tom Everett Scott e Gabriel Macht sono gli attori che interpretano i due contendenti della bella “zitella” in cerca del vero amore.

E’ una commedia carina, molto carina. Non è certo il capolavoro dell’anno ma la pellicola risulta alquanto gradevole anche per chi, come il sottoscritto, non sopporta più di tanto i film d’amore. Si lascia guardare alquanto volentieri, grazie all’abile performance degli attori, ad una storia che si snocciola agilmente lungo l’ora e mezza di film (o poco più) e all’atmosfera leggera e frizzante che caratterizza l’intera vicenda. Inoltre, come detto, vi è una valida colonna sonora.

Il Mystico Giudizio: “Perché te lo dice mamma”, per una serena proiezione primaverile priva di scene truculente, spari, inseguimenti, violenza e liquidi organici…

MysteXX



Un caro saluto a tutti voi. Come avete avuto modo di vedere, in questa edizione de “Il Mystico Giudizio” il nostro grande MysteXX ha voluto regalare alle ragazze del Blog una recensione adatta alle loro sensibilità. Sono sicuro che soprattutto Angie e ‘Uzza abbiamo apprezzato molto questa iniziativa.

Sono però felice di annunciarvi che le sorprese non finiscono qui! Infatti, solo per oggi, MysteXX ha deciso di raddoppiare ed offrire alle amiche del Blog un’altra recensione su un film adatto a tutta la famiglia: “Pasto umano”!

GuruKonK



Pasto Umano (Live Feed)
by MysteXX

Il Guru ed io siamo incappati nuovamente in un filmazzo splatter low budget sanguinolento e perverso! Oltre ogni malata immaginazione! Quando abbiamo letto il titolo, prima ancora di vedere il film, siamo scoppiati in una fragorosa risata: “Pasto Umano”. Questo dovevamo proprio noleggiarlo…

Ecco pronta per Mystexx l’occasione di recensire un altro film per famiglie”, mi ha detto GuruKonK, abbozzando un mezzo sorriso sornione. E giù risate! Poi però, guardando il film, non posso dire che abbiamo riso altrettanto. In alcune scene sì, da sbellicarsi! Ma a parte quelle, la maggior parte del film è piuttosto tosta. Non fa paura, ma fa schifo in abbondanza. E’ un film scabroso e malvagio. Pure stomachevole, direi, con tutti quegli scarafaggi e vermi che escono dai tubi insanguinati di un ex-macello, ora adibito a locale a luci rosse in una città della Thailandia. E’ un localino squallido, gestito da persone poco raccomandabili e situato in una viuzza che puzza di pericolo in ogni suo angolo.

Insomma, quel locale del sesso a pagamento invita ad andarsene e non certo ad entrare… Ma è lì che un gruppetto di turisti americani (eh sì, sempre loro…) decide di infilarsi per trascorrere una notte di festa. Proprio in un luogo in cui qualunque persona con un po’ di buon senso non sarebbe mai entrata. Tant’è che gli uomini del gruppo (o dovrei dire i geni del gruppo?) sono accompagnati da ragazze dolci e belle. Bastava andare in albergo, no?

All’interno di quel postaccio, i cattivi del film sottopongono le loro vittime ad inenarrabili torture per puro divertimento. E questa è solo una piccola parte del loro sinistro passatempo.

Potremmo dire che l’attività di questi galantuomini si suddivide in 4 tappe:

1) Filmare le scene di sesso tra gli avventori del locale e, attraverso una serie di monitor, proiettarle nelle varie stanze in tempo reale.

2) Chiudere a chiave i malcapitati e aspettare fino a quando se la fanno sotto dalla paura.

3) Quando i nervi cedono, ecco che la porta si apre ed interviene un omone grandissimo e “terrorizzantissimo”, vestito da macellaio delle SS riesumato dalle tenebre e armato dei più micidiali strumenti di tortura. Questo signore tratta gli esseri umani come un bambino pestifero tratterebbe le bambole della sua sorellina, se capite quello che intendo dire…

4) I cadaveri, o quel che ne resta, vengono portati nello scantinato, dove un abile cuoco si premura di cucinare gli organi che verranno poi serviti al boss e ai suoi amici di… merenda.

Cari amici e care amiche, se mai avrete il coraggio di guardare questo film, vedrete questi uomini crudeli mangiare (cito testualmente) un bel “rollé d’uccello”… Detto questo, non mi resta che rendervi partecipi di un illuminante dialogo tra due dei protagonisti.

Lui: “E così avete visto il mercato notturno. Non era come ve lo immaginavate, vero?

Lei: “Già, è stata una brutta esperienza. Credo che ci sia una grande differenza culturale.

Lui: “Sai cosa penso? La cultura per me è scioccante!

Che dire? Anche per voi la cultura è scioccante?

Il Mystico Giudizio: non saprei cosa dire…

MysteXX



Non saprei proprio cosa aggiungere, quindi mi limito a salutarvi e a darvi appuntamento a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Nell'immagine: un momento di affetto materno in “Perché te lo dice mamma”

domenica 20 aprile 2008

L'occhio sul male (no. 3)


Ciao a tutti. Dopo parecchia attesa ho completato la terza parte della rubrica dedicata al perverso ed efferato mondo degli omicidi seriali: “L’occhio sul male”. Per chi non avesse ancora letto le precedenti edizioni, mi permetto di riassumere brevemente gli argomenti trattati. Nella prima parte (L’occhio sul male no. 1) avevamo chiarito cosa distingue un “serial killer” da un omicida di massa e da un assassino compulsivo. Inoltre avevamo stabilito le cinque grandi categorie in cui gli esperti suddividono gli assassini seriali, in base alle motivazioni che li spingono ad uccidere. Per concludere avevamo parlato della cosiddetta “Triade di McDonald”, che rappresenta i tre principali segnali che quasi ogni “serial killer” tende a manifestare durante la propria fanciullezza.

