venerdì 21 marzo 2008

Chantal non soffre più


Ciao a tutti gli amici del Blog. Mi scuso con voi se ieri non ho pubblicato nessun Post, purtroppo la tecnologia mi si è rivoltata contro mettendomi nell’impossibilità di collegarmi ad Internet. Oggi vorrei affrontare un argomento particolarmente delicato, che costringerà tutti noi ad una profonda riflessione etica e morale: la cosiddetta “buona morte”. Negli scorsi giorni il tema dell’eutanasia ha guadagnato l’attenzione dei “mass media” per la tragedia di Chantal Sébire. Questa donna francese da molti anni soffriva di una grave forma tumorale che le aveva terribilmente sfigurato il volto, oltre a causarle dei dolori terribili che lei (allergica alla morfina) non aveva modo di combattere.

Come qualcuno di voi forse ricorderà, Chantal aveva chiesto alla magistratura e alla politica la possibilità a porre fine alle proprie pene, nella legalità e circondata dell’affetto dei suoi cari. Una decisione sofferta, presa in accordo con i suoi tre figli, quella che l’aveva portata ad implorare lo Stato per il diritto a porre fine al proprio calvario.

Purtroppo per la signora Sébire ed i suoi cari, questo diritto le era stato categoricamente negato. Il presidente dell’alta corte di Digione ha respinto l’istanza presentata dai legali della Sebire, convinto che favorire il suicidio rappresenti un reato, accogliendo così il parere della Procura che aveva definito “irricevibile” la richiesta di eutanasia da parte della donna.

La vicenda terrena di Chantal Sébire è giunta alla fine due giorni or sono. Infatti, il suo corpo senza vita è stato ritrovato nella sua abitazione a Piombières les Dijon. L’inchiesta avviata dalla magistratura francese ha escluso il decesso per morte naturale. Alla fine, Chantal ha voluto riappropriarsi del proprio destino, anche se il suo passaggio “a miglior vita” non deve essere avvenuto come lei lo immaginava.

Infatti, in casi come questo i famigliari, già comprensibilmente molto provati, devono organizzarsi nel modo migliore per evitare di dover combattere una battaglia legale per dimostrare di non aver avuto nessun ruolo nel decesso. Insomma, in un momento di devastante tristezza ci si deve preoccupare di non essere incriminati per aver favorito la morte di un proprio congiunto. Trovo tutto ciò davvero indegno.

Ora la Francia intera si sta interrogando sul delicato tema dell’eutanasia e, come spesso accade davanti e tematiche così complicate, l’opinione pubblica si è letteralmente spaccata in due. Risultano degne di nota alcune prese di posizione di rappresentanti di quello Stato che aveva negato il proprio benestare alle richieste di Chantal Sébire.

Ad esempio, Nadine Morano, segretaria di Stato per la famiglia, ha commissionato una nuova valutazione del testo di legge relativa ai diritti del malato e sulla fine della vita. Inoltre, Bernard Kouchner, fondatore di “Medici senza frontiere” e ministro degli Affari Esteri, ha chiesto per casi simili a quelli di Chantal “un’eccezione alla legge che apra una porta per andarsene con dignità e con l’amore dei suoi familiari, che serva ad evitare i casi suicidio mascherato”.

Indipendentemente dalle vostre convinzioni etiche e morali, ritengo più che doveroso riflettere seriamente sul tema dei diritti dell’infermo. E’ giusto costringere una famiglia, già devastata dalla tragedia della malattia, a dover affrontare un nuovo “calvario legale”? Io lo ritengo disumano.

Come spesso mi accade, quando affronto degli argomenti che scuotono la mia sensibilità, fatico molto nel trovare le parole adatte a concludere il Post. In questo caso mi voglio affidare a Elvira Serra che, sul sito web della “Associazione Luca Coscioni”, ha raccolto l’essenza umana del caso di Chantal Sébire. Vi prego di leggere questo breve documento. Personalmente, nel dignitoso dolore di questa donna ho avuto modo di trovare molte risposte alle domande che mi ponevo sull'eutanasia.


Chantal non soffre più
di Elvira Serra

Le ultime parole di Chantal: “Mi negano l'iniezione per farmi morire con una terribile agonia”. Sospese le cure, la signora Sébire è morta in casa propria circondata dai tre figli. Lo sfogo della donna sfigurata da un tumore che aveva chiesto invano di poter essere sottoposta a eutanasia.

