domenica 2 dicembre 2007

Delitti esemplari (2.a parte)


Torna la rubrica “Delitti esemplari”. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno apprezzato la prima parte, che ho pubblicato una settimana fa. Come già vi avevo accennato in quella occasione, questi racconti di omicidi sono completamente disarmanti nella loro semplicità. Quando ci rendiamo conto che, le motivazioni che spingono un essere umano a spegnere la vita di un suo simile, sono ferocemente insignificanti, le nostre certezze vacillano inevitabilmente.

Vi ricordo che “Delitti esemplari” è il titolo di un libricino (uso il diminutivo poiché si tratta di sole 70 pagine) scritto nel 1956 da uno scrittore spagnolo, poco conosciuto alle nostre latitudini: Max Aub. Si tratta di un ricco assortimento di “confessioni” di assassini, raccolte dall’autore nelle carceri che ha avuto occasione di visitare in più di venti anni, in Francia, Spagna e Messico.

Questo è un materiale di prima mano: trasferito direttamente dalla bocca degli assassini alla carta del mio taccuino, sfiorando appena l’orecchio. Confessioni senza storia: chiare, confuse o dirette, non hanno altro scopo che spiegare l’umano furore. Certamente mi furono fatte con una precisa intenzione, quella di riaccostarsi a Dio e sfuggire così il peccato. Gli uomini sono esattamente come furono creati, e volerli ritenere responsabili di ciò che, d’un tratto, li spinge ad uscire da se stessi è una pretesa che non condivido…”. Così Max Aub racconta l’opera in una prefazione breve ma molto efficace.

E’ necessario specificare che solo 2 confessioni (delle circa 90 raccolte) provengono da malati di mente diagnosticati. Come specifica Aub nella sua prefazione, “gli alienati mentali si rivelarono subito piuttosto deludenti. Da loro mi aspettavo i racconti più interessanti ma non fu così. Forse perché è proprio dietro la cosiddetta ‘normalità’ che si nasconde la più atroce delle follie .”.

Personalmente vi posso dire che, tra tutti questi racconti di morte, ho trovato un comune denominatore: tutti gli assassini si aspettano che l’interlocutore capisca (e approvi) il loro punto di vista. In altre parole, sono tutti convinti che il crimine commesso sia stato un atto comprensibile e quasi inevitabile.

Vi invito ad acquistare questa opera letteraria; l’edizione economica della Sellerio potrebbe essere un piccolo, ma gradito, regalo di Natale per i vostri amici. La mia speranza è semplice: forse, la comprensione di un omicidio, ci potrà aiutare a capire meglio l’oscura banalità del mondo in cui viviamo.

Ecco la seconda serie di “Delitti esemplari”.

Delitto no. 6
Si puliva i denti come se non sapesse far altro. Lasciava il suo stecchino al lato del piatto per riprendere a stuzzicarseli appena finito di masticare. Ore e ore, dall’alto in basso, da destra a sinistra, da avanti a dietro, da dietro ad avanti. Sollevando il labbro superiore, come un coniglio, mostrando (uno dopo l’altro) gli incisivi giallastri; abbassando il labbro inferiore fino alla gengiva corrosa; finché gli sanguinò, solo un poco. Gli trasformai lo stuzzicadenti in baionetta, conficcandoglielo fino alle nocche, prima di aprirgli la gola con il coltello da bistecca.

Delitto no. 7
Si strozzò fino al giorno del giudizio universale. Non ho avuto timore di guardarlo in faccia. Il suo porcume mi spronò all’ardimento!

Delitto no. 8
Faccio il barbiere. Può capitare a chiunque. Oso persino dire che sono un buon barbiere. Ognuno ha le sue manie: a me danno fastidio i brufoli.
Capitò così: mi accinsi a radere tranquillamente, insaponai con destrezza, affilai il rasoio sulla cinghia, lo addolcii sul palmo della mano. Io sono un buon barbiere. Non ho mai scorticato nessuno! Inoltre quell’uomo non aveva neppure una barba molto fitta. Però aveva i brufoli. Riconosco che quel foruncoletto non aveva niente di particolare. Ma a me danno fastidio; mi danno ai nervi, mi rimescolano il sangue. Urtai il primo senza alcun inconveniente: il secondo sanguinò alla base. Non so che mi accadde a quel punto, ma credo che fu una cosa naturale: allargai la ferita e poi, senza poterci far nulla, con una rasoiata gli tagliai la testa.