Invece, nella seconda puntata (L’occhio sul male no. 2) eravamo entrati un po’ più nello specifico, affrontando un tipo di perversione, che avevamo definito “trasversale”, tipica degli assassini più violenti e spietati: il cannibalismo.

Come vi avevo già spiegato agli albori di questa rubrica, non sono assolutamente attratto dal lato più sanguinoso e truculento delle storie dei “serial killer”. Piuttosto sono interessato alle modalità psicologiche e psichiatriche che spingono un essere umano a superare ogni limite, diventando un vero e proprio “mostro”.

Per entrare nello specifico di questa terza edizione di “L’occhio sul male”, vi preannuncio l’argomento che intento trattare: l’eliminazione del cadavere. Da questo aspetto del comportamento omicida si possono conoscere molti aspetti della personalità del “serial killer”. Inoltre dal luogo (e dal modo) in cui cerca di disfarsi del corpo del reato si può addirittura capire se l’assassino “vuole” essere fermato.

Anche in questa occasione ho cercato in ogni modo di rendere la documentazione che intendo presentarvi la meno cruda possibile. Purtroppo non posso escludere che le persone più sensibili tra di voi possano trovare tutto ciò ugualmente impressionante. Con costoro mi scuso in anticipo.


L’eliminazione del cadavere

In questa fase vediamo cosa succede nell'immediata fase dopo l'omicidio. I comportamenti relativi al trattamento del corpo sono molto importanti, essi ci parlano delle sensazioni e degli stati d'animo dei “serial killer” in questa fase assai delicata. Questo è un momento cruciale, la realtà dell'omicidio appare in tutta la sua crudezza.

Passata l’euforia, nella metà dei casi (52%, per essere precisi) c’è una fase in cui, per la prima volta, il criminale si accorge di cosa sia realmente accaduto. Ci sarà pentimento, imbarazzo o dispiacere? Ci sarà gelida indifferenza o addirittura godimento nello smembrare ed essere ancora in possesso del corpo? Tutto ciò dipende strettamente dalla caratteristica dei soggetti, in questo senso vi richiamo nuovamente alla prima puntata di questa rubrica.

C’è anche da dire che in molti casi il trattamento del cadavere del primo crimine di un “serial killer” sia diverso da tutti gli omicidi che seguiranno. Gli esperti del F.B.I. definiscono questo fatto come “l’immaturità del modus operandi”.

Un noto omicida seriale di cui vi avevo già accennato, l’americano Jeffrey Dahmer, ha raccontato come, durante il suo primo omicidio, si sia fatto prendere dal panico e abbia “smembrato il corpo in fretta seminando pezzi qua e là per la casa, nel frigorifero, nel cestino...”. Nei casi seguenti, invece, si è attrezzato di coltelli, bisturi e seghe apposite ed ha praticato un lavoro pulito e ben organizzato. Non hanno sospettato niente neanche i vicini di casa che lo vedevano scendere con grosse buste piene dalla mattina alla sera. In questo caso è ovvia la totale mancanza di rimorso; in realtà questo comportamento mette in evidenza solamente una preoccupazione per la propria insospettabilità e perfino una buona dose di godimento nel fare a pezzi il cadavere e poterne disporre a proprio piacimento come se fosse un oggetto di esclusiva proprietà.

Per quanto riguarda, invece, i cadaveri abbandonati sul luogo del delitto, si può parlare di cadavere lasciato in piena visibilità nel 42% dei casi e di cadaveri nascosti (in un modo o nell’altro) nel 58% dei casi. Il corpo può essere lasciato all’esterno perché le circostanze non permettono all’autore del delitto altre possibilità di “smaltimento”.

In alcuni casi, il cadavere può essere portato in un bosco (oppure in un altro genere di luogo isolato) tentando di ritardarne il ritrovamento da parte delle forze dell’ordine.

A volte, il posizionamento del corpo può nascondere un messaggio che il “serial killer” intende inviare al resto del mondo, oppure ad un suo personale demone interiore. In quest’ultimo caso vi rimando alla definizione di “serial killer di tipo visionario” che abbiamo analizzato nella prima edizione di “L’occhio sul male”.

E’ questo l'esempio dei corpi che vengono ritrovati in posizioni specifiche (parliamo del 28% dei casi). Le possibilità sono varie e vanno ben esaminate: il criminale vuole inscenare un crimine diverso (o con delle diverse sfumature) rispetto a quello commesso. Per questo, ad esempio, può lasciare il corpo di una donna in una posizione ed in uno stato in cui sia presumibile la violenza carnale. Qui il desiderio di sviare le indagini indica chiaramente che il soggetto non desidera essere fermato dagli inquirenti.

Un’altra ragione può essere il sentimento di imbarazzo che attanaglia l’assassino al termine del “raptus” omicida. In questi casi è possibile trovare il corpo girato sulla schiena, oppure avvolto in una coperta o in un lenzuolo. Questo tipo di atteggiamento può essere un’ulteriore difficoltà sulla strada delle forze dell’ordine. Infatti, nel 17% dei casi gli agenti non possono essere sicuri che lo stato del corpo sia casuale oppure posizionato “ad arte” per obbedire alla fantasia criminale del soggetto.