Chantal adesso non soffre più. Le serrande del suo appartamento, piano terra sul “Canal de Bougogne”, erano tutte abbassate, ieri mattina. “Adesso non c'è davvero più niente da dire”, ci aveva risposto in un soffio al citofono il figlio Vincent, poco prima delle dieci. Chantal Sébire è stata trovata morta nella sua casa di Plombieres-lès-Dijon. “Le cause del decesso sono ancora sconosciute. Faremo i prelievi e le analisi”, dice il procuratore di Digione Jean-Pierre Allachi. La verità è che lei non voleva più vivere. Affetta da un tumore terribile che le aveva deformato il volto e le procurava dolori tremendi, si era rivolta al Tribunale di Digione per ottenere il suicidio assistito.

I giudici lunedì gliel’avevano negato. “Ho 52 anni, sono malata da quasi otto. Ho tre figli: Virginie, Vincent e Mathilde. La più piccola ha tredici anni. Mi sono sottoposta a tutte le cure possibili. Mi sono battuta per guarire, ho lottato disperatamente, ho sperato con tutta me stessa, ho desiderato riuscirci. Ma ora che vita è quella che mi resta?”, aveva protestato lei. Martedì Vincent, il secondogenito, aveva aperto con stanchezza la porta bianca dell'appartamento numero 32. “Mamma adesso è a letto. E non so che cos’altro potrei dire, per lei”. Parlava a bassa voce. In mano una spugna, indosso la tuta da ginnastica, la pelle viola guastata da un eritema. Dietro di lui, nel soggiorno illuminato dalla luce del pomeriggio, una ragazzina con gli occhiali sorrideva, sfoggiando l’apparecchio sui denti.

L’unico segno di normalità nella casa che aspettava la morte. Chantal era nella sua camera. Due infermiere si alternavano per assisterla. Quella notte avrebbe dormito da lei la ragazzina dell’apparecchio, poi Vincent, naturalmente, che non l’ha lasciata sola un attimo durante l’ultima battaglia contro la giustizia francese. “Le mie sofferenze psicologiche potrete immaginarle. I miei dolori fisici sono insopportabili. Allergica alla morfina, non ho modo di alleviarli. I medici propongono di indurmi nel coma farmacologico. Ma che proposta è? Come posso costringere i miei figli a vedermi in queste condizioni?”, aveva spiegato Chantal. Era difficile guardarla in faccia. Il tumore che l’aveva aggredita al setto nasale, un neuroblastoma olfattivo, aveva stravolto il suo viso. Lei, già minuta, era smagrita. Non vedeva, non sentiva più i sapori, non riconosceva più gli odori. Ma era viva. “Come si può essere così ipocriti dal negarmi l’iniezione letale, e permettermi invece di rifiutare le medicine, i sedativi, l'alimentazione e l’idratazione artificiale, per morire in 15-20 ore, dopo un’agonia terribile per me e i miei figli?”, si era sfogata.

Alle 18 un medico e un assistente sociale avevano suonato alla porta. “Siamo qui per il controllo”. Madame Sébire aveva trovato un dottore disposto ad aiutarla: Bernard Senet. Avrebbe prescritto lui i 10 grammi di Pentothal necessari per il suicidio assistito. “Ma la sentenza del Tribunale di Digione, lunedì, aveva chiuso ogni discussione. Non si può aiutare una persona a morire, così dispone la legge Leonetti, che contempla il rifiuto dell’accanimento terapeutico, ma non il diritto a morire con dignità, come ha chiesto la mia assistita”, ha spiegato amareggiato l'avvocato Gilles Antonowicz, del foro di Grenoble.

Io domando di essere accompagnata alla morte come se fosse un atto di amore. Vorrei morire nella mia casa, circondata dai miei figli. Non voglio smettere di respirare dentro una stanza anonima di un hotel di Zurigo (perché in Svizzera il suicidio assistito è legale, nota di GuruKonK), né voglio impiegare mezzi che possano mettere a repentaglio la vita di altre persone o traumatizzare la mia famiglia”, era stata la supplica di Chantal ai giudici.

Un gesto di amore. Come quello che Mina Welby ha compiuto per suo marito. Accettando, suo malgrado, la volontà di Piergiorgio di abbandonare il corpo che lo imprigionava. “Io non avrei voluto. Lo volevo lì con me, non volevo separarmi. Ma ho dovuto sostenere la sua decisione. Era il mio ultimo gesto d’amore”, ha raccontato. Alle sette della sera di martedì, nel condominio basso di Rue Weotenga, è entrata anche una ragazza con i capelli neri raccolti, il completo bianco da infermiera, un sacchetto in mano. “Vengo dalla farmacia, ho la medicina”, ha detto al citofono. Dentro, Chantal Sébire si stava preparando a morire.