Delitto no. 9
Lo uccisi perché ero sicuro che nessuno mi vedeva.

Delitto no. 10
Cominciò a mescolare il caffelatte col cucchiaino. Il liquido arrivava fino all’orlo, sollevato dall’azione violenta dell’utensile in alluminio. Il bicchiere era ordinario, il bar scadente, il cucchiaino opaco e consumato dall’uso. Si udiva il rumore del metallo contro il vetro. Tin, tin, tin, tin. E il caffelatte girava e rigirava, con un gorgo nel mezzo. Un Maelstrom. Io ero seduto di fronte. Il bar era affollato. L’uomo continuava a girare e rigirare, immobile e sorridente, e mi guardava. Qualcosa mi si rivoltava dentro. Lo guardai in un modo tale che si sentì in obbligo di giustificarsi:”Lo zucchero non si è ancora sciolto”… Per dimostrarmelo dette dei colpetti sul fondo del bicchiere. Subito riprese con rinnovata energia a mescolare metodicamente il beveraggio. Gira e rigira, senza fermarsi mai, e il rumore del cucchiaino sul bordo del vetro. Tan, tan, tan. Di seguito, di seguito, senza posa, eternamente. Gira, e gira, e gira, e rigira… Mi guardò sorridente. Fu allora che estrassi la pistola e sparai.

Libri, idee regalo: Edizioni Sellerio (novità del mese)

Nell'immagine Max Aub (foto tratta da clio.rediris.es)

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Lo uccisi perchè nessuno mi vedeva.
Rende l'idea del mondo in cui viviamo. L'importante è che gli altri non ci vedano trasgredire, poi possiamo dare sfogo ai nostri istinti!

Anonimo ha detto...

Il delitto no. 10 mi da proprio l'impressione di un uomo schiacciato dalla realtà, talmente esasperato da trasformare un piccolo fastidio in un motivo per uccidere! Voglio dire, chi di noi in un bar (o in un altro tipo di ritrovo pubblico) non è mai stato disturbato dal comportamento degli altri? Nessuno, credo! In una mente già provata ed esasperata per altre ragioni (magari il lavoro o la famiglia) basta una piccola scintilla per fare esplodere una tragedia!
Se ci pensate è terribile!

Anonimo ha detto...

A me ha colpito molto il numero 8 perchè l'assassino stava facendo un lavoro che gli piaceva, quindi doveva essere di sicuro tranquillo. Forse è stata la vista del sangue a farlo impazzire.

Ciao a tutti!!!!!!!
Un bacioneeee....

Anonimo ha detto...

So di essere impopolare dicendo questo, comunque credo che se un assassino non capisce di avere commesso una atrocità non è recuperabile! Mi chiedo che senso ha tenerlo in carcere per 10 o 15 anni (magari anche meno, visti i riti abbrevviati e l'indulto) sapendo che quando uscirà tornerà probabilmente ad uccidere?
Come ho già detto in passato in casi del genere andrebbe considerata la possibilità di riattivare la pena capitale!

GuruKonK ha detto...

Tutti i vostri commenti sono sinceramente notevoli! Mi complimento con voi, si vede proprio che avete riflettuto sul post e questa per me è una bella soddisfazione!
Grazie, grazie, grazie!

Anonimo ha detto...

Come la prima serie anche questi omicidi sono sconvolgenti!

Anonimo ha detto...

Per me è il 9 il più impressionante perchè è nato dal nulla.

Gli altri cercano almeno di dare una giustificazione anche stupida all'omicidio.

Invece il 9 non ha nessuna ragione.

Ciao a tuttiiii........

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti,
ma é veramente così importante capire perché una persona ne ha uccisa un'altra?!
Esiste una motivazione in grado di giustificare un simile gesto?