A volte i corpi possono essere ritrovati in pose che richiamano in modo palese il contesto sessuale. In questi casi può essere semplicemente un fattore di appagamento della fantasia del “serial killer” oppure un bieco segno di disprezzo nei confronti della vittima o della società.

Inoltre, un corpo lasciato in una posizione bizzarra o ridicola può essere una chiara dichiarazione di sfrontatezza verso il mondo da parte di una personalità egocentrica e con una elevata concezione di sé e della propria posizione.

Questo può essere un modo con cui l’assassino vuole dimostrare al mondo che può fare tutto ciò che gli pare, quando gli pare, dove gli pare e con chi gli pare. Questo tipo di atteggiamento è predominante della categoria di “serial killer” chiamata “Power Control” (vedasi ancora la prima edizione di “L’occhio sul male”).

Da un punto puramente statistico vi posso dire che il corpo viene trovato completamente svestito nel 47% dei casi, con i genitali esposti nel 15% dei casi e col seno in mostra nel 19%.

Accade anche che i vestiti della vittima vengano usati per legare, imbavagliare o coprire il corpo, oppure possono anche essere semplicemente lasciati intorno alla scena del crimine in modo molto disordinato. Tutto ciò permette agli analisti comportamentali di tracciare un profilo relativamente preciso dell’omicida e della sua personalità.

Alcuni assassini rivestono la vittima, la lavano dal sangue, le curano le ferite. Dennis Nielsen (un assassino quasi completamente assimilabile a Jeffrey Dahmer) adescava giovani uomini e li portava nella sua abitazione. Dopo averli brutalmente uccisi, intratteneva bizzarri rituali con i cadaveri. Spesso li svestiva, faceva loro il bagno e accuratamente li puliva e li rivestiva per poi piazzarli a letto insieme a lui o sul divano a guardare insieme la televisione. Lo faceva per giorni, fino a quando il livello di decomposizione non era più sostenibile e lo costringeva a disfarsi del cadavere.

Per il “serial killer” il luogo finale di destinazione del corpo può essere importante per vari motivi.

Per esempio, alcuni soggetti che tratteremo nelle prossime edizioni della rubrica, posizionavano il corpo per far sì che gli inquirenti credessero che si trattasse di uno stupro andato male. Costoro lasciavano il corpo in un luogo appartato ma non troppo, perché volevano che fosse scoperto relativamente presto per continuare una specie di macabro gioco con la polizia.

Altri, invece, gettavano i cadaveri nei fiumi carichi di pesi per farli affondare perché, è chiaro, non volevano che il corpo fosse scoperto troppo presto per la paura di venire arrestati.

In altri casi, il luogo dell’abbandono del corpo può essere simbolico o addirittura utile all'assassino. Infatti, un soggetto particolarmente astuto e perverso, lavorava in ospedale come autista di ambulanze. Costui stuprava ed assassinava le proprie vittime in parcheggi isolati, poi chiamava la polizia per denunciare anonimamente il ritrovamento di un corpo. Così facendo, poteva entrare in servizio ed essere mandato personalmente a prelevare la donna che lui stesso aveva appena uccisa.

In molte occasioni, il luogo di “smaltimento” del cadavere può avere un significato solamente per l’assassino. Come, ad esempio, il soggetto che seppellì le teste delle donne che aveva ucciso in giardino, appena fuori dalla camera di sua madre, che lo tormentava dicendogli sempre che non sarebbe mai riuscito ad uscire con una donna in vita sua. In questo caso il messaggio è fin troppo chiaro.

La “psicosi paranoide” di un altro soggetto fu manifestamente dichiarata allorché venne sorpreso con tre cadaveri nel frigo, dai quali era solito prendere il sangue per berlo perché sosteneva che delle streghe gli avevano ordinato di farlo, in quanto il suo stesso sangue si stava asciugando. Anche in questo ultimo caso, la “tendenza visionaria” è perfettamente in sintonia con la classificazione dei “serial killer” che vi avevo presentato nella prima puntata di questa rubrica.

In conclusione vi ringrazio di cuore per l’attenzione che mi avete dimostrato leggendo questo Post. Come era già accaduto per le precedenti edizioni di “L’occhio sul male”, ho tentato di “smussare gli angoli” per rendere meno agghiacciante il materiale raccolto. Naturalmente, se qualcuno di voi dovesse essere stato negativamente colpito dall’eccessiva “crudezza” dell’argomento voglia accettare le mie scuse sincere.

Non mi resta altro da fare se non salutarvi e darvi appuntamento a domani per un nuovo Post.

GuruKonK




Grazie a “La Tela Nera” per i singoli racconti.

sabato 19 aprile 2008

Trentacinque anni rubati


Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Mi scuso ancora per non aver pubblicato nessun Post nella giornata di ieri, un inconveniente tecnico (indipendente dalla mia volontà, ve lo garantisco) me lo aveva impedito. Per farmi perdonare oggi vi racconterò l’infausta ed incredibile storia di un uomo (di nazionalità indiana e pakistana) che ha passato trentacinque anni in prigione, non perché colpevole di chissà quale reato, ma perché tutti si erano scordati della sua esistenza. Trentacinque anni, passati senza poter parlare con avvocati o familiari.