Elvira Serra


Così si conclude il Post di oggi . Sono sicuro che la storia straziante di Chantal Sébire avrà scosso la vostra anima come ha fatto con la mia. Per qualsiasi osservazione o riflessione al riguardo avete, come sempre, a vostra completa disposizione l’area commenti.

Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento a domani per un nuovo Post.

Con tanto affetto, GuruKonK.



Nell’immagine: Chantal Sébire prima della malattia.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Raggelante. E illuminante al tempo stesso. Grazie per questo per post.

Anonimo ha detto...

E' un bella ipocrisia! Allo stato va benissimo l'interruzione delle terapie, che porta alla morte dopo una terribile agonia, però si oppone alla possibilità di "accellerare" il processo e di morire in modo più rapido e meno doloroso e straziante! E' chiaro che qualcosa deve cambiare!

Ciao a tutti!

Anonimo ha detto...

...ciao amici.... questo post è davvero toccante!

....ho voluto saperne un pò di più di questa storia e in rete ho trovato delle fotografie di questa signora dopo che la malattia l'aveva sfigurata. è terribile quello che il cancro ha fatto a questa donna, il suo volto aveva ben poco di umano e visto che era pure allergica alla morfina non posso neppure immaginare i dolori che ha dovuto sopportare!

concordo con randy: qualcosa deve assolutamente cambiare!

Anonimo ha detto...

Il dibattito sull'eutanasia andrebbe costantemente alimentato. Casi come quello della signora Sebire non si dovrebbero ripetere ma sono piuttosto pessimista in materia!

Auguro a tutti una buona pasqua!

Anonimo ha detto...

...ciao ragazzi, anch'io ho trovato delle foto di questa signora e sono rimasta di stucco ...
...non è possibile rifiutare di "accelerarne la morte"...
...qualcosa DEVE cambiare ...

Ciao a tutti e auguri di buona pasqua

Anonimo ha detto...

Pollianna e Angie hanno ragione. Concordo anche con Randy sul fatto che attorno a questa storia ci sia stata troppa ipocrisia!

Io capisco perchè Gurukonk non ha pubblicato la foto di questa donna dopo che il cancro l'aveva sfigurata. Credo che molte persone sarebbero rimaste eccessivamente impressionate.

Non sapevo che in Svizzera il suicidio assistito fosse legale, mi sembra che questo paese sia piuttosto "avanti" su certe questioni. Mi pare infatti che siano state introdotte anche le unioni registrate sia per le coppie eterosessuali che omosessuali.

Faccio anche io tanti auguri di buona Pasqua a tutti voi!

Anonimo ha detto...

...accidenti..... queste cose mi fanno rabbia! possibile che l'immane sofferenza di una donna e di tutta la sua famiglia non conti proprio un ca..o?

....dai, non voglio farmi trascinare da tutta la schifosa ipocrisia di questa storia, cercherò di darmi una bella calmata!

...auguro a tutti gli amici del blog una buona pasqua! siete grandi!

Anonimo ha detto...

...sebbene io creda che il suicidio sia un atto di estrema ingiustizia nei confronti di chi non può vivere, sono fermamente convinto che sia un diritto, in casi de genere, partire con dignità. Dignitas ed Exit sono due associazioni spettacolari, anche se si stanno spingendo troppo oltre (utilizzo di gas invece di sonniferi).
Il vero problema é quando la persona non é più in grado di esprimersi...
In tal senso vi invito ad interessarvi alla politica olandese...terrificante...

Anonimo ha detto...

In questo caso la vera aberrazione stava nel fatto che lo Stato non aveva nulla da eccepire se il medico avesse interrotto le terapie che tenevano in vita Chantal. In questo caso la signora sarebbe morta in modo legale dopo una terribile agonia. Però lo stesso medico sarebbe forse stato arrestato se (oltre all'interruzione della terapia) avesse "aiutato" Chantal ad andarsene in modo più rapido e indolore possibile! E' questo aspetto che rende tutta la faccenda davvero ripugnante!

Statemi bene e godetevi questo week end allungato! Buona Pasqua!

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti. Auguro buona Pasqua a voi e ai vostri cari!

Anonimo ha detto...

L'ipocrisia morale è un cancro per la nostra società!

Anonimo ha detto...

La rubrica "l'occhio sul male" è senza dubbio molto cruda e diretta. Però devo dire questo post è uno di quelli che mi hanno colpito più duramente! Ho visto in rete come il tumore ha ridotto il visto di Chantal Sebire e ammetto di aver avuto un sussulto dentro di me! Credo che nessun essere umano possa rimanere indifferente davanti a storie come questa!