sabato 12 aprile 2008

Il ritorno dell'elettroshock


I giorni uguali ai giorni. Sempre, inesorabilmente. Agata guarda fuori dalla finestra, sul tavolo un libro mai aperto, nel cuore quella bestia che la opprime, quel morso che la devasta e che le rende gli occhi tristi e spenti. Attende, Agata. Aspetta. Che un infermiere la venga a prendere nella sua stanza, in questa lussuosa clinica affogata nella splendida pineta toscana dove in tanti come lei vengono a cercare ancora la voglia di un sorriso. A volte invano.

Chi non ha provato la depressione non può capire come si sta male”, dice Agata. Tanto male da convincerti a provare di tutto, anche l’elettroshock. E’ una delle terapie che offre questa clinica. Agata è solo una dei pazienti: c’è la ragazza che non ha retto allo stress di diventare madre, il signore che da quando ha perso l’azienda pensa solo a farla finita. E anche una ragazza giovane, bella, con i capelli nerissimi e quegli occhi vuoti che raccontano anni di lotta contro bulimia, anoressia e alcool. E c’è chi non avrebbe motivi per star male ma ci sta. “Non è una questione di età. Non lo è mai in questi casi”, spiega Agata che ha alle spalle una storia come tante. Un marito che conosce dal liceo, una vita di corna sopportate e poi, a meno di 50 anni, l’abbandono. Ma forse non è solo questo. Non pronuncia mai la parola “elettroshock”, ma ne parla come si trattasse di una cosa normale, come se non evocasse immagini di tortura mai sbiadite dal tempo. Forse ha ragione lei visto che negli ultimi anni la terapia è tornata in auge e decine di psichiatri hanno firmato una petizione al ministro Turco per aprire almeno un servizio per ogni milione di abitanti in tutte le regioni italiane.

Agata aspetta. La viene a prendere un infermiere che le dice allegro: “Pronta per il solito giretto?”. Lei accenna un “” con la testa. Sorride nonostante la aspetti una stanza con monitor, cavi, elettrodi. Una breve scossa alle tempie e inizia la sua “cura”. Un infermiere spiega che “non è più come tanti anni fa, quando i pazienti per le convulsioni si spezzavano le braccia”. Si fa tutto in anestesia e con “miorilassanti” che evitano, appunto questi traumi. Oggi a tremare è solo una mano e più trema più significa che la terapia è efficace. Quel che accade nel cervello, invece, in quei lunghi secondi, fino a minuti, nessuno lo sa. C’è chi parla di effetti devastanti e chi invece dice che non ci sono effetti negativi.

Il giorno dopo Agata ha sempre gli occhi smarriti, ma il sorriso, comparso mentre entrava in ascensore, è ancora lì. “Mi sento meglio”, dice, ma sa che è difficile crederle. “Impossibile capire se non ci si passa. Sai quale è l’alternativa vera per me? Uccidermi”. Dopo quella che tutti qui chiamano «la cura» invece riesce a sopportare meglio la sua vita.

Effetti collaterali? “Qualche amnesia, perdite di memoria a tratti, raramente qualche tremore”. Non le sembra terribile cancellare pezzi della sua vita, dei ricordi, delle esperienze. E neanche dei suoi progetti. Non le sembra comunque più terribile di quel morso al cuore che la stordisce da tanti anni e l’ha privata della gioia. Alza le spalle, Agata. Non le importa di quello che pensa la gente. Ti spiega che l’elettroshock si usa nei casi in cui i farmaci non fanno più effetto. “Ne ho presi tanti, fino a stordirmi e a rimanere nel letto per giorni. Ma stavo sempre più male. Anche io quando mi hanno proposto “la cura” ero perplessa, ma non spaventata perché nulla mi fa più paura della depressione. Quando invece esco da qui riesco a tornare normale, anche a fare progetti”. Fino alla prossima volta, immagino.

Leggendo la storia di Agata ho potuto capire che non è per nulla spaventata, o preoccupata, dai possibili danni che questa terapia può provocare a medio e lungo termine. Sua zia ha cercato di fermarla, dicendole che secondo alcuni studi scientifici il danno cerebrale causato dall'elettroshock sarebbe identico a quello che avviene nei pugili (alcuni rimangono presto storditi mentre altri lo diventano dopo una lunga carriera, n.d.K.). “Sarà anche vero” dice Agata “ma non mi importa. Perché la depressione ti lascia inebetito da subito e non ti dà tregua. Io non riesco più a sentire la gente che senza sapere nulla ti dice: “su dai, fatti forza, la vita è bella”. Loro non conoscono la forza del dolore e del desiderio di farla finita. Invece io so che dopo “la cura” sto meglio e questo mi basta. E dovrebbe bastare anche a chi è scettico”.

Le storie come quella di Agata rilanciano il dibattito sull’importanza dell’operato degli psichiatri. Non conosco personalmente Agata (come è ovvio), tuttavia ritengo che difficilmente sia in grado di decidere in modo autonomo della propria vita. Questa signora deve essere non solo assistita, ma anche guidata verso il percorso terapeutico più adatto e sicuro.