Kashmir Singh, questo è il nome della sfortunata vittima di questa vicenda, era un semplice commesso viaggiatore. Potrà rimettere piede nel suo Paese (il Pakistan) dopo aver ricevuto la grazia del presidente Pervez Musharraf. Il 17 marzo scorso ha lasciato la prigione di Lahore, in cui aveva passato più della metà della propria vita. “Rivedo per la prima volta la luce e la confusione della gente, è come se fossi stato catapultato in un altro mondo. Sto ridendo, accidenti. Sto ridendo e non mi succedeva da 35 anni”, ha detto Singh alla tv pachistana “Geo”.

Il ministro per i Diritti Umani pachistano Ansar Burni, aveva spiegato il suo incontro casuale con il detenuto: “il signor Singh era un ex poliziotto di Hoshiarpur nel Punjab, poi divenuto commesso viaggiatore di transistor. Durante un suo viaggio a Rawalpindi venne arrestato per il sospetto che potesse essere una spia al soldo di un Paese ostile, probabilmente l’India”.

Per il presunto “agente segreto” era stata chiesta addirittura la pena di morte nel 1979, poi i cambi di regime in Pakistan avevano fatto cadere nel dimenticatoio il suo caso. Nel corso di decine di cambi di penitenziario, di Singh si erano completamente perse le tracce, perché veniva registrato nei penitenziari col cognome di Ibrahim.

Da 24 anni il commesso viaggiatore non riceveva più notizie dai suoi avvocati e dalla famiglia. “L’ho cercato per anni” ha detto il ministro dei Diritti Umani “ma a causa del cambio di cognome non si riusciva più nemmeno a capire in che prigione fosse finito. Durante una visita in un penitenziario di Lahore, nel dicembre del 2007, ho conosciuto un uomo il cui caso mi suonava stranamente familiare. Il direttore della prigione mi disse di non avere ben chiaro il suo passato giudiziario. L’ho fatto chiamare e abbiamo ripercorso tutta la sua vicenda. Era l'uomo che cercavo e di cui il ministero della Giustizia si era dimenticato da anni. In poche settimane ho chiesto ed ho ottenuto la grazia del Presidente, ma abbiamo dovuto attendere qualche mese per ottenere tutti i permessi e i documenti dalle prigioni nelle quali era passato, in modo da poterlo finalmente liberare”.

Singh è adesso un signore canuto ultrasessantenne, che si potrà godere la pensione nella città natale. Di sicuro non potrà tornare a fare il commesso viaggiatore di transistor, un bene che non è più in commercio da anni.

Intanto, come testimoniano le inchieste di “Peace Reporter”, centinaia di altri cittadini pachistani e indiani sono tuttora prigionieri senza processo e senza contatti con l’esterno nelle carceri dei due Paesi, vittime delle tre guerre di frontiera combattute dai loro governi negli ultimi 60 anni.

Purtroppo queste situazioni non sono una prerogativa di India e Pakistan. Infatti in molti altri Paesi, soprattutto africani e asiatici, migliaia di uomini e donne sono detenuti da decine di anni senza un processo e, addirittura, senza un’accusa formale. Alcune lodevoli associazioni internazionali come “Amnesty International”, “Reporter senza frontiere”, “La Croce Rossa” e “Peace Reporter” si battono da anni per portare all’attenzione del mondo l’ingiusto destino di questi “detenuti fantasma”.

Vi invito, qualora lo vogliate, a visitare i siti web di queste associazioni per conoscere meglio questo argomento e, eventualmente, per informare anche i vostri amici e conoscenti circa la triste sorte di questi individui. I link li potete facilmente trovate nella spalla destra del Blog, sotto la sezione “K-Links per un mondo migliore”.

Ad ogni modo vi ringrazio anche solo per aver letto questo Post, visto che di questi argomenti non se ne parla mai abbastanza. Giunti a questo punto, non mi rimane che salutarvi e darvi appuntamento a domani per un nuovo Post.

Con infinito affetto, GuruKonK.



Grazie al sito web di “Peace Reporter” per i preziosi dati.



Nell’immagine: Kashmir Singh il giorno della propria liberazione.

giovedì 17 aprile 2008

Statali indegni


Si fanno pagare dallo Stato le telefonate ai numeri erotici e gli interventi di chirurgia estetica. Stanno a casa in malattia con finti certificati per non consumare le loro “sudate” ferie e autorizzano consulenze inutili, se non addirittura fittizie, pur di intascare qualche centinaia di euro di “mazzette”. A raccontare l’Italia degli statali fannulloni, scrocconi e truffaldini (quelli che lavorano in uffici pubblici, ASL, ministeri, palazzi di giustizia, scuole) sono le sentenze emesse ogni anno dalla Corte dei Conti.

L’ultimo anno non ha portato nelle casse dello Stato quanto ci si aspettava. Dagli oltre 252 milioni di euro di “sanzioni” inflitte nel 2006 si è infatti scesi a poco più di 92 milioni nel 2007. Un’oscillazione al ribasso aveva segnato anche il biennio precedente: nel 2004 la somma complessiva superava i 280 milioni di euro, nel 2005 appena 87 milioni.

L’importante” spiegano alla Corte dei Contiè che vengano perseguiti coloro che provocano danni materiali e di immagine e soprattutto che la sanzione sia proporzionata al comportamento illecito”. Fino a qui, siamo tutti d’accordo. O perlomeno lo spero.

Caso esemplare è certamente quello del ragioniere Vitaliano Brasini. Nominato giudice tributario a Forlì vanta un record invidiabile: essere riuscito a partecipare a “ben” 18 udienze in dieci anni. A segnalare la sua scarsa efficienza è, il 30 giugno 2005, il presidente della commissione tributaria regionale per l’Emilia Romagna. Parte l’indagine e la procura della Corte scopre che “Brasini non ha mai comunicato, giustificato e documentato i singoli impedimenti per i quali non gli sarebbe stato possibile lavorare quanto i suoi colleghi”. Lui nomina un avvocato, sostiene di aver ricevuto dal presidente della sua sezione “una autorizzazione tacita ad assentarsi nell’ultimo biennio per ragioni di salute”. Nell’ultimo biennio? Certo, ma non credo che questo possa giustificare lo scarso “rendimento”: 18 sole udienze in 10 anni mi sembrano davvero un’inezia, quasi un insulto al lavoro dei suoi colleghi. Naturalmente questa è solo un’opinione personale.

Ad ogni modo i documenti dimostrano che non si tratta soltanto di due anni di assenze continuate. Infatti, dal 1996 in poi Brasini non è quasi mai comparso in ufficio. Per avere un’idea del carico di lavoro, basti pensare che l’altro giudice del suo collegio nello stesso periodo ha trattato ed evaso 213 ricorsi.

Il ragioniere capisce di non avere via d’uscita e fa un ultimo tentativo per risolvere la questione: restituisce i compensi percepiti da luglio 2002 a dicembre 2003. Ma non basta. La procura calcola in quasi 26’000 euro il danno allo Stato provocato da Brasini insieme ai presidenti che avrebbero dovuto controllarne il rendimento e la Corte accoglie la richiesta, purché renda i guadagni percepiti.

Molto più bassa è la cifra che dovranno versare i centralinisti dagli uffici di Matera della Regione Basilicata. Per telefonare a parenti e amici aspettavano di arrivare in ufficio e, naturalmente, non badavano a spese. Hanno fatto chiamate per circa 5’000 euro e adesso saranno costretti a pagare le bollette arretrate.

Anche Rinaldo Falciani, sottufficiale della Guardia di Finanza, usava l’apparecchio di servizio, ma contattava soprattutto “numeri ad alta tariffazione con prefisso 166 e 899”. Capito il porcellino? Nel 2006 il tribunale militare di Torino l’ha condannato per peculato, poi è intervenuta la Corte dei Conti. Sono 266 le chiamate abusive ed è risultato che in 264 casi (ossia oltre il 99 per cento) Falciani aveva avuto la disponibilità del proprio telefono. Risultato: dovrà restituire 3’000 euro, oltre alle spese legali.

Una condanna a pagare 50’000 euro è stata inflitta al termine di un procedimento che alla Corte ritengono “emblematico”. Riguarda Mario Fogliani, professore di un Istituto tecnico della Lombardia, diventato famoso per i giorni di assenza dalle lezioni, in alcuni anni “addirittura pari al 71% dell’orario di servizio delle classi a lui assegnate”.

I suoi comportamenti” lo ha accusato la Procura “sono connotati da colpa gravissima, ai limiti del dolo, in quanto pervicacemente reiterati per più anni, in spregio, persino, alle sanzioni che, via via venivano comminate ed in palese e reiterata dolosa violazione dei doveri che la funzione docente imponeva”. In poche parole, questo “prof” perseverava nelle assenze prolungate anche dopo essere stato sanzionato dal proprio Istituto.

In particolare gli è stato contestato “un numero elevatissimo di assenze dal servizio e la loro collocazione strategica, soprattutto in determinati periodi dell’anno scolastico: in particolare, in occasione di cosiddetti ponti, feste comandate ovvero impegni istituzionali di particolare onerosità; le gravi difficoltà e carenze di apprendimento lamentate dagli studenti, e confermate dalle valutazioni insufficienti riportate da intere classi, a cagione dell’inadeguato impegno del docente, anche sul piano didattico”.

Lui ha provato a difendersi, ha cercato di far credere di essere affetto da una grave forma di artrosi. Ma a determinare la condanna è stata la richiesta, che aveva presentato negli anni scorsi, “di essere autorizzato dalla presidenza scolastica a svolgere un secondo lavoro”. Che dire? Solo che il palese degrado in cui versa l’istituzione scolastica italiana non è certo nato dal nulla.

Soltanto un impiego aveva, invece, il dottor Silvio Sarti, primario presso l’ospedale di Grosseto. I pazienti che volevano sottoporsi a interventi di chirurgia estetica venivano portati nella struttura pubblica, in modo da presentare il conto al “Servizio Sanitario Nazionale”. Adesso, dicono i giudici contabili della Toscana, sarà lui a dover restituire 72’366 euro che la Regione ha erogato ritenendo che si trattasse di operazioni di tutt’altro tipo. Vi ricordate il film “Il medico della mutua”? Credo proprio che il dottor Sarti si sia ispirato un po’ troppo al personaggio del grande Alberto Sordi, non trovate?

Per oggi finiamo qui. Mi scuso se ieri non ho pubblicato nessun Post, ero ad una partita di basket. Per la cronaca vi comunico che la mia squadra del cuore (FORZA SAV!) ha vinto con merito, e anche con un pizzico di fortuna.

Vi ringrazio anche oggi per l’affetto che continuate a dimostrare nei confronti del Blog e vi do appuntamento a domani.