Il fatto che Agata non sia allarmata dai danni (potenzialmente devastanti) che l’elettroshock potrebbe causarle, è forse da ricondurre alla sua patologia. Infatti, nei casi di depressione, una forma di “disinteresse” verso il futuro è un fattore abbastanza tipico. Proprio per questa ragione ribadisco la necessità che siano gli operatori sanitari a porsi il problema. Il momentaneo sollievo che l’elettroshock dona ad Agata, ha un’importanza maggiore rispetto ai danni al sistema nervoso centrale che questa “cura” le causerà in futuro? Visto che la diretta interessata potrebbe non essere in grado di rispondere a questo interrogativo in modo equilibrato, dovranno essere la famiglia e gli operatori sanitari ad assumersi tale tipo di responsabilità. Se l’elettroshock tornerà ad essere un “normale strumento di cura” dipenderà anche da questo.

Grazie per l’attenzione, a domani per un nuovo Post.

Un abbraccio, GuruKonK.



Nell’immagine: Jack Nicholson viene “curato” in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Una mozione gira da anni nelle stanze del governo, chiede che il medico abbia ampi diritti di usare l'elettroshock sui propri pazienti. Da non credere.

Anonimo ha detto...

no ma io non ci voglio credere! mi si é attorcigliato lo stomaco....non so cosa dire! mi pare talmente assurdo e fuori da ogni logica!
non sapevo nemmeno si usasse questa tecnica!!!!come se non bastasse leggo il commento di Max.........!!!!!!!!!!!!!!!!!
oddio...sono davvero attònita!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
:-(

Anonimo ha detto...

Mi sono informato tramite i link inseriti da gurukonk. C'è un gruppo di psichiatri (proprietari di 4 o 5 cliniche private) che dal 2005 sta raccogliendo adesioni per rivalutare l'uso dell'elettroshock nella cura della depressione.

Vorrebbero usarlo nei casi in cui i farmaci abbiano un effetto troppo blando. Io non sono un dottore, ma ho seri dubbi etici su questa pratica.

Anonimo ha detto...

ma è chiaro che chi è depresso se ne freghi dei danni che l'eletrochoc può causare al cervello! come si dice nel post sono la famiglia e il personale medico a doversi prendere questa responsabilità. io comunque sono contrario all'utilizzo di uno strumento di tortura come mezzo sanitario!

ciao a tutti!

Anonimo ha detto...

Agata dice di stare meglio. Forse è vero, non ho elementi per dire il contrario. Tutto ruota intorno a questo concetto: Agata è in grado di decidere per sè stessa?

Inoltre, la comunità scientifica cosa pensa dell'elettroshock come mezzo di cura?

Se è vero che ci sono medici che tentano di (ri)sdoganare questa "terapia", ve ne sono certamente di più che si oppongono a tutto ciò!

Fino a quando non verrà fatta chiarezza, chi deciderà per i malati che non sono in grado di intendere e volere?

Saluti a tutti, ciao ciao!

Anonimo ha detto...

ci sarà un motivo se l'elettroshock è stato tolto dagli standard medici in tutti i paesi più avanzati del mondo. la richiesta di poterlo utilizzare in modo più libero, viene da proprietari di cliniche private. perchè? perchè è un mezzo economico per ottenere risultati rapidi, e mostrare alle famiglie recalcitranti che il dottore di turno sta curando bene il parente ricoverato. io la penso così, questa storia non mi piace per niente!

ciao belli!

Anonimo ha detto...

....ciao cari...

...questo argomento mi interessa molto, purtroppo oggi sono stata un pochino occupata.... domani mi rifarò con un bel commento... promesso...

...un bacione a tutti...ciao....

Anonimo ha detto...

buon inizio settimana a tutti!!!!
Angie aspetto con ansia il tuo commento... :-)

un abbraccio!

Anonimo ha detto...

...eccomi qua, uzza cara....

....in rete si trovano molte testimonianze di persone che hanno subito in via “semisperimentale” l’elettroshock.....

...la terapia “elettrica” viene portata avanti da psichiatri che, con i loro metodi autoritari, invasivi ed offensivi della dignità umana, compromettono seriamente la salute di milioni di persone.....

...prima prescrivono psicofarmaci, poi, quando questi non producono più i risultati sperati, suggeriscono l'elettroshock, che giova alla “cura” della depressione e della tristezza nella misura in cui provoca vuoti di memoria, apatia e demenza....

....i pazienti hanno l’impressione di stare meglio perché le scariche elettriche li “rincoglioniscono”. i depressi vogliono solo “spegnere il cervello” e in questo l’elettroshock li aiuta di certo. il problema è che questa pratica stermina i neuroni, causando così danni irreversibili alle facoltà cognitive!

...non so, ma “liberalizzare” questo tipo di terapia mi sembra a dir poco azzardato...

....un bacione a tutti!

Anonimo ha detto...

ciao bella gente!

la questione mi pare abbastanza complessa, e io non ho le conoscenze per esprimermi. però vi posso dire che istintivamente sono d'accordo con voi. trovo che ci siano enormi controindicazioni etiche nell'uso dell'elettroshock su malati mentali. mi ricorda troppo la peggiore stagione dei "manicomi" italiani degli anni '30.