Un abbraccio, GuruKonK.




Grazie a F.Sarzanini per la bella ricerca e l’efficace ispirazione!




Nell’immagine: una banconota da 100 €, se avete tempo (e voglia) vi prego di osservarla nei dettagli.

martedì 15 aprile 2008

Cosa bolle in Rete? Ed. 11/08



Un caro saluto a tutti gli amici del Blog. Dall’ultima edizione di “Cosa bolle in Rete?” sono passate alcune settimane. Non vi so dire perché ho lasciato passare così tanto tempo, prima di pubblicare la nuova “puntata” di questa rubrica. Forse aspettavo una certa ispirazione, oppure c’erano degli altri argomenti che avevano attirato la mia attenzione, facendo scivolare “Cosa bolle in Rete?” in un momentaneo secondo piano. Ad ogni modo l’attesa è finita, come vi avevo già accennato, sono particolarmente affezionato a questa rubrica, perché è stata la prima che ho ideato per il Blog. Oggi vi segnalerò le nuove frontiere del Web per la “caccia” all’amore.

Se oramai da qualche anno i siti dedicati alla ricerca dell’anima gemella pullulano di inserzioni e sono diventati decisamente sovraffollati, si sta ora facendo strada un altro genere di siti che puntano sul corteggiamento mirato. Perché si è capito che non basta buttarsi nella mischia dei “cuori solitari” per riuscire a trovare l’anima gemella; molto spesso ci si imbatte in persone con cui non si ha nulla da spartire e con gente che si costruisce una seconda identità ad hoc. Risultato: nonostante le buone intenzioni non si approda a nulla. Meglio quindi, per chi ha deciso di cercare un partner utilizzando il Web, rivolgersi a siti che propongono la formula del corteggiamento virtuale circoscritto unicamente ad una determinata categoria di persone.

I link della settimana: la caccia al partner perfetto

Be2: il partner ideale!
Noi ci assumiamo un impegno preciso: Be2 ti aiuterà a trovare la tua anima gemella”, così si trova scritto sulla pagina di presentazione di questo servizio. Agli utenti viene chiesto di effettuare una sorta di “test”, che permetterà al sito di scremare tutti quei potenziali partner che non si avvicinano neppure lontanamente alle aspettative dell’utente.
Il partner ideale è su Be2 (in italiano)

L’amore vegetariano
Ho deciso di segnalarvi questo sito, perché possiede una caratteristica alquanto singolare. Infatti “VeggieDate” si propone di mettere in contatto tra di loro potenziali partner che siano rigorosamente vegetariani! La cosa non vi deve sorprendere più di tanto, la scelta di eliminare la carne dalla dieta è una scelta che, negli ultimi 10 anni, ha ricominciato a fare numerosi proseliti, dopo il boom degli anni ’60 e ’70.
VeggieDate Organisation (in inglese)

Voglio un uomo ricco!
Qualche settimana fa, Silvio Berlusconi aveva consigliato ad una giovane “precaria” di risolvere i propri problemi di stabilità economica sposando il figlio di un milionario, magari dello stesso Berlusconi. Vi ricordate l’episodio? Sono certo di sì. Questo sito web si propone proprio di mettere in contatto affermati professionisti con avvenenti ragazze in cerca di un partner, ma anche di una migliore posizione sociale. Mi astengo dal commentare l’iniziativa.
Sugar Daddie online (in inglese)

Un test d’amore
Quizzi.it” è un sito specializzato in “test” di ogni genere. Qui potete trovare veramente di tutto: quiz scolastici, quiz per tutte le patenti, quiz per l’amicizia e, naturalmente, quiz d’amore. Volete sapere se siete davvero innamorati? Quale è il vostro livello di fedeltà? Vi chiedete se sapreste vivere senza partner? Insomma, se è un “test” quello che state cercando, questo è il posto giusto!
Quiz: il tuo partner ideale (in italiano)


Provate a navigare tra questi siti, anche se non siete alla ricerca di un partner, sono sicuro che potreste trovare qualcosa di simpatico e divertente. Da parte mia non mi rimane altro da fare se non salutarvi e darvi appuntamento a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Grazie a S.Finozzi per la solita brillante ispirazione.



Nell’immagine: “Amore e Psiche” di Antonio Canova (1800)

lunedì 14 aprile 2008

Il ranch degli orrori


Un saluto a tutti gli amici del Blog. Oggi non parleremo di politica. Sì, lo so, ci sono state le elezioni politiche. E allora? Ne stanno parlando già tutti. Televisioni, radio, blog e siti web, tutti stanno discutendo di percentuali, di seggi, di quote di sbarramento, eccetera. Presidenti e segretari di partito monopolizzeranno i mass media per le prossime 24 ore, o forse più. Non so neppure io il perché, ma non ho nessuna voglia di allinearmi a questo “trend” e preferisco occuparmi di altro. Naturalmente non escludo di affrontare il tema di queste “politiche” tra qualche giorno, quando tutta questa frenesia si sarà placata o, perlomeno, attenuata.

Oggi vi voglio riportare una notizia che, sabato scorso, mi aveva intimamente colpito: ragazzine che subivano abusi sessuali e costrette a unirsi in matrimonio con uomini adulti (peraltro già sposati con diverse altre donne). Una storia inquietante che ha per sfondo un ranch del Texas, abitato da una setta cristiana di mormoni fondamentalisti. La setta (che nulla ha a che fare con la Chiesa mormone ufficiale, che nel 1980 ha rifiutato la poligamia) si chiama “Chiesa Fondamentalista di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni” ed era guidata da Warren Jeffs, attualmente in prigione per stupro.

Da qualche giorno lo Yearning For Zion Ranch, una tenuta nel deserto di 6,8 chilometri quadrati vicino alla piccola città di Eldorado, è oggetto di blitz da parte delle autorità texane, che finora hanno prelevato e affidato alla custodia legale dello Stato ben 416 minori. Circa 140 donne hanno invece lasciato volontariamente il ranch.

Nell’ultimo sopralluogo è stato trovato un letto in uno degli edifici della tenuta, una sorta di tempio bianco: proprio lì, secondo gli inquirenti, i membri della setta consumavano rapporti sessuali con le loro partner, spesso minorenni. Gran parte delle ragazzine che vivevano in quel luogo sono risultate incinte, come riportato dalla polizia. I molti bambini presenti sono stati affidati ai servizi sociali perché considerati a rischio di abusi psichici e sessuali. Per molti di loro è stato finora impossibile risalire ai genitori biologici, visto il clima di totale promiscuità in cui sono stati concepiti.

Nel ranch, dove sono stati trovati anche diversi sotterranei e stanze segrete, i matrimoni forzati e gli abusi sessuali ai danni di minorenni “sono un modello e una pratica diffusi”, come si legge nei documenti depositati dagli investigatori presso la corte distrettuale. All’origine del blitz le telefonate di denuncia di una ragazza di 16 anni che viveva nella tenuta e che, in lacrime, ha raccontato di aver subito violenze sessuali e di essere stata obbligata a sposare un uomo di 50 anni, il ricercato Dale Barlow, che ha già altre 6 mogli.

All’epoca dei fatti la giovane aveva 15 anni e la legge del Texas impedisce alle ragazze minori di 16 anni di sposarsi senza l’approvazione dei genitori. Ha raccontato di avere avuto un figlio, che ora ha otto mesi, e ha detto di essere di nuovo incinta. Dale Barlow la picchiava colpendola al torace e la soffocava sotto lo sguardo di alcune donne, probabilmente le altre mogli, che trattenevano in braccio il figlioletto della ragazza.

Più volte la giovane aveva pensato di fuggire dal ranch, dove queste pratiche sarebbero state all’ordine del giorno e riguardavano non solo ragazze ma anche ragazzi, che venivano “addestrati” per diventare a loro volta i futuri violentatori. I bambini indisciplinati venivano privati del cibo e rinchiusi negli armadi come forma di obbedienza. Spaventata per la sua incolumità e quella del proprio bambino, la ragazza ha deciso di chiedere aiuto e di raccontare tutto sull’inferno quotidiano vissuto nel ranch e che nessuno all'esterno, fino al blitz di questi giorni, osava immaginare.

I leader della setta, attraverso i loro avvocati, hanno chiesto all’autorità giudiziaria di fermare le indagini per insufficienza di prove. Tutto dipenderà dai riscontri medico-scientifici sulle ragazze e, soprattutto, dalla possibilità che altre vittime trovino la forza di spezzare il condizionamento psicologico che era stato loro imposto, e raccontare il proprio tormento agli inquirenti.

La “Fundamentalist Church of Jesus Christ of Latter Day Saints” (FLDS) è stata fondata nel 1935 da due mormoni scomunicati, John Yates Barlow e Joseph White Musser. Tra i seguaci c’era Roulon Jeffs, che aveva 22 mogli e 60 figli. Uno di questi, Warren Steed Jeffs (52 anni), risulta essere l’attuale leader del movimento e, secondo gli inquirenti, ha ben 40 mogli e 56 figli.

La Chiesa ha sede a Hildale, nello Utah, e nella città gemella di Colorado City, in Arizona. I seguaci negli USA sono migliaia, si parla di 8'000 o di 11’0000 membri, ed esiste anche una piccola comunità a Bountiful, in Canada. Anche i questi luoghi gli adepti praticano la poligamia e sono spesso accusati di matrimoni con minorenni. Jeffs avrebbe anche proibito ai suoi fedeli ogni sorta di possibile distrazione, come la televisione, Internet, i videogiochi.

Per il momento non si sa ancora se le autorità giudiziari competenti sulle altre sedi della FLDS abbiano aperto un’inchiesta. La possibilità che centinaia di ragazze e ragazzi stiano ancora subendo indicibili violenze fisiche e psicologiche appare purtroppo assai concreta.

Con un nodo allo stomaco vi ringrazio per la vostra attenzione e, come sempre, vi do appuntamento a domani per un nuovo Post.

Con affetto, GuruKonK.



Fonte: edizione online di “La Repubblica”



Nell’immagine: una parziale veduta aerea del ranch.

sabato 12 aprile 2008

Il ritorno dell'elettroshock


I giorni uguali ai giorni. Sempre, inesorabilmente. Agata guarda fuori dalla finestra, sul tavolo un libro mai aperto, nel cuore quella bestia che la opprime, quel morso che la devasta e che le rende gli occhi tristi e spenti. Attende, Agata. Aspetta. Che un infermiere la venga a prendere nella sua stanza, in questa lussuosa clinica affogata nella splendida pineta toscana dove in tanti come lei vengono a cercare ancora la voglia di un sorriso. A volte invano.

Chi non ha provato la depressione non può capire come si sta male”, dice Agata. Tanto male da convincerti a provare di tutto, anche l’elettroshock. E’ una delle terapie che offre questa clinica. Agata è solo una dei pazienti: c’è la ragazza che non ha retto allo stress di diventare madre, il signore che da quando ha perso l’azienda pensa solo a farla finita. E anche una ragazza giovane, bella, con i capelli nerissimi e quegli occhi vuoti che raccontano anni di lotta contro bulimia, anoressia e alcool. E c’è chi non avrebbe motivi per star male ma ci sta. “Non è una questione di età. Non lo è mai in questi casi”, spiega Agata che ha alle spalle una storia come tante. Un marito che conosce dal liceo, una vita di corna sopportate e poi, a meno di 50 anni, l’abbandono. Ma forse non è solo questo. Non pronuncia mai la parola “elettroshock”, ma ne parla come si trattasse di una cosa normale, come se non evocasse immagini di tortura mai sbiadite dal tempo. Forse ha ragione lei visto che negli ultimi anni la terapia è tornata in auge e decine di psichiatri hanno firmato una petizione al ministro Turco per aprire almeno un servizio per ogni milione di abitanti in tutte le regioni italiane.

Agata aspetta. La viene a prendere un infermiere che le dice allegro: “Pronta per il solito giretto?”. Lei accenna un “” con la testa. Sorride nonostante la aspetti una stanza con monitor, cavi, elettrodi. Una breve scossa alle tempie e inizia la sua “cura”. Un infermiere spiega che “non è più come tanti anni fa, quando i pazienti per le convulsioni si spezzavano le braccia”. Si fa tutto in anestesia e con “miorilassanti” che evitano, appunto questi traumi. Oggi a tremare è solo una mano e più trema più significa che la terapia è efficace. Quel che accade nel cervello, invece, in quei lunghi secondi, fino a minuti, nessuno lo sa. C’è chi parla di effetti devastanti e chi invece dice che non ci sono effetti negativi.

Il giorno dopo Agata ha sempre gli occhi smarriti, ma il sorriso, comparso mentre entrava in ascensore, è ancora lì. “Mi sento meglio”, dice, ma sa che è difficile crederle. “Impossibile capire se non ci si passa. Sai quale è l’alternativa vera per me? Uccidermi”. Dopo quella che tutti qui chiamano «la cura» invece riesce a sopportare meglio la sua vita.

Effetti collaterali? “Qualche amnesia, perdite di memoria a tratti, raramente qualche tremore”. Non le sembra terribile cancellare pezzi della sua vita, dei ricordi, delle esperienze. E neanche dei suoi progetti. Non le sembra comunque più terribile di quel morso al cuore che la stordisce da tanti anni e l’ha privata della gioia. Alza le spalle, Agata. Non le importa di quello che pensa la gente. Ti spiega che l’elettroshock si usa nei casi in cui i farmaci non fanno più effetto. “Ne ho presi tanti, fino a stordirmi e a rimanere nel letto per giorni. Ma stavo sempre più male. Anche io quando mi hanno proposto “la cura” ero perplessa, ma non spaventata perché nulla mi fa più paura della depressione. Quando invece esco da qui riesco a tornare normale, anche a fare progetti”. Fino alla prossima volta, immagino.

Leggendo la storia di Agata ho potuto capire che non è per nulla spaventata, o preoccupata, dai possibili danni che questa terapia può provocare a medio e lungo termine. Sua zia ha cercato di fermarla, dicendole che secondo alcuni studi scientifici il danno cerebrale causato dall'elettroshock sarebbe identico a quello che avviene nei pugili (alcuni rimangono presto storditi mentre altri lo diventano dopo una lunga carriera, n.d.K.). “Sarà anche vero” dice Agata “ma non mi importa. Perché la depressione ti lascia inebetito da subito e non ti dà tregua. Io non riesco più a sentire la gente che senza sapere nulla ti dice: “su dai, fatti forza, la vita è bella”. Loro non conoscono la forza del dolore e del desiderio di farla finita. Invece io so che dopo “la cura” sto meglio e questo mi basta. E dovrebbe bastare anche a chi è scettico”.

Le storie come quella di Agata rilanciano il dibattito sull’importanza dell’operato degli psichiatri. Non conosco personalmente Agata (come è ovvio), tuttavia ritengo che difficilmente sia in grado di decidere in modo autonomo della propria vita. Questa signora deve essere non solo assistita, ma anche guidata verso il percorso terapeutico più adatto e sicuro.

Il fatto che Agata non sia allarmata dai danni (potenzialmente devastanti) che l’elettroshock potrebbe causarle, è forse da ricondurre alla sua patologia. Infatti, nei casi di depressione, una forma di “disinteresse” verso il futuro è un fattore abbastanza tipico. Proprio per questa ragione ribadisco la necessità che siano gli operatori sanitari a porsi il problema. Il momentaneo sollievo che l’elettroshock dona ad Agata, ha un’importanza maggiore rispetto ai danni al sistema nervoso centrale che questa “cura” le causerà in futuro? Visto che la diretta interessata potrebbe non essere in grado di rispondere a questo interrogativo in modo equilibrato, dovranno essere la famiglia e gli operatori sanitari ad assumersi tale tipo di responsabilità. Se l’elettroshock tornerà ad essere un “normale strumento di cura” dipenderà anche da questo.

Grazie per l’attenzione, a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Nell’immagine: Jack Nicholson viene “curato” in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.